Epilogo

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Appena era stata dichiarata vincitrice, anche Luna era crollata, sfinita. Era barcollata verso le corde e Drago l'aveva presa al volo un attimo prima che cadesse giù. Luna gli si era avvinghiata con le braccia e con le gambe come un koala e Drago l'aveva stretta così forte che lei aveva urlato di dolore. Poi, quando lui l'aveva rimessa a terra, lei aveva scambiato cinque con tutti e si era ritrovata in qualche modo tra le braccia di Jonathan e un attimo dopo, non si sapeva bene come, si stavano baciando. Erano rimasti incollati finché Luna non era stata sommersa da un mare di reporter, giudici, tecnici, medici e tifosi, che l'avevano staccata da Jonathan, il quale era rimasto impalato dov'era, con la maglietta sporca del sangue di Luna e un sorriso ebete. Luna era riemersa dalla marea stringendo trionfante un assegno da ottocentomila dollari. Willow Clark e Alan Potter si erano dileguati alla chetichella, come due ladri.

Si erano tutti trasferiti a casa Russell per festeggiare, nonostante già solo Drago e Bertrand la riempissero quasi completamente. In un caos generale di risate, cori da stadio e bicchieri e piatti colmi che giravano, Luna prese da parte Drago e gli tese la busta bianca che le avevano consegnato i giudici.

- Cosa c'è, krapivnik? – disse Drago.

- Avevamo un accordo, no? Tu mi facevi vincere e io ti davo i soldi. Eccoli qui. Prendili.

In realtà, Drago se n'era quasi dimenticato. – No.

- Come no?

- Non li voglio. Tienili tu. Te li sei meritati – replicò Drago con fermezza.

- Dici sul serio?

- Le poche volte che parlo, non le spreco per dire cose che non penso.

- Ma la casa che ti volevi comprare?

- Ne ho scelta una che costa meno -. Drago fece uno dei suoi rarissimi sorrisi. - Non credevo che saresti arrivata fin qua.

- Ah, ah, ah -. Luna premette la spalla contro il braccio di Drago. - So già per cosa li userò.

- Davvero?

- Continuo a pensare a quei poveracci che volevano allenarsi con te e che Max ha dovuto allontanare a bastonate. Forse ci farebbe comodo una palestra più grande. Che ne dici?

– Mi sembra un'ottima idea. Dammi l'assegno. Lo metto dove non puoi perderlo.

Luna fece appena in tempo a passargli la busta, prima che Alice spuntasse, la prendesse per il gomito e la trascinasse in mezzo agli altri.

-Vieni? – disse a Drago. – O intendete rimanere in quest'angolo per conto vostro tutta la sera?

- Mai rimanere all'angolo – commentò Drago.

- Non posso credere che tu l'abbia detto davvero – brontolò Luna, ma Alice rise e lo guardò con occhi pieni di promesse. Drago si affrettò ad andare a mettere via la busta per unirsi a lei...a loro il prima possibile.

In camera sua, aprì un cassetto della scrivania e fece scivolare dentro la busta. Le sue dita sfiorarono qualcosa. Un'altra busta. Perplesso, Drago la tirò fuori e lesse l'intestazione.

Era la lettera di Ludmilla. Quella che gli era arrivata tre mesi prima e che non aveva mai aperto, perché sospettava che fosse un trucco di Koloff.

La fissò. Improvvisamente, aveva freddo. Guardò fuori dalla finestra. Nevicava. Prese una felpa e se la infilò. Guardò di nuovo la lettera.

Rimettila dove l'hai trovata, Ivan. Immediatamente. O ti farai incastrare di nuovo. Anzi, no. Distruggila e basta.

Aspetta. E se Luna avesse avuto ragione? E se fosse una cosa importante? Se fosse davvero...Quella cosa?

No. No. Impossibile.

Drago sapeva che avrebbe dovuto solo buttarla nel cestino della carta straccia. Ma non lo fece.

Se adesso la butti, passerai mesi a chiederti cosa c'era scritto. E finirà che andrai in Russia solo per chiederlo a Ludmilla, prima che tu sia pronto a riprenderti il posto che ti spetta. Sarebbe un errore. Un errore grave. Aprila. Tanto sarà solo piena delle scemenze di Koloff. Apri questa stupida busta e poi vai avanti con la tua vita.

Sì. Okay. Giusto. Per esempio, ora.

Drago aprì la busta prima di darsi il tempo di cambiare idea.

Gli caddero in grembo due fogli e una foto.

Drago prese la foto. Il suo cuore mancò un battito, poi si fermò, quindi riprese a velocità doppia. Per essere uno che si vantava di non avere paura di niente, adesso ne aveva parecchia.

Era una foto di Ludmilla, in un letto d'ospedale, con addosso un camice orrendo che però, chissà come, a lei stava bene. Aveva tra le braccia un neonato. Guardava dritto verso l'obiettivo con aria di sfida, invece della gioia che avrebbe dovuto esprimere.

In realtà, neanche Drago provava gioia. Quello che provava era terrore. Studiò il bambino, un maschio. Doveva pesare almeno quattro chili. Aveva occhi scurissimi e un ciuffo di capelli neri. Drago si chiese, stupito, da dove avesse preso quei colori.

Lesse il certificato di nascita. L'aveva chiamato Viktor. Una volta, Drago le aveva detto, per caso, che era un nome che gli piaceva molto, e che, se mai avessero avuto un figlio, avrebbe voluto chiamarlo così. Lei aveva riso come se l'idea che potessero avere un figlio fosse ridicola. Anche lui aveva sorriso, perché anche lui l'aveva sempre trovata ridicola. Finora.

Prese il secondo foglio. C'era solo una domanda, tracciata nella grafia spigolosa di Ludmilla.

Ci credi, adesso?

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