08. Compassione.

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Harry era abituato a svolgere  lavori manuali di qualsiasi genere che fossero faccende domestiche, giardinaggio o lo spostamento di oggetti pesanti, per cui la sua preoccupazione non era la difficoltà del compito che sarebbe stato costretto a svolgere, ciò che invece lo infastidiva molto era la consapevolezza che quella tortura lo avrebbe strappato dai suoi allenamenti di quidditch. Odiava l'idea di dover essere sostituito da Ginny, non che lei non fosse in grado di essere un buon capitano, anzi. Per quanto potesse essere un pensiero egoistico, odiava non poter fare lui stesso le selezioni, sperimentando personalmente la bravura dei candidati, era estenuante il pensiero di non  poterli allenare fino alla fine di ottobre.

E il  moro sapeva, era perfettamente consapevole che fosse proprio quello l'obiettivo del docente, era un uomo astuto, tuttavia quella era una mossa dozzinalmente prevedibile; poteva vederlo quel ghigno soddisfatto sul viso del pozionista, nonostante il mantello della notte lo nascondesse egregiamente, Harry poteva vederlo, e solo Godric può immaginare quanto fosse insistente in lui il desiderio di colpirlo proprio su quel sorrisetto irritante che cantava vittoria da tutti i pori.

Alla fine il corvino era stato sufficientemente clemente e il Grifondoro pensò che il suo programma di punizioni andasse in ordine crescente. Gliaveva semplicemente chiesto di catturare delle fate, senza l'uso della magia naturalmente, si trattava comunque di Piton, e di strappare loro le ali, che evidentemente scarseggiavano nelle riserve scolastiche.

Era una pratica barbarica secondo il giovane, quelle erano creature meravigliose note per essere vanesie e bellissime, per quanto sapesse che il privarle delle ali, se fatto correttamente, non causava loro alcun male, l'idea di privarle di tale meraviglia, era comunque un ingiustizia.

Tuttavia il prescelto sapeva che ogni sorta di protesta sarebbe stata perfettamente inutile, e, come massima aspirazione, gli avrebbe solo potuto far perdere altri punti. Così, a testa china, consegnò la propria bacchetta e si mise all'opera.

Nel mentre cercava di catturare i piccoli esseri permalosi, Harry si ritrovò ad osservare attentamente l'ombra scura del professore, chino sul terreno, a cercare chissà quale altro ingrediente, nel guardare quella sagoma nera si chiese come fosse possibile che un uomo tanto insopportabile, dall'aria austera e arcigna, potesse nascondere una vena poetica tale come quella che si era trovato, involontariamente, a riscontrare sul vecchio volume di pozioni.

Quelle parole erano riuscite, per un attimo, a catturarlo, tanto che, per pochi momenti, Harry si dimenticò chi ne fosse l'autore, sembravano solo le parole di un giovane dolorosamente, pazzamente, innamorato.

Piton non si poteva definire un uomo di chissà quale bell'aspetto, ma era dotato di un'eleganza che mai il moro aveva trovato in altre figure, neanche in Lucius Malfoy, e questo non poteva di certo negarlo. I suoi movimenti erano perennemente eleganti, sicuri, mai impacciati o immotivati, sotto ogni piccolo gesto, vi era un attenzione quasi disarmante. Harry si chiedeva, di tanto in tanto, se il professore andasse a dormire vestito di tutto punto col mantello addosso e, spesso, ci aveva scherzato con i suoi amici, in particolare con Ron che, da ragazzini, era solito imitare il pozionista solo per infastidire Neville.

Crescendo le loro battute serali si spinsero anche su un livello più sessuale, tanto che, una volta, erano arrivati a chiedersi, durante una discussione riguardante i vari professori, se l'austero capo-casa Serpeverde fosse mai stato in intimità con una donna.

Questa domanda fece scoppiare nei presenti un misto di ilarità e disgusto, tra chi era certo che mai nessuno si sarebbe lasciato neanche solo abbracciare dal “pipistrellaccio untuoso” e chi avrebbe scommesso qualsiasi somma che avesse una storia con la Cooman, dato che tutti, fin dal ballo del ceppo, avevano notato un certo interesse da parte della professoressa verso il corvino.

Dopo aver visto la parte più intima e privata del docente Harry non avrebbe saputo rispondersi, a ripensarci riusciva finalmente a rivedere, in quella figura nascosta, il poeta che aveva scritto quei versi incantevoli, e, col cuore in mano, li aveva silenziosamente dedicati alla donna che amava.

Harry era rimasto provato dalla guerra, sentiva ancora addosso i demoni che, ogni notte, lo andavano a trovare, in particolare ciò che più lo aveva segnato erano stati quei ricordi, mai avrebbe potuto immaginare che, sotto quella maschera di cattiveria e sicurezza, fosse nascosto tanto dolore.

Quasi gli vennero le lacrime ad immaginare nuovamente sulla propria pelle l'angoscia che Piton doveva aver provato, e tutt'ora provava, nel guardarlo in faccia, nel vedere ogni giorno i suoi occhi scrutarlo, spesso con aria di sfida. Si ritrovò a sorridere con aria malinconica, dicendosi che il destino sapeva essere proprio beffardo, una vita di torture da parte dell'acerrimo nemico, che gli aveva portato via l'amore della sua vita, e poi, undici anni dopo la perdita definitiva di quest'ultimo, ritrovarsi faccia a faccia con quello che, Harry ne era certo, agli occhi del docente doveva essere un vero e proprio demone venuto a tormentarlo, col viso da diavolo e gli occhi d'angelo.

Perso com'era nei propri pensieri, e lo sguardo fisso sul protagonista di questi ultimi, il Grifondoro neanche si accorse di aver erroneamente strappato in malo modo le ali di una fata, ferendola e spezzandole in più punti. A riportarlo alla realtà ci pensò il docente che pareva  decisamente scontento del suo operato;

“Potter! È mai possibile che non sappia portare a buon fine un compito tanto semplice?! Dieci punti da Grifondoro per la sua disattenzione, e altri cinque per essere una fastidiosa, guardona, spina nel fianco!”

No, James non aveva strappato via Lily al corvino, era stata lei a scegliere, il docente non meritava compassione per questo. Ciò che aveva fatto per proteggerlo di certo non era una valida scusa per diventare un insopportabile aguzzino. In quel momento Harry comprese che quel poeta che tanto lo aveva stregato la mattina stessa, era morto da tanti, troppi anni, e, sicuramente, non sarebbe tornato.

Cupido

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