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Sospirai osservando il soffitto della mia stanza, improvvisamente stare lì dentro sembrava più difficile del previsto una volta visto cosa c'era al di fuori di quelle mura. Non mi sarei mai immaginata di incontrare degli adolescenti e poter vivere un pomeriggio che non fosse riempito di allenamenti o strani esperimenti per testare la mia forza. Ero riuscita a ridere, non sapevo cosa fosse la felicità finché non uscii con Michelle.

C'era qualcosa in quella ragazza che mi dava un senso di calma, forse era il suo modo di fare così pacato e quasi menefreghista. Quel pomeriggio con lei mi era quasi sembrato magico, il modo in cui mi prese a braccetto e mi accompagnò in giro per la città mentre gli altri ci seguivano, mi aveva messa a mio agio così facilmente, ma mi aveva resa così insicura allo stesso tempo.

Aveva senso?

Sapevo solo che non riuscivo a smettere di pensare a quella giornata, alle nostre risate, al modo in cui tutto sembrava funzionare perfettamente come se fossi stata fatta proprio per entrare in quel gruppo. Peter mi aveva detto che secondo lui ero solo emozionata di poter finalmente uscire con delle persone normali.

Secondo me c'era di più, gli unici momenti che mi facevano sentire così viva erano quando uccidevo e non ero mai riuscita a trovare un qualcosa che lo sostituisse fino a quel momento.

Portai le mani sul viso non capendo cosa stesse succedendo. Non mi sarei dovuta affezionare a quelle persone, ero solo una bomba pronta ad esplodere e loro erano le persone che stavano ostacolando la mia famiglia da anni ormai. Era possibile che mi fossi sbagliata per tutto questo tempo? Forse era mamma quella cattiva e non loro, ma anche se fosse stato così, cos'avrei potuto fare? La famiglia era un qualcosa troppo importante per poter bigiare loro le spalle.

"Che casino." borbottai, se mamma avesse saputo della mia uscita di ieri, avevo paura per la mia incolumità anche se mi trovato a chissà quanti kilometri da lei. "Basta!" urlai portando le mani tra i capelli disperata.

"Tutto bene?" alzai la testa di scatto e vidi Steve proprio di fronte alla porta della mia stanza, mi stava guardando con aria preoccupata.

"Sì." incrociai le braccia sentendomi a disagio, che voleva ora? Peter non era ancora uscito da scuola e io non avevo alcuna voglia di fare conversazione.

"Sicura?" chiese di nuovo, forzai un sorriso falso e annuii, dovevo cercare di mantenere la calma e non mostrarmi infastidita dalla sua presenza. "Stavo andando ad allenarmi, ti va di farmi compagnia?"

Allenarmi? Sembrava ottimo per distrarmi. "Va bene." mi alzai dal letto. "Dov'è la tuta?" domandai poi confusa.

"Tuta?" fece lui guardandomi altrettanto spaesato.

"Non usate quella tuta speciale per controllarmi?" cercai di spiegarmi. "Come fate a costringere una persona a finire il suo allenamento se non potete... motivarla attraverso la tuta."

"Non funziona così qui." disse semplicemente. "Non ti costringiamo a fare qualcosa che non vuoi e non ti motiviamo in alcun modo che vada contro la tua volontà." mi sorrise leggermente. "Andiamo, sono sicuro che ti serva un po' di movimento."

Andai alla porta e l'aprii lentamente. "Va bene..." con esitazione uscii e lo seguii lungo il corridoio verso l'ascensore. "E così... sei Capitan America?" chiesi incuriosita. Non ero mai riuscita a collezionare alcun tipo di informazione riguardo a loro.

"Sì." sospirò premendo il bottone del 10° piano. "Ma preferisco Steve." alzò le spalle.

"E qual è il tuo potere?" lo guardai con un sorriso. "Insomma, Peter ha una specie di superforza e si veste da ragno."

Lui ghignò leggermente. "Il ragazzino sa il fatto suo." scherzò per poi guardarmi. "Io sono stato il risultato di un esperimento fatto tanti anni fa, sono il primo super soldato." si vantò.

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