Il volto di Louis si rabbuiò e le emozioni sparirono dai suoi lineamenti morbidi, rivelando solo un sorriso nervoso.
Annuì falsamente convinto verso Harry, facendogli segno di muoversi alzando una mano verso la porta.
«Non voglio andare», Harry abbassò lo sguardo sul materasso e sospirò.
Seduti uno di fianco all’altro, avevano raggelato l’atmosfera intorno a loro in una manciata di secondi. Nonostante Louis volesse lasciare il proprio ragazzo completamente libero di scegliere ed agire, la paura di soffrire ancora era forte e persistente. Non intendeva però lasciare che Liz vivesse quel periodo difficile da sola, anche se per lui sarebbe stato faticoso, voleva il meglio per lei.
«Harry, alza il culo e vai da lei. Non so per quanto rimarrò di questa stessa idea, quindi muoviti prima che ti chiuda a chiave nell’armadio di mia madre», sorrise dolcemente alzando gli occhi ed incontrò il suo sguardo preferito. Due smeraldi brillarono alla luce tenue dell’ abat-jour.
«Sei il ragazzo perfetto, sono fortunato ad averti.»
Harry gli lasciò un tenero bacio sulle labbra e si avviò verso la porta. Arrivò sull’uscio e posandosi con tutto il peso allo stipite, rivolse un sorriso malizioso all’altro, portandosi una mano sul cuore e lasciando un bacio nell’aria. Uscì definitivamente dalla stanza accostandosi la porta alle spalle. Louis ascoltò i suoi passi risuonare leggeri per le scale, prima che la porta d’ingresso si chiudesse.
«Pensa positivo, Louis.»
Ritrovatosi da solo in quello che poco prima gli sembrava lo spazio perfetto da condividere con il ragazzo dei suoi sogni, decise di andare a farsi una doccia. Sarebbe stata la cosa migliore per ripulirlo dai resti delle bravate con Harry e per calmargli i nervi.
-Harry-
Già scendendo le scale, una sensazione di fastidio invase il ragazzo dalla testa ai piedi. Avrebbe voluto tornare sui suoi passi, rientrare in quella stanza spalancando la porta e stringere ancora Louis fra le braccia. Avrebbe desiderato riempirlo di baci per tutta la notte. Ripensandoci estrasse la mano dalla tasca impugnando lo smartphone e lesse l’orario: 21.45
«E’ tardi, merda!»
Accelerò il passo e si affrettò verso casa. Decise di passare prima da Gemma per avvertirla che avrebbe fatto tardi con Liz e per cambiarsi almeno le mutande.
«Perché vai da lei?»
Sua sorella faceva sempre troppe domande, era cosa risaputa.
«Mi ha chiesto di passare, non sta bene», Harry si infilò rapidamente i jeans e sgusciò fuori dalla sua stanza passando a pochi centimetri dalla ragazza.
«Ehi», lo richiamò lei, «non lasciarti confondere.»
Lo sguardo di Harry cadde sul pavimento, incapace di rispondere prese una felpa dal cumulo di vestiti appena stirati che Gemma aveva lasciato sul sofà e se la svignò.
Non appena la porta chiara di fronte a lui si aprì, le condizioni precarie di Liz si fecero chiare.
«Che diavolo ti è successo?»
La ragazza lo fece entrare e gli gettò le braccia al collo, disperata.
«Lui», il pianto interruppe le sue parole e le impedì di spiegarsi meglio.
Harry la strinse, cercando di dimenticare, per quanto possibile, tutta la sofferenza che loro due avevano causato a Louis solo poco tempo prima.
Le prese delicatamente il viso fra le mani, per osservarla meglio. I segni evidenti sul suo viso non erano di certo causa del cancro. Non era stata la malattia a dare origine ai lividi o i graffi che aveva sparsi sul viso e sul collo, senza parlare del labbro spaccato e sanguinante.