-Harry-
«Ho provato a chiamarlo mille volte.» Sistemandosi il nodo della cravatta, provò una fitta al cuore. Stava cercando di trovare una ragione per andare avanti, e parlarne con Gemma gli era sembrata una buona idea. Da quando Liz era scomparsa erano passati ormai tre giorni e lui non aveva avuto più modo di sentire la voce di Louis. Non lo avrebbe più perdonato e, cosa ancor peggiore, non si sarebbero più rivisti. Si morse l'interno della guancia e soffocò un singhiozzo, ricordando le urla disperate di Dan nel momento del suo arrivo nel corridoio dell'ospedale.
Era irriconoscibile; un'altra persona. Harry non riuscì a capire immediatamente cosa fosse accaduto nel breve arco di tempo in cui era rimasto seduto a pensare al piano inferiore.
«Cosa succede? Dan! Dan, parlami!» Aveva tentanto in ogni modo di riportarlo alla realtà, ma sembrava perso, perso nell'oscurità di qualcosa più grande di lui. Qualcosa di terribile e profondo.
«Devo dirle che la amo! Fatemi entrare!» Le sue grida si facevano di momento in momento più strazianti. Harry osservava attentamente l'infermiere che tentava di tenerlo fermo. Un giovane ragazzo sulla trentina. Stava davvero faticando, gli si leggeva in viso. Cercando di capirci qualcosa, Harry gli aveva lanciato uno sguardo smarrito e il ragazzo aveva risposto incupendosi ed abbassando gli occhi sul pavimento.
“Oh,no.” Senza dire nulla, si era messo davanti a Dan, dividendolo dalla porta d'entrata e gli aveva stretto le braccia intorno al busto. Non per respingerlo dall'entrare nella stanza, ma per confortarlo. Non poteva nemmeno immaginare quanto dolore stesse provando. O forse, sì. Era andato tanto vicino anche lui dal perdere la persona che amava e sapeva come ci si sentiva. Svuotati.
«Mi dispiace tanto», aveva mormorato al suo orecchio, stringendogli una mano dietro il collo per cercare di calmarlo. Il ragazzo si era sciolto immediatamente come cera fusa fra le sue braccia, e aveva iniziato a piangere come un bambino. Un bambino ferito, distrutto nell'animo per non aver avuto il tempo, il coraggio, il momento adatto. Entrambe si accasciarono sul freddo pavimento disinfettato da poco.
«La amo tanto, Har», aveva sospirato lui fra le lacrime.
«Lo so, lo so. Sono sicuro che lo sa anche lei.» Lo aveva rassicurato Harry.
«Non credo ci sia ancora qualcosa da recuperare.» Gemma lo riportò alla realtà. «Ha deciso di andare avanti e non puoi biasimarlo. Ha provato a starti vicino ed è successo il finimondo. Non eravate fatti per stare insieme, è il destino che parla, tesoro», gli sistemò la cravatta, nascondendone la punta sotto la giacca scura allacciata.
«Vorrei non dover andare», sospirò lui corrucciando la fronte, gli occhi bassi sulle scarpe ed entrambe le mani nelle tasche anteriori dei pantaloni eleganti.
«Lo capisco, ma è l'ultimo saluto. Credo lo meriti, no?» Asserì Gemma allontanandosi da lui e posandosi la lunga treccia sulla spalla destra. Harry annuì, facendo un passo verso la specchiera del bagno. Non era più lui. Aveva perso la sua ragione di vita, il suo tutto e si sentiva terribilmente inutile. La sua esistenza sembrava non avere più un perché, un motivo per andare avanti. Tutto gli appariva piatto e spento. Persino la risata dei bambini, cosa che aveva sempre adorato a dismisura, non gli faceva più alcun effetto.
«Ce la farai, te lo prometto», inaspettatamente Gemma gli si lanciò contro, stringendogli le braccia al collo. Lui ricambiò l'abbraccio sincero, seppure si sentisse ancora vuoto.
Entrò in chiesa ed osservò l'ambiente circostante. Le alte colonne in marmo ai lati della navata centrale avevano ai piedi decine di fiori. Le panche erano quasi tutte già piene, le persone si accalcavano per poter trovare un posto. Non avrebbe mai immaginato così tante persone riunite per salutarla, per dire addio a Liz. In basso, tutto intorno al feretro erano disposte in modo ordinato decorazioni floreali di ogni tipo, riportanti spesso la scritta “Liz” al centro. Peluches e piccoli oggetti significanti qualcosa di particolare erano stati portati lì dai suoi amici, per ricordarle quanto la amavano.