Capitolo 30 - Paura.

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-Harry-

Si voltò, non appena la celebrazione finì e si unì al cordone di persone che lentamente si avvicinavano al feretro per un ultimo, triste, saluto. La maggior parte era in lacrime, altri soffrivano senza darlo a vedere, ma era chiaro che sarebbe mancata a tutti i presenti. La sua voce, il suo sorriso, la sua personalità sarebbero mancate ad ognuno. Tenne una mano sulla spalla di Dan, che lo precedeva nella lunga fila composta. Il suo dolore sembrava non volersi affievolire per dargli respiro, nemmeno per un momento. Era stato in silenzio e ad occhi bassi per tutta la durata della cerimonia. Non aveva detto né fatto nulla. Osservò la sua mano sulla stoffa scura della giacca dell'altro e si sentì osservato. Alzò lo sguardo, ma non vide nulla di insolito.

Due persone precedevano ancora lui e Dan. Una donna sulla trentina e una bambina passarono accanto al feretro e la piccola vi depositò un peluche a forma di rana.

«Falle compagni», raccomandò al pupazzo sorridendo. Forse era una delle bambine cui lei aveva fatto da baby-sitter in passato, prima di ammalarsi.

La fila si mosse quando la bimba e la madre si fecero da parte, così da portare Dan e Harry di fronte alla cassa. Il ragazzo vi posò entrambe le mani, abbassando la testa fino a toccarsi il petto con il mento. Si sciolse, liberando piccole goccioline trasparenti che caddero a terra. Aveva resistito anche troppo, doveva esternare il suo dolore.

«Piccola stronza, avrei dovuto ucciderla quando ne ho avuta la possibilità», borbottò qualcuno alle sue spalle.

Harry si irrigidì ascoltando la persona dietro di lui e voltò la testa, per ascoltare meglio.

«E' solo colpa sua e di suo padre se abbiamo perso i nostri soldi.»

Senza riflettere oltre, Harry si voltò e afferrò l'uomo alle sue spalle per la sudicia camicia grigia che indossava. Aveva tutta l'aria di non essere un parente o un amico. Suo sul viso era dipinto un sorriso beffardo e non sembrò affatto intimidito dalla furia del ragazzo. Si lasciò facilmente trascinare accanto all'uscita, nello sconcerto generale. Senza dire una parola.

«Cosa cazzo vuoi? Chi sei?» Chiese Harry livido di rabbia, stringendo più forte la stoffa.

«Togliti di mezzo!» Un altro uomo, simile a quello che aveva di fronte, gli arrivò alle spalle, spingendolo e scaraventando entrambi fuori dalla chiesa. Harry osservò i due uomini di fronte a lui. Il perfetto esempio della feccia londinese. Li scrutò, mentre i due si borbottavano parole incomprensibili a vicenda. Uno di loro aveva una mano tatuata. Un disegno intrecciato e complesso. Ricordava le parole di Liz a riguardo, quando gli aveva parlato dell'aggressore che era entrato in casa sua: “Aveva un tatuaggio, una specie di disegno intrecciato sulla mano. Non ricordo se fosse la destra o la sinistra.”

Perse l'autocontrollo e si scagliò sull'uomo tatuato, ignorando l'altro che scoppiò in una fragorosa risata.

«Maledetto bastardo!» Urlò colpendogli una guancia con un pungo. L'altro tizio si fece da parte, osservando la scena.

Le persone iniziarono ad uscire dalla chiesa, rimanendo allibite dalla scena sconvolgente che gli si presentava davanti. Il naso dell'uomo sembrava ormai essere rotto, Harry poteva sentire le ossa al suo interno muoversi ad ogni nuovo colpo.

«Ragazzino, basta», sputò l'altro tizio, avvicinandosi a lui e buttandolo lontano con un calcio. Harry rotolò su se stesso, finendo a qualche metro di distanza. Un forte dolore lo colpì alle costole, ma cercò di ignorarlo, concentrandosi sui due uomini. Si rialzò per andargli ancora contro, ma una voce lo bloccò.

«Fermo.» Il padre di Liz era alle sue spalle. Gli posò una mano sulla spalla e lo osservò attentamente, constatando lo stato dei suoi abiti rovinati dalla caduta sull'asfalto.

Come Back to Me. -Larry Stylinson-Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora