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Elizabeth

Entrai nella Sala Comune, aspettandomi l'apocalisse. Ciò che successe era molto simile.

Tutti quanti sussurravano e mi guardavano con disprezzo. Un paio di persone si azzardarono persino a dire qualche insulto ad alta voce.

Poi Rob scese come una furia dal dormitorio. Stringeva la rivista in mano come se volesse romperla solo con un pugno e scendeva gli scalini a passo pesante e veloce.

«Spiegami, Elizabeth.» mi disse, con il volto serio.

Tutta la Sala Comune si era girata a guardarci.

«Non c'è niente da spiegare, non ho fatto niente di sbagliato.» risposi. Era meglio rimanere seria, non agitarmi.

D'altro canto, Robert sembrava sul punto di esplodere. Era rosso in faccia, la mascella serrata in un'espressione al limite della rabbia.

«Non hai fatto niente?!» urlò «James Potter, cazzo! Adesso gli farai vincere il campionato? O magari ti metterai direttamente a giocare per loro, uh?»

«Sei ridicolo, Robert. È solo un gioco.» cercai di trattenere le lacrime.

Lui mi guardò con uno sguardo da cane bastonato: «Tu più di tutti dovresti sapere che non lo è...»

«Senti, io vado a dormire. Ne parliamo domani ok?»

Lui mi prese il polso, stringendolo fino a quasi farmi male. Mi tirò verso di lui, avvicinando la bocca al mio orecchio: «Buonanotte, signora Potter.»

Arrivai nel dormitorio, da sola. Mi sdraiai sotto le coperte e, finalmente, ebbi l'occasione di piangere.

Quella situazione era tutta talmente ridicola che non sapevo davvero come comportarmi. Non potevo assecondarli, ma non poteva nemmeno continuare così per molto. L'ultima cosa che volevo, poi, era che intervenisse il professor Vicious. Ero bloccata.

L'unica cosa che potevo fare era fargli capire che avevano esagerato. Ripensai a James e a quanto tutti fossero stati così gentili con lui, anche quelli che non erano imparentati.

Per tutta la vita avevo pensato di dipendere da me stessa e nessun altro. Avevo la mia famiglia, ma volevo cavarmela da sola, perché non ne facevo completamente parte.

Ero io che avevo creato tutto quello che avevo, con l'impegno ed il duro lavoro. Mi impegnavo a scuola e sul campo per non essere ricordata solo come un errore di mia madre.

Mi sbagliavo. Tutto quello che avevo erano le persone. Mi ero concentrata così tanto su me stessa e sui miei obbiettivi che mi ero scordata di avere una squadra. Mi ero scordata di avere dei sostenitori, delle persone che mi stavano vicino.

Ero stata egoista.

Scoppiai in un pianto a dirotto e, piano piano. Riuscii ad addormentarmi per sfinimento.

James

Elizabeth era sempre molto puntuale, ma stranamente quella mattina non era ancora arrivata a colazione. Non riuscivo a restare tranquillo, né tantomeno a mangiare il mio porridge.

Ormai era già una settimana che la trattavano male. Non potevo stare ancora per molto lì a guardare.

Durante il giorno stava con me, certo, ma la mattina aveva sempre delle occhiaie gigantesche e gli occhi gonfi dal pianto. Non poteva andare avanti così.

La mia ragazza entrò nella Sala Grande. Sembrava assonnata e portava la cravatta male allacciata,  cosa strana per una precisa come lei.

Mi fece un leggero sorriso quando mi vide, poi si diresse verso il tavolo di Corvonero. Sembrò chiedere qualcosa alla sua "amica" Zoey, ma lei la liquidò con un gesto.

Si sedette in un angolo del tavolo, tutta sola. Se avessi potuto, mi sarei alzato e sarei andato con lei, ma purtroppo bisognava mangiare nel proprio tavolo.

«Dobbiamo fare qualcosa, Louis...» dissi a mio cugino «Non posso sopportare di vederla così.»

Lui mi guardò, un po' rassegnato: «Il problema è cosa... Non possiamo certo picchiare tutta la Casa di Corvonero.»

«Ah no?» scherzai e lui rise leggermente «Se ci fosse Sarah, lì, tu cosa faresti?»

«Picchierei tutta la Casa di Corvonero.»

Ridemmo entrambi. Allontanai il mio cibo, mi era passata la fame.

«Parlale, Jay. Dille di reagire, di fare qualcosa. È l'unica soluzione.» mi consigliò, dandomi una pacca sulla spalla.

Proprio in quel momento Ellie si alzò dal tavolo, senza aver toccato cibo. Mi dileguai dai miei amici e la seguii nel corridoio.

«James...» mi sorrise.

«Non hai mangiato niente.» le dissi, appoggiandole una mano sulla spalla.

Lei si allargò un po' il colletto, deglutendo: «Non avevo fame... James devo dirti una cosa.»

Annuii. Avevo la netta sensazione che stesse per lasciarmi o qualcosa del genere. La cosa non mi piaceva, ma me lo aspettavo.

«Credo che mi abbiano rubato la collana che mi hai regalato e non so come chiedergliela indietro. Zoey mi ignora e gli altri mi trattano tutti male e-» prese un respiro profondo «La rivoglio solo indietro. Non voglio creare problemi a nessuno.»

La abbracciai. Pensavo che quei ragazzi fossero suoi amici, invece in pratica la bullizzavano.

«Devi reagire, Ellie. Fa' qualcosa, qualsiasi cosa, ma non lasciare che ti trattino così. Io ti copro sempre le spalle, se hai bisogno di qualsiasi cosa sai che ci sono.» le dissi.

Presi il suo viso tra le mani e le diedi una carezza sulla guancia con il pollice. Lei mi sorrise, poi mi abbracciò di nuovo, aggrappandosi a me.

«Sono qui, Ellie.» le sussurrai.

Lei si staccò e mi diede un veloce bacio: «Grazie, James.»

«Vai a prendere quella collana, ok? Non meritano la tua gentilezza.» la incoraggiai.

Lei annuì, poi scomparì nel corridoio. La guardai camminare, sistemandomi i capelli.

Sono qui, Ellie.

Stavo per tornare dentro, quando mi accorsi di qualcuno che mi stava guardando. Gli ex-amici di Elizabeth sembravano confabulare tra di loro e ogni tanto mi rivolgevano delle occhiate.

«Odiatemi quanto volete, ma lasciate perdere questa follia...» mormorai, passando accanto a loro.

Zoey mi guardò dispiaciuta, mentre tornavo nella Sala Grande.

Rivalry - James Sirius PotterDove le storie prendono vita. Scoprilo ora