Capitolo 16

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Non ne posso più di correre, okay gioco a Lacrosse ma devo confessare che sono fuori allenamento e correre sul cemento non è proprio la stessa cosa che farlo sul prato. Da Central Park al locale in cui ho lasciato zio Robert e Kim sono parecchie centinaia di metri e fare lo slalom tra le persone sta diventando snervante.
Vorrei chiamare un taxi ma non credo di avere abbastanza soldi per pagarlo.
E poi nessuno mi assicura che Kim e zio siano ancora al locale. Kim non sicuro, conoscendola sarà già in qualche set fotografico o a qualche iperlussuoso appuntamento su qualche attico di Manhattan. Robert, chissà, forse è ancora lì a bearsi della compagnia delle ragazzine presenti.

Merda.

Scuoto la testa con energia allontanando il pensiero, devo smetterla di essere geloso di un uomo di quaranta e passa anni sposato da dieci e che mi ha cresciuto quando poteva.

Mi fermo all'altezza della chiesa St.Patrick, poggio una mano al muro per riprendere fiato sotto lo sguardo un po' perplesso dei passanti, solitamente i newyorkesi sono famosi perché si fanno gli affari propri quindi sono quasi onorato del fatto che alcuni si fermino a fissarmi.
Prendo fiato lentamente, darei qualunque cosa per un bicchiere d'acqua gelata. Anzi due, perché uno me lo butterei addosso.

Una musica si alza all'improvviso e solo quando sento le note di You only live once degli Strokes mi rendo conto che si tratta del mio cellulare. Lo prendo dalla tasca dei pantaloni ringraziando il cielo per non averlo smarrito durante la corsa, aggrotto le sopracciglia quando vedo un numero non salvato in rubrica. Che sia zio? Forse il suo telefono ha la batteria scarica, conoscendolo è altamente probabile.

Un lungo respiro e rispondo senza troppi pensieri, ora sono troppo concentrato a respirare: «Pronto?»

«Ciao, sei Nicholas?»

È la voce di una ragazza. E non una ragazza qualsiasi.

Tutti i respironi fatti fino ad ora vengono buttati fuori in automatico dal corpo, mi siedo su uno degli scalini della chiesa e spalanco gli occhi: «Stephanie?» non riesco a trattenermi e quasi urlo il suo nome...Adesso si che i newyorkesi hanno un buon motivo per guardarmi male!

«Si, mi ha dato il tuo numero il signor Shannon.»

Oh zio.
Mi sento così stupido che in un secondo mi viene da piangere. Un'altalena di emozioni che vanno dal felice per star finalmente parlando con lei al triste per quanto sia stato idiota nei confronti di Robert. Come ho potuto pensare anche solo per un secondo che volesse pugnalarmi alle spalle?

«Ehi, ci sei ancora?» chiede lei e dal tono che sta usando posso immaginarla sorridere.

«Si, scusa.»

«Dove sei?»

«Ah ehm, davanti St. Patrick sulla 5th avenue.»

«Allora aspettami lì, arrivo tra un quarto d'ora.»

Oh mio Dio! In tutti i sensi visto che mi giro verso la chiesa sempre con viso inebetito: «Ehm, va bene.»

«A dopo! Non fuggire!»

«C-certo che no!»

Stephanie riattacca senza salutarmi ma non importa.
Io e lei da soli davanti ad una chiesa...Mi ci vorrebbe un'altra cosa per alleviare la tensione!

Una sorpresa sotto la Neve [COMPLETA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora