Chapter 23: 106

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Dal modo in cui le sue dita si stringono al volante da più o meno 10 minuti, deduco che sia nervoso e incazzato, ma non so perché. Come minimo c'entra il ragazzo che mi ha parlato al locale, ma non riesco a collegare le due cose.

Perché si dovrebbe arrabbiare? Uno che conosce mi ha parlato, fine. Che motivo c'è di arrabbiarsi in questo modo? Bah.

È strano questo ragazzo.

Non faccio in tempo a riformulare un'altro pensiero su quanto sia bipolare questo ragazzo che la macchina si ferma bruscamente in un ampio parcheggio vicino al centro della città. Non so precisamente dove siamo, dato che ancora non conosco benissimo la città, ma credo proprio che ci troviamo in uno dei quartieri più ricchi.

Ci sono molti palazzi alti che ci circondano. Dylan, dopo avermi ordinato di uscire sempre con la sua delicatezza e aver chiuso la macchina, si incammina nervoso verso uno dei palazzi più alti.

Mi ci metto un po' a raggiungerlo, anche perché va abbastanza veloce e un passo dei suoi sono tre dei miei. In qualche modo, non so come, riesco ad affiancarlo appena entra nell'ascensore raffinato in fondo alla sala, che non ho potuto osservare grazie al ragazzo accanto a me. Dopo essersi accertato della mia presenza preme il pulsante per l'ultimo piano.

«Mi puoi dire dove diavolo siamo?» gli chiedo con il fiatone dopo che le porte dell'ascensore si sono chiuse. Lui sta zitto, ma dal respiro pesante e irregolare e le braccia tese incrociate al petto posso dedurre che è ancora incazzato.

«Perché sei così incazzato?» mi metto davanti a lui e imito la sua posa. Lui mi guarda dall'alto, i suoi occhi sono diventati scuri. Vorrei stare zitta, ma la mia curiosità supera il mio volere.
«Non sarà mica perché ho parlato con quel tuo amico, vero?» avanzo di un passo, avvicinandomi a lui, dopo che la mia bocca ha parlato più del dovuto. Lui stringe i pugni e serra la mascella infastidito.

Mi fissa intensamente negli occhi, ma ancora non dice niente. Quindi, ovviamente, decido di provocarlo ancora di più.
«Non sarai mica geloso?» ghigno malvagia guardandolo dal basso, e squadrandogli le labbra. Non è il momento di pensare a quelle cose Iris, riprenditi.

Silenzio. Sto per alzare gli occhi al cielo e sbuffare, ma prima che il mio corpo possa compiere il più semplice movimento mi sento sbattere alla parete dell'ascensore, che viene in seguito bloccato dal moro.

«Geloso? È questa la tua analisi, miss psicologa?»
Sghignazza divertito, mentre mi faccio seria. Se ha intenzione di prendermi in giro, io lo prendo a pugni. «Bhe, se è questa, è errata» continua afferrandomi i polsi e portandomeli sopra alla testa.

«Lasciami Dylan, ora» ordino, ma lui continua a ghignare. Sono tentata di tirargli una testata così forte da creare nella sua fronte, ma dopo mi pentirei per aver rovinato un faccino così bello.

Tutto ad un tratto però diventa serio, e vedo la rabbia riaccendersi nei suoi occhi.
«Senti bimba, se sei attratta dagli psicopatici non è colpa mia, ma ho promesso ai tuoi fratelli di tenerti occhio» avvicina il viso al mio ringhiando le parole. Psicopatici?

«Quindi devi tenermi d'occhio da te stesso?» rifletto, purtroppo, ad alta voce.
Lui si riferiva al ragazzo del locale. Una scintilla di malizia gli si accende negli occhi quel sorrisetto malefico che tanto odio spunta sulle sue labbra. Cazzo.
«E chi ha parlato di me?» alza un sopracciglio sghignazzando. «Sei fottuta, bimba»

Cazzo, penso di nuovo.
Lui fa ripartire l'ascensore staccandosi dal mio corpo. Una sensazione di freddo mi invade e mi maledico mentalmente per l'effetto che mi fa Dylan, sia quando è a contatto sia quando è distante da me.

Questo ragazzo mi farà uscire di testa.
Aspetto ancora un minuto per riaprire bocca, ma non faccio in tempo a far uscire dalle mie labbra
nemmeno una sillaba perché le porte dell'ascensore si aprono.

||There is a caos inside me|| Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora