Capitolo 10

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Correvo senza sosta,sopraffatta dai pensieri che venivano gentilmente accompagnati dalle note di bad day di Daniel Powter,proveniente dalle mie cuffie.

Il respiro irregolare,il battito veloce,riuscivo paradossalmente a sentirlo tra quelle parole così significative,mentre continuavo a muovermi in avanti a ritmo cadenzato.

Il cielo quella mattina aveva deciso di nascondere ai miei occhi l'alba che avrebbe dato inizio a quella giornata,dietro delle nuvole grigiastre sovrapposte che non presagivano nulla di buono.

La brezza fredda mattutina Newyorkese mi imponeva ogni tanto di abbassare lo sguardo dal marciapiede davanti a me,dato che bastava qualche secondo per far seccare le mie iridi e farle inumidire l'attimo dopo.

Ma continuavo a correre concentrandomi sul mio respiro,osservando ciò che mi circondava soltanto quando mi accorgevo di star cambiando la solita strada che percorrevo, quando il sonno mi abbandonava prima del dovuto.
Riuscivo a schiarirmi le idee,a pensare,anche al niente ma era da sempre stato un momento tutto mio dove c'ero io,i battiti del mio cuore sempre più determinati a tenermi testa,i grattacieli cupi che quella mattina rispecchiavano un cielo un po' più triste del solito e nient'altro.

D'un tratto tra le note di quella canzone un frastuono molto più forte si fece sentire dopo che un lampo di luce squarció quel manto grigio.Piccoli puntini incominciarono pian piano a punteggiare il sentiero che avevo intrapreso sotto i miei occhi.

Percepii piccole gocce d'acqua sul viso e sulle gambe lasciate scoperte da dei pantaloncini blu presi molto casualmente dato che in quel momento incominciai a sentire freddo.

Mi alzai subito il cappuccio della felpa grigia che indossavo fermandomi un attimo per riprendere fiato e decidere dove ripararmi se quelle piccole gocce si fossero trasformate in un acquazzone e ne avevano tutti i presupposti.

Osservavo il piccolo parco deserto intorno a me non riconoscendolo con quell'aria triste che quell'atmosfera gli attribuiva,avendoci vissuto i pochi momenti felici delle mia infanzia.

Ecco perché detestavo la pioggia.Contribuiva in qualche modo a rendere triste anche ciò che mi aveva fatta sorridere in altri momenti;probabilmente non lo faceva di proposito ma ogni volta che toccava terra faceva da melodia malinconica in sottofondo ad una scena già drammatica di suo,faceva da amica guastafeste,incarnava quel personaggio scomodo nel tuo libro preferito,faceva da unica piega su quel vestito appena stirato,faceva parte di quei motivi per il quale a volte un sorriso ti muore sulle labbra...e poi con quei suoi tuoni rumorosi,quei lampi di luce che li anticipavano...una teatralità esagerata per essere qualcosa di fin troppo negativo.
La pioggia per me erano le giornate buie quelle senza un minimo spiraglio di sole,ed io per troppo tempo ero stata avvolta dalle tenebre per poter amare quel colore scuro che incombeva sulla città senza preavviso.

Un altro forte frastuono risuonò in tutto il cielo risvegliandomi da quei pensieri,sentendo solo ora il mio viso completamente bagnato dalla pioggia.Mi maledissi per non aver controllato il meteo sul cellulare quella mattina.

Poco prima che però il mio corpo reagisse al comando di dirigermi da qualunque altra parte,il mio braccio venne afferrato con la giusta intensità per trascinarmi in tutta fretta sotto la tettoia di un chiosco chiuso,poco prima che la pioggia scatenasse tutta la sua rabbia sulle strade.

"Speravi che un fulmine ti colpisse in pieno?"chiese a pochi passi da me lasciando andare il mio braccio.Alto,spalle larghe,capelli un po' più lunghi e ribelli tenuti a bada dal cappuccio di una felpa nera e due occhi color acqua marina puntati nei miei...non era possibile.Non era davvero possibile.

"Ehm..no io stavo per venire qui sotto a ripararmi."mentii quasi in un sussurro trovando mostruosamente inquietante il fatto di trovarmi quel ragazzo di fronte ogni volta che mi trovassi in difficoltà.

Amati così come ami meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora