Capitolo 5

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Passarono pochi minuti dopo che le mie amiche assieme ai ragazzi conosciuti da poco entrarono all'interno del locale con poca difficoltà.

Decisi di avvicinarmi al muretto dove si era poggiato prima Aaron,un po' in disparte,sentendo qualche occhio di troppo addosso da chi sostava nel parcheggio.Non avevo paura mi succedesse qualcosa,la mia era semplice ma dannata timidezza e con quel vestito indosso era come firmare la mia condanna.

Eppure l'avevo scelto che ricadesse morbido sul mio corpo,ma a quanto pare non bastava a coprire la mia insicurezza,che in situazioni come queste prendeva il sopravvento.

Cacciai via quei pensieri digitando il conosciuto numero sul display del cellulare che avevo tra le mani portandolo subito dopo all'orecchio.Intanto il mio sguardo cercava di insinuarsi tra i vari gruppi di persone per individuare quel qualcuno che avesse almeno una delle caratteristiche descritte da Aaron.Come se potessero bastare, ma cavolo non conoscevo nemmeno il suo nome.

"Clary sei tu?"la piccola voce di Lindy risuonó flebile dall'altro capo del telefono.Mi ero imposta di chiamarla con il telefono che le avevo lasciato appositamente dato che ero uscita dall'appartamento con una terza guerra mondiale in corso tra i miei genitori.

"Si,piccola sono io."le risposi sorridendo anche se non poteva vedermi."Come va?"

Attimi di silenzio da parte sua mi fecero sentire in lontananza più voci alte e urla accavallate,che mi fecero capire che dopo ore non si erano ancora stancati e pensai che Lindy aveva sentito anche troppo.

"Non la smettono di urlare,mamma ha pianto e mi ha detto di dormire,ma non ci riesco Clary."mi spiegó con un tono triste o forse anche dispiaciuto.Ogni sua parola mi faceva stringere il cuore in una morsa sempre più stretta e mi mancó il respiro per un attimo.Mi dovetti appoggiare con la schiena al piccolo muro alle mie spalle.

Per poi qualche secondo dopo essere presa da una rabbia irrefrenabile nel pensare come due persone adulte non abbiano il minimo autocontrollo,nemmeno davanti ad una bambina dando uno spettacolo deprimente.E poi mia madre,per un attimo me la immaginai,con le lacrime agli occhi ancora colmi di collera e malinconia.Quelle lacrime di cui una volta mi prendevo tutta la responsabilità dato che il mio nome era all'ordine di ogni loro litigio più furioso.

La odiai per essersi comportata in quel modo anche con Lindy,facendo finta di non sapere che una bambina di soli otto anni capiva perfettamente la situazione e ci sarebbe stata male.Ma no.Mia sorella non avrebbe sentito il peso delle sue lacrime,io glielo avrei impedito con tutta me stessa.

"Allora piccola ascoltami bene..."le dissi dolcemente cercando di mantenere la calma il più possibile.

"Adesso prendi kiki e vai a dormire in camera mia d'accordo?"le proposi nominando il suo pupazzo preferito,la sentii annuire.

"Posso accendere la televisione?"mi chiese.

"Certamente,va' in camera mia e chiuditi la porta,ti accendi la televisione con il canale che piace tanto a te e prova a dormire,ok?"finii di spiegare l'unico modo per non sentire quei fuori di testa che mi avrebbero sentito il giorno dopo.

"Va bene,grazie mille Clary."rispose e la sentii molto più tranquilla."Buona notte."

"Notte piccola e mi raccomando chiama ancora se vuoi compagnia."l'ultima cosa che le dissi prima di sentir chiudere la telefonata.

Tutto ciò che sentivo era un macigno sul petto chiamato senso di colpa.Esatto,dopo sette mesi di terapia,ancora mi sentivo in colpa.Per cosa?Non seppi rispondere a quella domanda.L'unica cosa di cui ero sicura era che mi sentivo in colpa per qualsiasi cosa che andava storta alle persone a me vicine.Io mi sentivo responsabile di tutti i pianti che vedevo.Su un libro di psicologia lessi che prende il nome di "empatia" questo tipo di comportamento,ma io trovai molto più adeguato un qualcosa come "maledizione" se riguardante emozioni come quelle.

Amati così come ami meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora