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La sera prima Jason se ne andò dopo avermi lasciato il suo biglietto da visita.

Lo ringraziai parecchie volte e mi sono scusai per essermi arrabbiata con lui una volta saputa la brutta notizia.

Aveva fatto tutto il possibile per salvarlo, non è colpa sua se la macchina è scoppiata, non è colpa sua dell'incidente, non lo aveva causato lui, eppure mi ero sfogata contro di lui e lui ha saputo sopportarmi, d'altronde, chi la caga una ragazzina di 16 anni come me.

Mi sono svegliata presto questa mattina per via dei ripetuti campanelli d'emergenza in ospedale, che stanotte non davano affatto tregua agli infermieri del turno notturno.

«Buongiorno tesoro, come stai?» mi domanda l'infermiera che era insieme a Jason la sera prima.

È carina con i suoi pazienti e per me è meglio così.

Ho sempre avuto paura dell'ospedale, per la sua atmosfera pesante, ma lei riesce ad allegerirlo solamente con poche parole dolci che diceva ai suoi pazienti.

«Bene, ma stanca, tanto stanca, abbondantemente stanca»

«Come mai?»

«Per quei campanelli, come fai a sopportarli?» le domando seguendola con gli occhi mentre lei si sposta da una parte all'altra della camera.

«Questione di abitudine, ma ogni tanto non li sopporto nemmeno» *sorride* «Sopratutto quando ci sono quei pazienti pesanti che suonano i campanelli tanto per fare, ma non diciamo a nessuno » mi dice sottovoce per non farsi sentire da nessuno sempre col sorriso sulle labbra.

«Tranquilla, con me il tuo segreto sarà al sicuro» dico anch'io sottovoce.

«Sei pronta per andare?»

«Andare dove?»

«Ma come, ti sei già dimenticata? Devi andare in orfanotrofio a cercare una nuova famiglia per te»

«Wuoo che bellezza» dico ironica «Me l'ero dimenticata»

«Vedrai che non sarà così male»

«Vedrò, ma non ne sono tanto sicura»

«Più tosto che rimanere da sola...»

«Mi mancano»

«Immagino»

«Pensavo che le sfighe per me fossero finite e invece...»

«E invece, è successo tutto questo, ma non perché qualcuno ti odi, è come se qualcuno lassù ti stesse mettendo alla prova, falli vedere chi sei, non buttarti giù, abbi la forza di reagire e dimenticare le cose brutte, però non dimenticare mai i bei momenti e le sfide che hai dovuto affrontare perché quelle, quelle si che sono veramente importanti per te e per darti la forza di andare avanti»

«Ti giuro non mi dimenticherò mai di queste tue parole e di te»

«Promesso?»

«Promesso»

«No, voglio essere sicura, facciamoci una foto con la polaroid»

«Ma... Non ce l'ho»

«Io si invece»

«Perché ti dovresti portare una polaroid a lavoro»

«Non l'ho fatto apposta, l'altro giorno prima di venire qui e fare il turno di pomeriggio sono andata a comprarla e una volta finito il turno, pronta per andare a casa me la sono dimenticata nell'armadietto dello spogliatoio»

«Ahhhh ora si che è tutto più chiaro»

Ci facciamo la foto, Erika la sventola per attivare l'inchiostro e me la porge.

«Tieni e non perderla, mi raccomando»

«Non la perderò, giuro. La terrò sempre nrlla tasca destra del mio giubbino»

Nel pomeriggio entrano gli assistenti sociali in camera pronti per portarmi nella struttura per orfani più vicina.

Non faccio forza, anche se ho parecchio terrore di quel che mi capiterà, ma sono sola e quella è la soluzione più giusta e corretta da seguire.

In fondo, non sono l'unica a subire tutta questa sfortuna, anche lo stesso Jason ha subito quel che io sto subendo.

Mi portano fuori dalla mia camera, firmano dei moduli che Erika li indica sulla scrivania del personale e mi portano in macchina con loro per portarmi nella struttura.

«Ciao sono Katy e questo è l'orfanotrofio dove starai finché non troveremo per te una famiglia, spero ti troverai bene con le altre ragazze della tua età, ti accompagno nella tua camera»

Katy mi porta al 3 piano, mi dice anche che al primo piano ci sono tutti i bambini di entrambi i sessi, al secondo ci sono i ragazzini, al terzo ci sono io con altre ragazzine della mia età mentre al piano terra ci sono i dormitori degli assistenti e la mensa.

«Questa è la tua camera insieme a delle altre ragazze, farete amicizia ne sono sicura, qualunque cosa tu abbia bisogno sai dove trovarmi»

«Grazie» *le sorrido*

Katy mi lascia davanti alla porta chiusa della stanza e poi se ne va.

C'é un grande corridoio con parecchie camere, la mia era quella alla fine del corridoio.

Apro la porta, ci sono 2 ragazze che mi guardano come se mi conoscessero già.

«Ciaoo» mi saluta la ragazza più alta, magra e con i capelli cortissimi, quasi da maschiaccio, ma li stanno da dio con il suo viso.

«Io sono Sylvie» mi dice sempre lei «E lei, invece, è Maddison»

«Io sono Kimberly»

«Wuoo, sembra uno di quei nomi da ex ragazzina con una famiglia super lussuosa»

«E invece no, avevo una famiglia normale, ne povera ne ricca, normale»

«Ahhh, allora la più riccona di noi è Maddison» sorride.

«Da quand'è che sei...insomma sei... Orfana»

«Da ieri sera»

«Ci dispiace, passerà il dolore che proverai in questo momento tranquilla, non è facile all'inizio ti capiamo bene, ne siamo passate anche noi» dice Sylvie.

«Da quand'è che siete qui?» domando curiosa.

«Da praticamente la nascita io, Sylvie è qui da 6 anni invece» dice Maddison.

«Mi dispiace»

«Tranquilla, ormai per noi è passato, vieni Kimberly ti faccio vedere dove hai tutta la tua roba»

«Mi puoi chiamarmi anche Kim»

«Come preferisci»

«Per i tuoi vestiti andrà qualcuno nella tua vera e vecchia casa a prenderli e poi te li consegneranno tutti a te» dice Maddison.

3 secondi dopo suona una campanella.

«Cos'è?» domando preoccupata, quando sento queste cose penso sia tipo allarme dei terremoti o incendi.

«È PRONTOOO»

«Cosa?»

«La cena»

Le scale principali sono piene di ragazzi che scendono al piano di sotto per andare a mensa, un po' come se fossimo a scuola.

Mi mancano i miei compagni, le mie amiche, i miei insegnati e i miei genitori.

È proprio vero che solo quando perdi una cosa o una persona ti accorgi di quanto questa sia importante per te.

HEY FRIENDS ECCO IL TERZO CAPITOLO DI 'KIMBERLY - NON DIMENTICARMI...'

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Kimberly - Non dimenticarmi... Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora