Ricerche e scoperte
***
perchè d'accordo va con il nebbione.
Nel fango affonda sino alle calcagna,
spruzza di neve l'albero e la siepe.
***2 febbraio 1933 Berlino
Neil
Non riuscivo a capire dove mi stesse portando il mio adorato padre quella mattina,eravamo usciti prestissimo senza nemmeno fare colazione. Alle sei semplicemente era venuto in camera mia e mi aveva tirato giù dal letto,senza parole o spiegazioni. Più mi guardavo intorno,più sembrava un bosco fitto. Alla mia destra vi erano distese di pinete e abeti che coprivano L'intera zona. Foglie di ogni colore caldo cadevano lentamente dalle lunghe querce adagiandosi sul terreno muschioso. Alla mia sinistra riuscivo a intravedere vari cespugli e soprattutto un gran numero di ortiche. Sospirai seguendo mio padre come un cagnolino randagio,al petto tenevo stretto la sacca da viaggio al quale interno lui stesso aveva infilato qualche provvista. Forse saremmo stati fuori anche a pranzo,non sapevo cosa avremmo fatto. Alzai lo sguardo al cielo osservando le grandi nuvole quasi grigie per l imminente cattivo tempo. Alcuni alberi erano spogli e tutto quello scenario donava alla boscaglia un tocco misterioso,quasi tetro. Serenamente,sembrava che ogni forma di vita si rallegrava per conto suo e che ogni singola foglia fosse costellata da un invisibile oscurità. Più camminavano,più ero convinto che fosse via di mio padre. Era talmente tanto cattivo che forse anche i fiori alla sua visione,sarebbero caduti appassiti al suolo. Le tracce della sua presenza rendevano il tutto più ansioso,era davanti a me in tutta la sua potenza. Lo osservavo con timore seguendolo in silenzio,non come un figlio ma come il più devoto tra i servi. I silenzi ascoltati venivano contemplati solamente da me e quel uomo tanto crudele ogni tanto si accertava che io non fuggissi. Dove sarei mai potuto andare? Qualche giorno prima avevamo avuto un orribile litigio e solamente perché ero appena rincasato dalla caserma e mi ero permesso di mangiare un po' di carne in più. Ero passato per l'insensibile. Cazzate. Di solito digiunavo anche per far in modo che a loro non mancasse mai nulla. Facevo in modo che l'invisibile oscurità imprimesse nel proprio lato più vulnerabile della mia anima. Con grande timore arrivammo ad una vasta prateria,popolata da diversi animaletti molto carini. C'erano marmotte e vari stambecchi. Amavo la natura e pensavo che l uomo non fosse nessuno per rovinarne le sua rarità. Lasciai scivolare i miei stivali nel terreno e guardai mio padre pronto a qualsiasi ordine mi avesse inflitto. Non smisi di camminare,intorno a me solo la vegetazione. Sul viso avvertivo un leggero venticello piacevole,e nell'aria aleggiava il classico odore di erba bagnata.
-"Neil." Immediatamente venni richiamato da mio padre,mi voltai e lo guardai intensamente negli occhi. Sapevo che stava per chiedermi di far qualcosa,già ne avevo paura. Con lo sguardo poco più avanti mi indicò un piccolo cervo accanto a un fiume. Era intento a bere e si vedeva perfettamente quanto fosse solo un cucciolo spaventato e desideroso della sua mamma. Davanti ai miei occhi quindi si manifestò solo paura,perché avevo capito cosa voleva chiedermi. Non eravamo venuti per una passeggiata,ma per far del male ad altre creature. Tremai forte non appena capii il tradimento,mi aveva detto che avremmo fatto solo un giro.
-"Forza fallo fuori." Quelle parole mi fecero letteralmente crollare,mi passò il fucile già carico e con forza mi mise lui in posizione. Capii che io ero rigido,fin troppo per poter iniziare a parlare. La cosa lo infastidiva,lo sapevo con certezza. Sospirai piano e strinsi il manico,chiusi gli occhi e mi rifugiai nel mio mondo.
-"Forza stronzo. Se non riesci ad uccidere uno stupido animale,come pretendi di far fuori milioni di persone come un vero e proprio generale?" Avverti il suo respiro sul collo,una lacrima rigò il mio volto. Decido l inaspettato.-"No! Non voglio!" Indietreggiai immediatamente gettando il fucile per terra,successivamente afferrai mio padre per il cardigan e lo spinsi contro il muro. Con forza. Respirai affannosamente,anche perché quella era assolutamente la prima volta che prendevo confidenza in quel modo con lui. Non mi sarei mai permesso,ma ero stanco. Fin troppo per stare zitto. I suoi occhi immediatamente si spalancarono per lo stupore mentre le mie mani si spostavano sul suo petto,che stringevo con rabbia.
-"Sei un mostro! Mostro!" Mi ci scagliai nuovamente contro beccando solo uno sguardo ricco di disprezzo. Mi avrebbe ucciso,lo sapevo. Tremai un po' non avendo più paura di lui,nel mio corpo circolava adrenalina. Quella voglia di prendergli la testa e aprirgliela contro un tronco. Inevitabilmente però scoppiai a piangere urlando forte,mi staccai e portai le mie mani alla testa,ero troppo stanco di quella situazione. Volevo essere salvato,volevo fuggire da quella realtà orribile.-"Per questo non sarai mai un grande generale. Tu hai il cuore." La sua voce roca si infrangeva contro le mie orecchie facendomi innervosire ancor di più.
-"Sei un totale fallimento sia come uomo che come figlio. Vergognati,mi fai schifo. Vorrei che tu non fossi mai nato. Scherzo della natura." Non ci vidi più. I fari mentali della mia ragione si spensero lasciando il posto al buio. Afferrai la canna del fucile e semplicemente sparai. Un colpo alla spalla,mio padre per terra,tre mesi di convalescenza e due anni in riformatorio. Da quel giorno crebbi.16 dicembre 1939 Auschwitz
Neil
Con la mano cercai vari codici di riconoscimento,sapevo di poterli trovare. Accanto a me avevo creato una lista con su scritta i nomi dei membri della famiglia di Viktoria. Le avevo promesso di portarle notizie così stavo facendo. Ci tenevo a tenerla aggiornata,immaginavo che per lei doveva essere una totale agonia non sapere dei suoi affetti. Quindi almeno per avere un sorriso ogni tanto e per mantenere il nostro patto,stavo cercando da ormai tre ore tutti i componenti. Avevo già cancellato il nome di sua madre e quello di suo padre. La madre era morta suicida,il padre invece semplicemente di crepacuore. Non aveva sopportato il fatto di aver trascinato tutta la sua famiglia in un campo di sterminio e la separazione. Zack era morto con loro,e i suoi genitori con lui. Quella che non riuscivo a trovare era sua sorella,il fratello invece,beh lui era il medico più affermato del campo maschile. Tenuto in vita solamente per i suoi studi e perché non aveva partecipato a lavorare ai campi forzati. Se la passava chiuso in ambulatorio,vestito come ogni prigioniero ma a curare i tedeschi insieme ai nostri medici. Un ebreo non poteva curare un tedesco,ma quel ragazzo si era rivelato addirittura migliore di alcuni nostri medici,dunque gli avevano dato un titolo d'onore. Una volta identificato il codice,afferrai il cappello e uscii da casa mia. Viktoria stava ancora riposando e non avevo alcuna intenzione di svegliarla,inoltre le avevo fatto portare la colazione che avrebbe gustato una volta sveglia e pimpante. Affondai con gli stivali nella neve,si avvicinavano le feste natalizie e il campo non era mai stato così freddo. Velocemente mi diressi nel campo maschile e attraversai le baracche senza problemi,una volta arrivato in ambulatorio aprii la porta senza chiedere il permesso e mi guardai intorno con superiorità. Ovviamente i miei occhi incontrarono per primi i malati,successivamente invece i medici.
-"142984!" Semplicemente lo chiamai per codice,poco dopo un bellissimo ragazzo dai capelli biondi quasi rasati a zero alzò il viso. Era ovviamente intento a preparare una flebo ad un vecchio signore denutrito. Mi guardò leggermente per poi sussurrare qualcosa ad un suo collega e avvicinarsi. Era quasi alto quanto me,e cavolo se somigliava alla mia piccola bambina.
-"Seguimi." Non gli diedi nemmeno il tempo di replicare perché uscii dalla stanza,non mi voltai anche perché sentii i suoi passi alle mie spalle. Sorrisi di sghembo e mi voltai una volta tornati sulla neve,sentiva freddo,lo sapevo. Io avevo cappotti pesanti,lui invece un pigiama leggerissimo,io avevo guanti caldi,lui solamente le sue mani umili e screpolate. Io avevo una pelliccia,lui nemmeno le lacrime per la disperazione.-"Generale mi dica,cosa vuole da me?" Mi temeva. Lo sapevo. Si notava da come si torturava le mani e da come cercava costantemente di non incrociare il mio sguardo. Ne fui fiero anche se non era assolutamente mia intenzione incutergli terrore. Presi un bel respiro e iniziai a parlare.
-"Tua sorella Viktoria sta bene. Sin dall inizio che siete arrivati me ne sono sempre preso cura. Mangia,beve e dorme come si deve. Zack ha perso la vita così come i tuoi genitori. Mi dispiace molto per questo,ma non ne sapevo nulla,altrimenti vi avrei fatti incontrare." Spiegai il tutto in maniera fredda e concisa,lui invece mi dedicò il suo sguardo confuso e sbalordito. Occhi carichi di dolore che un secondo dopo si trasformarono in liquidi,perche grosse lacrime iniziarono a scendere dai suoi occhi.
-"V-V-Viktoria.." e da lì iniziai ad aiutarli,perché tenevo a quella piccola ragazza e dunque tenevo alla sua felicità.
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Il Soldato D Inverno
ChickLitAvevo sempre avuto una certa nostalgia per i luoghi dove ero vissuta,le case e i dintorni. Berlino era la mia casa,la mia città natale e ne ero follemente innamorata,forse perché d estate era sempre così felice e colorata mentre d inverno diventata...