Capitolo 3 L'hangar

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Ren si staccò dalla ringhiera e voltandosi si diresse verso sinistra, con la borsa di Serafin che gli dondolava a tracolla oltre al suo zainetto. Un palo di legno dall'altezza di una fata sporgeva dalla piattaforma. Sulla punta era legato un sottile filo argenteo di ragnatela che scendeva fino a legarsi a un palo gemello sull'albero di fronte, su di una pedana in cui al centro si ergeva un edificio di legno. Una botte colorata di bianco tagliata sulla sommità e chiusa da un tetto di paglia.

– Quello è il tuo hangar.

– Sì, però ora avvicinati. disse Ren, in una mano reggeva una corda. Indicò gruccia di legno che dondolava al vento attaccato con un filo al palo.

– Vedi quell'attrezzo lì? Quello è il nostro mezzo di trasporto.

Ren alzò un braccio e slegò la corda che legava la gruccia al palo. Vi attaccò al suo posto con un gancio la corda che aveva in mano, mentre l'altra estremità la porse sorridendo alla fata.

– E cosa ci dovrei fare con quella?.

– La agganci alla tua imbracatura, no? Oppure vorresti scendere senza protezione?.

Serafin sbiancò.

– Io non credo di potercela fare.

– Non ti preoccupare, ci sarò io con te, tu devi solo muovere le ali e più le batterai veloce, più la discesa sarà una tranquilla passeggiata.

Serafin scosse le ali.

– Se servirà per i miei esercizi di volo...

– Questo è lo spirito giusto.

Il folletto si arrampicò sul palo e reggendosi con le sole gambe agganciò la corda all'anello più piccolo che sporgeva dalla sua imbracatura. Il folletto prese l'asse di legno con entrambe le mani lasciandosi dondolare appeso, poi si voltò verso la fata.

– Allora sei pronta?.

– Ma tu non metti la protezione?.

– Non ti preoccupare, lo faccio sempre e non mi è successo mai nulla.

Serafin guardò il pezzo di cornicione che mancava davanti il palo, arricciò il naso.

– Beh, dalla prossima volta non lo fare più. Tutto questo tempo e io non sapevo nulla dei rischi che correvi. Non sai che può essere pericolosoo...

Terminò l'ultima vocale in un urlo, i piedi di Serafin strusciarono sulle assi di legno arrivò fino  al punto in cui non c'erano protezioni e cadde a penzoloni poco sotto i piedi di Ren. La discesa accelerò, continuò a gridare serrando gli occhi. Sbatté le ali più velocemente che poté e finalmente il vuoto che poco prima sentiva diminuì e la discesa rallentò. Il cuore le batteva all'impazzata e la mente non riusciva a concentrarsi su altro se non sul costante movimento delle ali. La fata aprì gli occhi e vide i tanti edifici dell'albero avvicinarsi sempre di più, smise di urlare e spostò la sua attenzione verso il panorama che si vedeva da quell'altezza. Il suo corpo si mosse verso l'alto, il castello di sabbia delle fate guardiane che scintillava al sole come ornato da tante piccole pietre preziose, il grosso baule dove lei viveva, il giallo alveare del Miel Bar.

– Sto volando! Sto volando!.

La corsa si fermò e Serafin finì scaraventata davanti dondolando avanti e indietro attaccata alla corda.

– È stato fantastico!.

Ren sopra di lei sorrise.

– Non era di certo un vero volo ma abbiamo fatto progressi.

Serafin si sfilò l'imbracatura e saltò giù. Ondeggiò le braccia sentendo ancora il corpo leggero per il volo. Il folletto con un balzo atterrò subito dopo di lei.

Le Guardiane di Faeria - La lacrima della speranza -Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora