Capitolo 22 L'alveare

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Amore stirò le braccia in alto, era completamente il buio, storse il naso, oltre il profumo del suo fiore c'era un altro odore. Nella c'era testa un ronzio continuo.

– Mamma quante volte devo dirti che il Soledì è la giornata della baccaliegia e non del miele!.

Sbatté le ciglia cercando a tastoni di scostare il petalo, ritrasse la mano con una smorfia. Portò le dita alle labbra, miele.

– Che razza di scherzo è questo? Chiunque sia stato vi ordino immediatamente di liberare il mio fiore da questa sporcizia immonda!.

Nessuna risposta.

– Allora qualcuno mi vuole rispondere?.

Amore si ributtò a braccia conserte sul cuscino. Un brivido gelido le percorse le ali. Si alzò strofinandosi le braccia.

La testa sfiorò i petali, una goccia di liquido viscoso le colò sui capelli.

La fata saletellò cercando di staccare il miele appiccicato fra le ciocche.

– No! I miei splendenti capelli! No!.

Un'ondata di calore si propagò da lei inondando il fiore. Un fiume in piena di liquido dolce ambrato le cadde addosso, la fata tirò un urlo acuto e i petali della rosa si spalancarono. Le ginocchia di Amore cedettero. Il ronzio aumentò d'intensità.

– I miei luminosissimi e bellissimi capelli, io...

Il viso scattò verso il cielo.

– Il cielo? – guardò sotto di sé il selciato celeste e alzò gli occhi in alto, sul ramo di un albero sopra di lei. Un alveare dalle dimensioni di una grossa siepe brulicava di esseri gialli da strisce nere. Due api grosse come scoiattoli si staccarono da quell'ammasso zuccherino e le si scagliarono contro, Amore si piegò su sé stessa ma i due insetti erano già spariti dietro le sue ali.

Scostò le braccia dal viso, attorno a lei cinque fiori rossi rinchiusi dalla stessa sostanza che chiudeva il suo fiore, dentro le ombre delle loro proprietarie che dormivano sdraiate all'interno.

Amore si alzò in piedi tremando e stringendosi le braccia al petto. Si morse un labbro.

– E va bene, credo che quella cosa ora mi possa servire.

La fata estrasse da sotto il cuscino la propria gemma fatata. La pietra s'illuminò.

Un ruggito profondo superò il continuo ronzio delle api sulla sua testa.

– Va bene bellissima Amore, questo è un sogno, solamente un sogno.

Cercò di muovere le ali, ma il miele le bloccava il movimento.

– Ehi, tu!.

Quella voce le irrigidì ulteriormente le ali. Una mano la scosse violentemente la spalla facendola voltare.

Amore rossa in viso scansò la mano di quella fata impertinente.

– Come? – gli occhi le si spalancarono, il cuore accelerò nel petto. Alpinia la stava fissando dalla testa ai piedi con quel suo sguardo di ghiaccio, balzò giù dalla sua rosa e iniziò a correre.

– Vattene via! Non voglio che tu mi porti via la mia bellezza!.

Serrò gli occhi quando sentì la fata volare sulla sua testa, frenò di scatto i sassolini azzurri le graffiarono i piedi scalzi, portò la gemma davanti al viso per proteggersi, stringendo gli occhi.

Le gelide mani della fata afferrarono le sue allontanandole le braccia dal viso.

– No, lasciami!.

– Ora basta.

Amore strinse forte i denti e aprì di uno spiraglio gli occhi. Le guance di Alpinia avevano un alone argenteo.

– Ho un importante compito da svolgere e solo tu mi puoi aiutare.

La fata spalancò gli occhi a quelle parole.

– Solo io?.

– Mi devi aiutare a radunare le fate bambine, dobbiamo prepararci ad evacuare il villaggio al più presto.

La fata dalle ali rosse fece un passo indietro, Alpinia mollò la presa dalle sue mani, lo stomaco di Amore si contorse in una morsa di ghiaccio, si strinse al petto la gemma lampeggiante.

– Ovvio che la splendida me sia in grado di farlo, ma prima vorrei sapere perché la me medesima sia stata rapita? – portò una mano tra i capelli ancora umidi per il miele sciolto – forse la mia bellezza è troppo sfavillante per voi altre fate di basso livello.

Alpinia fece un passo avanti e le tirò una ciocca fino a portare il viso della fata davanti il suo, la gemma rossa tra le sue mani cadde con un tonfo.

– Tutto quello che devi fare è portare le fate bambine qui ed erigere una barriera magica che le protegga e le nasconda da occhi indiscreti, ne sei capace?.

La testa di Amore si alzò e abbassò velocmente, le labbra serrate. Alpinia la lasciò.

– Molto bene, ora vai, porta il primo gruppo di dieci fate bambine alla Valle della Nascita, tra un'ora e continua così finché non avrai trovato tutte le fate, del resto me ne occuperò io e ricordati nessuna deve sapere del tuo compito nemmeno le fate guardiane e soprattutto – indicò con lo sguardo l'alveare sulla sua testa - le mie api ti controllano.

Amore si massaggiò i capelli tirati, lacrimoni le sbucarono agli angoli degli occhi.

– Non ti perdonerò mai per come hai trattato la me medesima, farò quello che dici solo perché i compiti più importanti vanno a delle fate importanti e solo dopo essermi lavata!.

Dettò ciò batté il piede a terra, raccolse la gemma e se l'attacco alla cintura. Volò oltre l'alveare, si protesse il viso con le mani dalle foglie che le si paravano davanti durante il volo ma non diminuì la velocità. Voleva mantenere più distanza possibile tra quella fata orrenda e quell'alveare puzzolente brulicante di immondi insetti. Spuntò sulla sommità dell'albero. I tre alberi di Faeria svettavano rassicuranti sulla foresta luminosi come lanterne.

Le Guardiane di Faeria - La lacrima della speranza -Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora