Capitolo 16 Scontro fra amiche

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Gaia prese un ombrello di foglie e uscì di casa. Con una mano si tastò la gemma per verificare che fosse attaccata bene al gancio della cintura, la superficie spigolosa e fredda le creò un blocco nello stomaco. Corse verso il ponte di tela che l'avrebbe portata ai piani bassi, aveva bisogno di camminare.

L'immagine di Serafin con la sua lacrima in mano le appariva ancora davanti gli occhi e Ren, il suo amico, stava per affogare e lei non aveva fatto nulla per salvarlo. Era stato come se i muscoli non le rispondessero, l'unica cosa che aveva in mente era il suo fallimento. Lei non ce l'aveva fatta a diventare una guardiana, mentre Serafin sì, Serafin la sua migliore amica, la fata con meno doti di tutte, quella che alla sua età non aveva imparato nemmeno a volare. Gaia si fermò a metà del ponte sospeso, portò la mano al cuore. Quella sensazione, era un sentimento che non aveva mai provato prima, che le fluiva nelle vene bruciandola come lava incandescente. L'immagine delusa della nonna le apparve vivida nella mente.

"Sei come tua madre, Gaia, se quest'anno non sei diventata una guardiana non lo diventerai né l'anno prossimo né tra un milione di anni, sei una delusione."

Gaia scosse la testa e strinse la corda del ponte fino a farsi sbiancare le nocche.

– Io sono meglio di Serafin, si sono sbagliate, non era lei a dover diventare fata guardiana, ma io.

Un colpo di vento le strappò l'ombrello di mano.

Arrivata alla casa delle fate bambine, salì i gradini dell'edificio baule. Alzò la mano per bussare, ma la porta si aprì.

– Gaia! Che ci fai qui sotto la pioggia? Entra dentro.

Serafin era sul ciglio, i suoi capelli erano attaccati in due code ondulate, le maniche della maglia le ricadevano a campana sui polsi e i pantaloni aderenti si fermavano alla caviglia finendo con due ballerine. Il tutto completamente colorato di rosso, lo stesso rosso della sua lacrima che in quel momento le pendeva al collo come un ciondolo.

La fata distolse lo sguardo ed entrò nell'atrio dell'edificio, con la poca luce che entrava dalle finestre, il corridoio appariva grigio e scuro. Si strinse le braccia tremando dal freddo.

– Stavi andando da qualche parte?.

Serafin annuì.

– Sì e vado di fretta devo andare al palazzo delle fate guardiane adesso.

– Oh, già ora che sei una guardiana avrai tante cose da fare, non puoi di certo perdere tempo con una come me.

Gaia si voltò verso la porta, Serafin le afferrò la mano.

– Ma che dici, non l'hai saputo? Ren sarà condannato, non capisci? E io devo fermare quel processo al più presto.

Il viso della fata rimase fisso sulla porta.

– No questo è impossibile, lui è un folletto.

– No è proprio così, dobbiamo fare qualcosa Gaia, dobbiamo salvarlo, lui è nostro amico.

Gaia scosse la testa e s'incamminò lungo il corridoio.

– Devo parlare con Ren, dove si trova?.

– Dovrebbe essere nella stanza dove viveva prima di trasferirsi nell'hangar.

Gaia prese le scale di destra, voltò il corridoio e bussò alla seconda porta. Nessuno rispose.

– Ren siamo io e Serafin, possiamo entrare? – bussò di nuovo – Ren?.

All'interno della stanza sentirono il rumore della finestra spalancarsi e l'ululato del vento imperversare dentro, le due fate si guardarono con gli occhi spalancati. Aprirono la porta, un mucchio fogli erano sparsi per terra, un forte ronzio passò nelle orecchie delle due fate e scomparì immerso dal rumore del vento. Serafin si portò le mani alla bocca.

Le Guardiane di Faeria - La lacrima della speranza -Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora