È già il tuo terzo giorno di coma Deku e nessuno riesce ancora a credere a ciò che sta succedendo. E quando dico nessuno, in questa parola ci sono pure io. Già, non riesco ancora a metabolizzare che tu sia qua davanti a me disteso sul letto di ospedale e che stai rischiando di morire.
Quando sono arrivato ho visto dei dottori allontanarsi da questa stanza e quando li vidi ascoltai quello che dissero. Non si ascoltano le conversazioni, ma non me ne fotte un cazzo. Peccato che ad ora avrei preferito non ascoltare. Ha detto che ormai il tuo cuore fa un battito all'ora e se nelle prossime 24 ore non aumenta purtroppo non possono fare più niente. Dovranno staccare la spina. Ti lasceranno andare, così riposerai.
Ma come possono? Come possono staccare la spina dei macchinari che tengono in vita un ragazzo di 17 anni? Come possono farlo... come potrebbe zia Inko accettare una cosa così? Non potrebbe.
Io non so cosa significhi lasciar andare, lasciar perdere, lasciare stare. Non mi sono mai fermato e mai lo farò. Ho sempre combattuto per quello che ritenevo giusto e per quello che volevo. Non mi sono mai fatto abbattere da un lascia perdere.
Dovrei lasciarti andare? No.
Con tutto quello che è successo, come posso lasciarti andare? Proprio ora che sto cercando di capire i miei sbagli... Come posso non vedere più la tua brutta faccia e il tuo sorriso la mattina mentre entri in classe insieme a faccia tonda e bastardo a metà? Come posso non vedere più i tuoi occhi? Così tanto verdi che sembrano veri e propri smeraldi.
«Come potrei dimenticarmi di te?»
E sono di nuovo qua.
Ieri mi ero promesso che non sarei venuto per un po', così da non far insospettire i dottori. Solo un dottore sa di me sai? Lo sa perché è stato proprio lui a vedermi per la prima volta qua in stanza, all'1 di mattina mentre stavo seduto su questa sedia gelida. Dopo una lunga chiacchierata, dopo avergli urlato contro e dopo l'aver mandato via un poliziotto, mi ha fatto restare. E questa cosa continua da tre notti.
Sono quasi le 2 di mattina e sinceramente non capisco perché io non riesca ad addormentarmi. Forse sei tu la causa della mia insonnia. Già. Come sempre è colpa tua... e ora spero di poter-
Tic Tac
Un battito. L'ho sentito. Ho sentito il battito che hai fatto in quest'ora. «Bastardo...» dissi appoggiandomi al letto. «Non far smettere di battere il tuo cuore.»
✧
Katsuki come ogni mattina se ne andò da quella stanza alle 6. Doveva essere già fuori da quella stanza a quell'ora perché sapeva che presto sarebbero arrivati dei dottori a vedere le condizioni di Izuku. Poteva andarlo a trovare benissimo nelle ore di visita, o dopo pranzo oppure prima di cena, ma qualcuno glielo impediva costantemente. Per quello non ci andava mai.
Poteva sembrare egoista in quel momento, ma aveva già dei problemi e non voleva che subentrassero anche loro. Forse passava per menefreghista: dopo quello che è successo neanche andare a visitarlo, ma lui ci andava. Non durante le ore di visita, non davanti a tutti, non alla luce del giorno.
Arrivato ai dormitori si diresse nella sua stanza e si addormentò, sempre con un pensiero fisso: Deku.
Erano le 11 quando si svegliò per colpa del telefono. Gli era arrivato un messaggio. Era già normalmente scazzato, in più la questione di Izuku lo aveva fatto arrabbiare ancora di più e ora il telefono.
«Prima o poi ammazzo seriamente qualcuno.»
Messaggio da: Vecchia Donna
Oi Katsuki! Senti, mi ha telefonato Inko poco fa e mi ha detto che oggi il dottore vuole parlare con lei. Io l'accompagno, vieni anche tu vero? Non accetto un no marmocchio.
Sent - Arrived - ReadMessaggio da: Katsuki
Io non ci vengo.
Sent - Arrived - ReadMessaggio da: Vecchia Donna
Brutto moccioso, tu verrai. E non venirmi a dire scuse perché non mi importa se ci sono i tuoi compagni che ti vogliono mandare via. Se non lo fa Inko, loro non possono. Chiaro? Quindi oggi vieni. Punto e basta.
Sent - Arrived - Read«Tsk.» disse lanciando il cellulare per terra. «Non so più che cazzo devo fare.»
✧
Era arrivato in anticipo. Le aveva detto che non sarebbe andato, eppure era lì. Appena si diresse verso la camera numero 102 si fermò quando sentì qualcuno parlare. La conosceva quella voce e la odiava, forse era la più odiosa fra tutte. Capì subito chi fosse.
Che cazzo ci fa qua il bastardo a metà?! pensò il biondo.
Todoroki era seduto sulla sedia e Katsuki rimase dietro la porta ad ascoltare.
«Midoriya. Te lo avevamo detto. Ti avevamo detto di non andare, ma tu non hai dato ascolto a nessuno.» disse appoggiando la testa sul letto. «Eri già ferito e guarda come ti hanno ridotto. Non so più che pensare. Se hai fatto la cosa giusta aiutando l'altro gruppo o uno sbaglio pensando prima agli altri che a te stesso. Ti prego Midoriya... svegliati e continua a vivere. Per favore.»
Katsuki aveva il volto abbassato. Appena capì che stava per alzarsi, se ne andò in silenzio per poi raggiungere sua madre, Inko e il dottore.
«Signora quello che dobbiamo dirle è preoccupante. Il cuore di suo figlio batte solo una volta all'ora. Ormai da quasi 24 ore. Se non dovesse aumentare, anche di poco, saremo obbligati a staccare la spina e a lasciarlo andare. Prima però abbiamo bisogno del suo consenso. Mi... dispiace molto signora Midoriya, davvero...»
Tra un singhiozzo e l'altro Inko parlò. «I-Io non sono a-ancora sicura di voler accettare tutto questo dottore, ma se lei... se lei crede che così starebbe meglio... io voglio che mio figlio non, non soffra più del dovuto dottore.»
«Bene. Allora ho capito. Lei aspetti e alla fine delle 24 ore le sapremo dire. Con permesso.»
«Inko...» disse Mitsuki avvicinandosi. «Vieni qui dai. Stai tranquilla, shh..» disse abbracciandola.
«Io non... non voglio perderlo Mitsuki! Non voglio! Non voglio! Non posso...»
Sapeva che avrebbe fatto meglio a restare chiuso in camera sua. Ma appena usciva come discorso Izuku, lui voleva sapere. Una volta rientrato al dormitorio, non fece caso agli altri che tentarono di parlargli e se ne andò in camera sua.
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My Healing || bakudeku
Fanfic➥ | 𝗰𝗼𝗺𝗽𝗹𝗲𝘁𝗮. Stava correndo verso l'uscita, ansimava e si lamentava per il dolore che provava. Ma non gliene importava perché quel dolore non era niente in confronto a quello di un amore perso. Correva sempre di più finché non vide la sua...