32. Mi manchi

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➳𝒥𝒶𝒸𝑒
16 Novembre, 07:00 am.
Ragazzi, che nottata. Siamo negli appartamenti dei rniei, e l'unico posto in cui possiamo consultare liberamente quei libri, dato che i miei sono a lezione e mia sorella da nostra nonna. Ieri notte alla fine abbiamo 'preso in prestito" quei tomi, eravamo riusciti solo a leggerne uno ciascuno tanto erano indigesti. Ogni creatura un conato di vomito, una smorfia di orrore o peggio ancora. -Ok, perche abbiamo fatto colazione?- William si lascia cadere il libro sulla faccia, coricato nel divano. Forse vuole imparare tutte le pagine semplicemente col tocco. James è sulla poltrona, e piu avanti rispetto a noi, io sul pavimento prendo appunti e sfoglio fogli pieni di inchiostro senza essere davvero concentrato. Raquel, la mia ragazza, la mia nuova famiglia è sparita chissa dove, rapita.
-Ci sono! Sono il miglioreeeee!- Indovinate, di chi e la voce?
-Will, ti ricordo che cerchiamo delle ombre, non cose simili.-
-E io ho visto ciò che cerchiamo- risponde offeso.
Mi alzo e prendo il libro che mi porge. Inizio a leggere ad alta voce.
-Non ho creato queste ombre, le ho solo trovate e usate per i miei scopi. Sono anime di dannati, di impuri morti e che mai trovarono pace. Vi sono due tipi: uno è più vaporoso, serve per la difesa, mentre quelli più solidi per l'attacco, ma soprattutto, per prenderli. Questo è solo una pagina del mio operato, scritta velocemente perché alcuni di loro stanno scappando. Devo trovarli. Il mio libro è al sicuro. E.S.-
Bene, ottimi pure gli enigmi. Ho mal di testa, sento le tempie martellare insistentemente contro il cranio e questo E.S. vuol pure giocare.
-Come è finito nei libri di Voldemort?- James pone una delle tante domande silenziose.
-Non ne ho idea, ma sembrano le ombre che riesco a evocare io.-
So farlo, è vero, ma non sono esattamente come quelle. E poi cosa c'entrano con Raquel?
-C'è solo un posto in cui andarle a cercare e intendo andarci.-
-Quando?-
-Ora-
-Jace.- Will si alza e mi prende il polso per bloccare la mia avanzata verso la porta -Siamo tutti preoccupati, ma non possiamo buttarci a capofitto in cose che non conosciamo. Troveremo Raquel.-
Si, la troveremo.
Fosse l'ultima cosa che faccio, la troverò.

 Fosse l'ultima cosa che faccio, la troverò

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➳𝕽𝖆𝖖𝖚𝖊𝖑
16 Novembre, 7:30 am.
Andiamo tutti verso la sala per fare colazione, io e Kevin non ci allontaniamo, anzi, rimaniamo sempre vicini. Non dobbiamo separarci.
Entriamo nella sala da pranzo, ci sono tavolini tondi da tre, da quattro e da cinque, poi una tavolata con il cibo. Io vado a prendere un tavolo e mi siedo, mentre mi faccio aria con un tovagliolo.
Non va per niente bene.
Sarà difficile fuggire.
Kevin torna poco dopo, con dei cornetti e una ciambella, che posa sul tavolo prima di sedersi vicino a me. Non ho per niente fame, anzi, ho lo stomaco chiuso e la nausea. Opto per un bicchiere di succo di frutta che ha portato.
-    Ti ricordi qualcosa? – sussurro.
-    Mi è tutto familiare, ma niente. – sussurra di rimando senza guardarmi. E' la stessa cosa per me, ormai ho chiaro ciò che è successo nella mia mente.
Un incantesimo sta bloccando i miei ricordi.
Sussulto appena sento un saluto, e alzo lo sguardo. La ragazza corvina che ho notato prima è in piedi davanti a noi e ci sorride solare.
Non sembra spaventata dalla situazione.
-    Scusate se vi disturbo, è che... Mi siete familiari – sussurra intrecciando le mani dietro alla schiena – come vi chiamate? –
-    In realtà anche a noi sei familiare – dice il ragazzo seduto accanto a me senza guardarla – sono Kevin. –
-    Io Raquel – dico sorridendo debolmente.
Lei spalanca gli occhi e sorride di più.
-    Quel Kevin e quella Raquel? Io sono Iris! –
Sento uno sblocco nel mio cervello, poi mi fischiano le orecchie. Mi si oscura la vista, e vedo tante immagini di Iris che mi sorride, che gioca con me a scacchi, che si allena con me.
Ho ricordato.
Anche Kevin ha lasciato cadere il cornetto che stava per addentare.
-    Cavolo... - sussurra il corvino – ricordo... -
-    Appena avete detto i vostri nomi ho sentito uno sblocco – dice Iris toccandosi la testa, confusa.
Annuisco, e improvvisamente mi sento completamente a mio agio con lei.
Ora è come se non mi fossi mai dimenticata, lei è mia amica.
Le faccio segno di sedersi e lei accetta sorridendo.
-    Come state? Vi ricordate qualcosa...? –
Scuoto la testa, e anche Kevin borbotta in segno di dissenso.
Lei ride vedendo la sua faccia, non sembra preoccupata, ma sono sicura che sotto sotto anche lei ha paura.
Si sente un fischio dagli autoparlanti:
-    Comunicazione di servizio: Gli studenti oggi avranno la giornata per memorizzare gli orari e la piantina. Da domani inizieranno le lezioni nella palestra, che si trova al secondo piano. Buona giornata. –
Io mi alzo e Kevin mi segue. Impareremo gli orari e la piantina, e poi...
Il piano di fuga.
Sorrido ad Iris e la guardo negli occhi.
-    Vieni con noi, come i vecchi tempi? –
Le si illumina lo sguardo e si alza anche lei per poi seguirci. Andiamo nella camera mia e di Kevin, la numero 404 al quarto piano. Ogni porta ha raffigurato un simbolo: noi abbiamo la spada. Entriamo dentro e iniziamo a memorizzare gli orari, tutti e tre scherziamo nonostante la situazione.
Mi sembra di rivivere un dejà vu, questi momenti sono già successi molte altre volte. Chissà come facevo un tempo a sopportare tutto questo.
Quando è l'ora del coprifuoco, dopo essere andati a cenare nella sala, Iris va via augurandoci la buonanotte.
La saluto come se fosse mia amica da tempo.
In effetti è così, solo che fino ad adesso non lo ricordavo.
Io e Kevin rientriamo e ci mettiamo il pigiama. Dopo essermi lavata i denti e pettinata i capelli, torno in stanza per organizzare con lui la fuga.
Mi avvicino al ragazzo: Kevin sta guardando la scrivania, sta carezzando la copertina di un libro. Alza lo sguardo su di me.
-    Vuoi che ti legga una storia prima di andare a dormire? –
Leggo il titolo "Il bambino e l'albero".
Sento uno sblocco, come con Iris.
E poi vedo.
•   
Io e Kevin siamo sdraiati sul letto sopra, io su di lui. Il corvino tiene in mano un libro e allo stesso tempo mi sta stringendo.
-    Vuoi che ti legga una storia prima di andare a dormire? – mi chiede aprendo il libro.
-    Sì leggimela per favore. – dico io mettendomi comoda.
-    C'era una volta un bambino che aveva letto in un libro come piantare gli alberi. Allora lui piantò una piantina in cima alla collina dietro casa. Quando diventò grande, si mise sotto la sua chioma con la schiena contro il tronco, ormai il bambino era diventato un ragazzo. Da quell'albero prese ispirazione dal fruscio del vento tra le foglie per scrivere una canzone con la chitarra. Così, diventò un musicista famosissimo, visse la vita al meglio, e quando morì, chiese di essere sepolto sotto alle radici dell'albero, ormai vecchio come lui. Fine. –
-    Che brutta fine! – dico io mettendo il broncio, Kevin posa il libro per abbracciarmi.
-    E che ci posso fare io, brontolona? – dice lui sospirando divertito – mica è colpa mia. –
-    Non è giusto, cambio il finale! –
-    Hai sopportato questo finale per ogni sera, Raqui. E poi ha vissuto bene la sua vita. Immagino fosse ricco – dice lui coricandosi, senza allontanarsi da me.
C'è il silenzio.
-    Kev – sussurro contro la sua maglia.
-    Che c'è rompiscatole? –
-    Tu hai un tuo albero, come quel bambino? –
Lui rimane un attimo in silenzio, poi sussurra.
-    Sì. Te. –
•   
Mi risveglio dal ricordo, poi guardo Kevin negli occhi appena sento una stretta al cuore e qualcosa solleticarmi la guancia.
Stiamo entrambi piangendo, tutti e due abbiamo una mano posata sulla copertina colorata del libro, che raffigura l'albero e un ragazzo seduto con la schiena contro il tronco.
-    Sì, leggimela per favore. Mi manchi-

The queen burned by the flame of loveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora