37: La Gara.

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Nei primi giorni di vacanza, in cui mio fratello è chiuso in casa a studiare per l'esame, io cerco in tutti i modi di passare più tempo possibile lontana dall'atmosfera infernale. Max e Camilla studiano tutto il giorno in un silenzio di tomba e guai a fare anche solo il minimo rumore. Per questo motivo cerco, quando posso, di portare con me anche Robin, non riesce ovviamente a stare tranquillo dentro casa e non voglio che Max gli lanci contro qualche libro. 

Con i muscoli delle gambe tremanti, il cuore ancora intento a recuperare il suo normale ritmo e il sudore che esce da tutti i pori del mio corpo, entro all'interno della vasca, riempita con sali e acqua fredda, e chiudo gli occhi, mentre lascio uscire dalla bocca un lieve sospiro di piacere. Sono certa che l'ultimo giorno di allenamenti non me lo dimenticherò mai.

La gara ormai è alle porte, domani ci sarà la festa dei maturandi e io non credo di essere del tutto pronta. I ragazzi delle altre scuole sono degli atleti nati, mentre io un bradipo a cui è stato imposto di correre. A volte parlo alla mia famiglia o ai miei amici dell'ansia che mi sovrasta in questi giorni ma nessuno di loro riesce a comprendere a pieno.

"Dai che ce la fai non preoccuparti", "l'importante è partecipare", "farai del tuo meglio".

Sono le frasi che mi ripetono, ma io non voglio sentirmi dire questo. È ovvio che farò del mio meglio, ma... questo non sarà abbastanza. Ho bisogno di parlare con una sola persona, ma questa è lontana non so quanti chilometri.

L'ansia e la tensione hanno formato un blocco nel mio stomaco e a cena, nonostante i miei continuino a dire che mi servono forze per domani, non riesco a mangiare altro che una mela.

Per rilassarmi mi sdraio sul divano insieme ai miei due fratelli minori che, ovviamente, hanno il completo controllo del telecomando e, ovviamente, decidono di guardare i Pj Mask, o meglio, Robin decide, mentre Gilbert cerca di masticare il telecomando.

Non riesco neanche a capire di cosa parla l'episodio che subito mi addormento.

Mi sveglio di soprassalto a causa di una serie stranissima di sogni, i quali dopo neanche due minuti, già non ricordo più. Quando riapro gli occhi sono ancora sul divano, ma ora intorno a me è tutto buio, se non fosse per una piccola luce rosa che teniamo affinché nessun si faccia male la notte.

Mi dirigo verso la finestra e vedo la vicina di casa, con Dobby al guinzaglio, vicino a un lampione, e capisco che sono le 3:30 del mattino, mi piego un poco e riesco ad intravedere una macchina, le luci dentro di essa sono accese e delle ombre si muovono con rabbia, suppongo che lì dentro si stia svolgendo un litigio non da poco.

Bevo velocemente un bicchiere di latte prima di tornare sul divano (perché le scale proprio non ho intenzione di farle), ma ai borbotti proveniente dal mio stomaco rimpiango di non aver ascoltato i miei genitori a cena.

Chiudo gli occhi e mi giro da un lato. Poi dall'altro. Poi mi inverto e metto la testa dove prima stavano i piedi. Alzo una gamba sulla spalliera del divano. Allungo le gambe verso il pavimento. Mi lascio cadere a terra. Niente, non riesco più a recuperare il sonno.

Così afferro il libro che ho preso in prestito dalla piccola libreria di Dave. In questi ultimi mesi, per distrarmi dalla realtà, ho finito di leggere tutti quelli che avevo e rimasta senza nulla chiesi a Valeria se aveva qualche libro da prestarmi.

«Vai in camera del tuo ragazzo e prendi quello che più ti ispira, quelli che gli sono piaciuti di più li tiene nel cassetto.» Rispose.

Entrata in camera sua mi avvicinai al comodino, su cui vi era ancora appoggiato Il Visconte Dimezzato. Lo afferrai con delicatezza e feci scorrere velocemente le pagine, finché non si fermarono improvvisamente a causa del segnalibro. Lo afferrai tra le mani e sorrisi nel vedere una Polaroid che ci eravamo scattati alla Macchina Del Tempo.

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