30: Adesso Basta.

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Di soprassalto mi sveglio, il fiato corto e il cuore in gola per l'ennesimo incubo. Mi metto a sedere sul letto cercando di regolarizzare il respiro mentre mi asciugo il sudore dalla fronte.

Sbuffo, so già che non riuscirò a prendere sonno con facilità.

Mi affaccio sul balcone della mia camera, come quasi ogni sera da ormai due mesi. Le campane della chiesa suonano le 3:00 del mattino e, puntuale come ogni altro mercoledì notte, Rosa, la figlia quattordicenne dei nostri vicini, sgattaiola fuori, facendo meno rumore possibile. Raggiunge una macchina nera, parcheggiata due lampioni più avanti il suo cancello di casa.
Una mezz'ora dopo, Lisa in vestaglia, porta fuori Dobby, il suo cane, per fargli fare i bisogni, mi fa un cenno della mano che ricambio sorridendo.

Guardo lo spicchio di luna che regna alto nel celo, fiero e silenzioso. Sotto le stelle, illuminata dalla luce gialla del lampione, mentre gioco con la collana che mi ha regalato Dave, so benissimo cosa c'è che non va. Vorrei urlarlo ai quattro venti e svegliare tutta la città, oppure semplicemente confidarmi con Lisa, che con quella sua vestaglia ha l'aria di una persona che sa essere molto saggia alle 3:30 del mattino, o anche col suo cane Dobby che invece sembra un ottimo ascoltatore. Credo anche che se mi intrufolassi nella macchina nera, quei due smetterebbero di fare qualsiasi cosa essi stiano facendo e mi ascolterebbero con calma, dandomi i consigli più strani e facendomi ridere e dimenticare questi brutti pensieri. Tutto ad un tratto, ho una strana voglia di fare amicizia con la quattordicenne Rosa che ora, alle quattro del mattino, barcollando esce dalla macchina e torna verso casa senza preoccuparsi troppo del rumore.

Sono tornata ad essere sola, al balcone, con lo sguardo rivolto verso il cielo nero puntinato d'oro. L'unica persona che può mettere fine a tutto ciò non c'è e non so quando tornerà e se, quando tornerà, sarà tutto come prima.

Il rumore della porta del bagno che si chiude mi fa rientrare in camera, sto qualche secondo immobile, senza fare alcun rumore per capire se devo intervenire o meno. Camilla, ormai nostra ospite da quattro mesi, ha iniziato a far parte della famiglia, mamma l'ha accolta come se fosse sua figlia e io come se fosse mia sorella. A volte il suo sonno viene disturbato dal vomito, si alza e corre in bagno, reggendosi la pancia che inizia ad affacciarsi con prepotenza dal suo corpo. Ora è uno di quei momenti.

Scalza raggiungo piano il bagno ed aprendo silenziosamente la porta vado a reggerle i capelli.

«Non devi farlo per forza» sussurra aggrappandosi al water, ormai pulito, una volta che si è ripresa.

Le sorrido «è il minimo.»

Spesso prova a chiedermi qualcosa, nella vana speranza di farmi sfogare, mi rassicura con parole dolci, circa Dave e la strana situazione, mi chiede se è lui che mi fa sentire così, se è la lontananza, ma non rispondo mai. Così anche lei ci rinuncia ed inizia a raccontarmi dei suoi genitori, per qualche secondo, tempo necessario per ricordarsi di come l'hanno rifiutata e cacciata, e torna al suo argomento preferito: mio fratello. Parla fino ad addormentarsi, parlare la rilassa e le fa bene, così non faccio mai domande ma ascolto silenziosa annuendo ogni tanto per farle capire che non mi sono addormentata.

Mi racconta di come si siano conosciuti al compleanno in spiaggia di un amico in comune. Lui l'ha subito conquistata con le sue battute scadenti.

«La prima che mi fece,» mi dice per poi essere costretta a fermarsi a causa delle risate «la prima battuta che mi fece, Mali, fu: "cosa dice uno spaventapasseri bugiardo? Dice le balle di fieno."»

La guardo scioccata, lei si è innamorata per questa cosa? Io lo sarei andata a denunciare!

«Oh, non guardarmi così! Ho riso tutta la serata!»

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