Capitolo 3

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INES POV

Sento delle chiavi girare nella toppa, il mio cuore batte all'impazzata, prendo la prima cosa che potrebbe essere un'arma per scagliarla contro al mio aggressore.
Sono anche talmente scema che gli sto facilitando il lavoro scendendo giù per le scale, chi osa entrare in casa mia senza il mio permesso?
Arrivo davanti alla persona che a me sembra sconosciuta, ma quando quest'ultima si volta rimango paralizzata con il cuore che batte a mille.
"E tu cosa ci fai qui?" Diciamo all'unisono.
Io ammazzo prima lui e poi mio fratello, doveva dirmelo che aveva dato la casa a Josh.
Doveva dirmelo, come ha fatto a dimenticare un dettaglio così importante?
"Si dia il caso che questa è casa mia" esclamo, mentre cerco di tenere a bada il respiro irregolare, gli ormoni, il fatto che stia tremando alla sua vista, la vita, il tutto.

È sempre stato bello, ma quell'accenno di barba che non ha mai voluto portare mi fa capire che si vede proprio che è diventato maturo.
Ed io l'ho perso.
"No questa è casa mia da vari mesi ormai" accenna ad una piccola risata.
"Io vengo qui durante la vacanze, questa è casa mia" ribatto ancora e ancora.
"Era casa tua, sul contratto di oggi c'è scritto Josh Turner" puntualizza.
"Poi la mia stanza messa così con le cose in aria, perché?" Aggiungo.
"La mia stanza" puntualizza ancora.
"Ho scelto quella camera perché è la più spaziosa ed è più grande da poter fare entrare dentro tutta la mia roba. Non che io debba darti spiegazioni.  Avrei voluto dare le tue cose in beneficenza ma visto che sei qui te le puoi anche riprendere e andare" mi indica la porta.
"Ma chi ti credi di essere? Questa è casa mia ed io sto qui" punto i piedi per terra.
"Non voglio sconosciuti nella mia abitazione"

Quindi siamo questo ora? Due sconosciuti?
Incredibile come un tempo eravamo tutto ed ora non siamo più niente.
Siamo arrivati al punto di darci degli sconosciuti come se non avessimo mai avuto a che fare l'un con l'altro.
Ripeto: non gliene faccio una colpa, anzi tutt'altro.
Lo vedo benissimo il velo di un uomo triste e ferito e lasciato stare nel momento più schifoso della sua vita e per questo non mi perdonerò mai abbastanza.
"Potrei chiamare la polizia per questo. Potrei dire loro che ho una sconosciuta in casa mia che ha fatto irruzione. Ormai tu non comandi più nulla qui dentro" dice tagliente.

Cerco di mantenere la calma e respirare profondamente, in più non voglio dargliela vinta ma cambio strategia lo stesso.
"Solo per stanotte, non so dove andare" mi limito a dire.
"Da tuo fratello, in un hotel.  Ce ne sono di posti dove puoi andare" prende posto su una sedia e poi dalla sua valigetta del lavoro tira fuori delle scartoffie.
"Fai sul serio, Josh?" Rimango spiazzata dal suo comportamento nei miei confronti.
"Per quanto mi riguarda non ho più nulla da spartire con te" scrolla le spalle.
"Se tu mi dessi la possibilità di spiegare e ti dicessi come stanno le cose veramente non mi tratteresti in questo modo"  mi difendo.
"Ho aspettato sette anni e quattro mesi un tuo messaggio, una tua chiamata, un mail. Volevo sapere il perché del tuo comportamento. Ma sai che c'è? Non mi frega più ormai perché sto andando avanti con la mia vita. Sono ancora in tempo per recuperare il tempo perso." Puntualizza.
"Ah, e per stanotte stai qui, vedi di non fare baccano domani mattina quando te ne andrai; sai bene che odio quando vengo svegliato. In più  non voglio sentire volare una mosca da adesso in poi, devo sbrigare del lavoro"

Rimango paralizzata, non permetto che mi tratti in questo modo, so che è l'orgoglio a parlare, ma non me lo merito proprio per nulla.
"Come ti permetti razza di stronzo?" Urlo mentre vorrei già scagliargli qualcosa addosso.
Ma decide di non darmi risposta e continua con il suo lavoro.
Non c'è gusto. Non saprei nemmeno cosa dire dal momento che non vuole avere un minimo di dialogo con me.
Lo capisco in fondo, come ho detto è l'orgoglio a parlare.
Lego i capelli in una crocchia un po' disordinata, guardo il telefono, ascolto la musica per un po' ma alla fine mi sto annoiando.
Sono le dieci di sera, il mio stomaco brontola e ho fame.
"Josh" lo chiamo.
Non mi degna di uno sguardo.
"JOSH" urlo spazientita.
Quando alza lo sguardo i suoi occhi incontrano i miei.
"Ho fame" dico calma.
"Vuoi qualcosa in particolare?" Mi domanda.

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