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1977.

L'ho conosciuto due anni fa, non appena mi sono trasferita a New Orleans. Fino ad allora, avevo vissuto nella grande mela, sentendomi inadeguata, anormale. Ed è quello che ero. Solo quando mi trasferii, capii di non essere l'unica. Molti altri avevano avuto le mie stesse sensazioni, sopravvivendo ogni giorno alle stranezze della vita, sopportando gli sguardi indiscreti dei passanti. Apro gli occhi, ritrovandomi nel mio appartamento. Finalmente ho potuto comprare un posto che fosse solo mio, dove mi sarei potuta sentire a mio agio. Lui esce dal bagno, in boxer.

Il suo sguardo si posa su di me, i suoi occhi verdi mi osservano

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Il suo sguardo si posa su di me, i suoi occhi verdi mi osservano. "Ehi, piccola. Sei già sveglia". "Non riuscivo a dormire". Torna sotto le coperte, attirandomi a sé. "Allora, raccontami che cosa ti turba".
"Le solite cose".
"Lauren, sai bene che non puoi nascondermi nulla. Dimmi che cos'hai".
Prendo tempo, tirando un grosso respiro. "Ho fatto un sogno, era molto reale. C'ero io e c'eri anche tu. Ci trovavamo su un'isola, insieme a molti altri ragazzi come noi".
"Come noi?" ripete, come se non capisse a cosa mi riferisco. "Mutanti". Annuisce, afferrando il lembo delle lenzuola per portarlo sulla mia spalla.
"Era solo un sogno. Prova a dormire, ti porto qualcosa da mangiare non appena finisco il turno al locale". Remy si veste, salutandomi con un cenno della mano. Poso la testa sul cuscino, gli occhi fissi verso la finestra. Chiudo le palpebre, sperando di prendere sonno. Nel giro di pochi minuti, la stessa immagine di stanotte mi si balena davanti agli occhi, ma questa volta è diverso. L'immagine è più nitida. Posso vedere chiaramente le persone che erano insieme a noi e mi sembra persino di conoscerne alcuni. Scaccio quei pensieri assurdi, vestendomi in fretta. Resto tutta la giornata fuori casa, cercando di liberare la mente. Devo ancora trovarmi un lavoro decente, che non mi faccia saltare la copertura come l'ultima volta. La verità è che i miei poteri sono imprevedibili, quindi non riesco a controllarli pienamente. Dopo un paio di giri dell'isolato, raggiungo il locale dove lavora Remy. Mi vede da sopra il bancone, sorridendo. "Che ci fai qui? Non ti aspettavo".

 "Che ci fai qui? Non ti aspettavo"

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"Sorpresa, mi mancavi". Remy si sporge, baciandomi. "Tra poco stacco. Andiamo a cena fuori?". Mi limito ad annuire, vedendolo sparire dietro la porta del magazzino. Mi siedo sullo sgabello, chiedendo un drink al suo collega.
"Com'è andata stasera?".
L'uomo alza gli occhi al cielo, sogghignando. "Il tuo ragazzo ha sbancato, come al solito. Inizio a pensare che abbia qualche trucco sotto mano".
Certo che lo aveva, ma nessuno doveva venirne a conoscenza.
"O forse, è solo fortunato. Sia nel gioco, che in amore a quanto pare". Forzo un sorriso, capendo che è ubriaco. Comunque, l'essere sobrio non lo fermerebbe, perché ci prova ugualmente con tutte. "Ehi, Dave. Lascia in pace la mia donna". Remy torna da noi, cacciandosi il capello in testa. Dave alza le mani, allontanandosi. "Passo più tardi per la chiusura della cassa. Non incendiatemi il locale" ordina ai suoi dipendenti, mettendomi il braccio sulla spalla.
"Amo il tuo essere autoritario. Mi affascina". Lui sogghigna, serrando le labbra.
"Dove vuoi andare stasera?".

[...]

Al termine della nostra serata romantica, torniamo al suo lavoro e lo aspetto all'esterno, guardandomi intorno. New Orleans è stupenda, specialmente di notte quando si accendono le luci. Di solito mi piace mettermi fuori al locale di musica jazz e ascoltare la melodia, restando a distanza dalle persone. In una sera come quelle, ho conosciuto Remy. Remy LeBeau, un ragazzo appena trentenne con una strana abilità.

Forse è proprio quella che ci ha uniti, l'essere diversi insieme

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Forse è proprio quella che ci ha uniti, l'essere diversi insieme. Prima di me, ha ammesso di essere stato un impenitente seduttore, ed ha usato lo stesso trucco con tutte. Mi ha invitata a giocare a poker insieme a lui, ed ho perso. Dopodiché, per farsi perdonare mi ha offerto un drink, invitandomi a ballare. Ho accettato, perché mi sono sentita immediatamente attratta da quell'uomo insolito, dagli abiti eleganti e dallo sguardo intenso sotto al cappello borsalino. Danzando con lui ho capito subito che era diverso, come se fossimo stati destinati ad incontrarci. Qualche giorno dopo, l'ho ritrovato nello stesso locale, seduto al tavolo da poker. "Posso dare le carte?" gli domandai, passandogli accanto. Lui mi guardò dalla testa ai piedi. Non appena incontrò i miei occhi, rammentò. "Mi dispiace, piccola. Sono sempre io il mazziere".
"E non hai mai pensato di partecipare come semplice giocatore? Magari smetteresti di vincere. Facciamo una scommessa". Il suo sguardo cambiò. "Adoro le scommesse" commentò, invitandomi a sedermi difronte a lui. Mi passò le carte, tenendo gli occhi fissi su di me. "Devo insegnarti come si fa?".

 "Devo insegnarti come si fa?"

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"Non serve. So cosa fare". Cominciai a distribuire le carte coperte in senso orario, dando inizio al primo giro di scommesse.
"Non abbiamo parlato della ricompensa, se dovessi vincere la scommessa" mugugnò Remy, prendendo le sue carte. "Te lo dirò se vincerai". Rise sommessamente, convinto che avrebbe vinto. Non conosceva ancora le mie abilità e, di certo, non erano grandiose come le sue, ma lo avrebbero messo fuori gioco. Lui fu il primo giocatore ad aprire il giro, quindi puntò centocinquanta dollari in chip. I giocatori dopo di lui, furono obbligati a puntare altrettanto. Alla fine del giro, tutti si prepararono a girare le proprie carte per controllare chi avesse il punto più alto. In quel momento, misi in atto la mia abilità. Guardai Remy e dopo le sue carte. Cambiai la percezione della sua realtà, barattando ciò che aveva tra le mani con delle carte dal mazzo. Sgranò gli occhi e ricordo ancora oggi la sua reazione. La partita venne vinta da un altro giocatore, quindi Remy mi chiamò da parte.

"Ragazzina, cos'hai fatto poco fa?".
"Che cosa intendi?" mi mostrai perplessa, mentre lui mi afferrò il braccio.
"Avevo una scala colore e una doppia coppia".
"Non mi è sembrato. Hai perso". I suoi occhi chiari, divennero bui. "Come ci si sente a perdere?". Pensai che mi avrebbe ripresa, ma mi baciò frettolosamente, caricandomi di un'energia quasi sovrannaturale, che mi fece sentire indistruttibile. In quel momento, compresi la natura del suo potere. Poteva caricare di energia bio-cinetica persone e oggetti con la sola forza del pensiero, mentre io... Beh, il mio ruolo era leggermente diverso. Potevo sì, alterare la percezione della realtà ma anche altro. I miei poteri sembrano mutare con il passare del tempo e, a soli cinque anni, ho scoperto di poter addormentare le persone con un solo sguardo o semplicemente una parte del corpo, per questo il mio nome in codice è Lullaby.

𝐁𝐞𝐜𝐨𝐦𝐢𝐧𝐠 𝐚𝐧 𝐗-𝐌𝐞𝐧 | 𝐋𝐮𝐜𝐲 𝐁𝐨𝐲𝐧𝐭𝐨𝐧Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora