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1979.

Non è così male lavorare in un ufficio. Per la prima volta decido di dimenticare ciò che so fare, per poter finalmente avvicinare le persone. Ho conosciuto un paio di colleghe, che a loro volta mi hanno presentato dei ragazzi durante una festa degli impiegati. Tra di loro, Aaron e Ben Crawford, due gemelli che lavorano al piano sopra il nostro. Chiacchiero tranquillamente con loro e con gli altri invitati. Non sto avendo modo di usare i miei poteri, quindi mi sento come una normale ventiseienne, almeno per quelle poche ore che mi ritrovo a conversare con qualcuno. A fine giornata, quando torno a casa, ricominciano gli incubi. Sempre gli stessi, da due anni. Sono su una isola, prigioniera in una gabbia. Circondata da mutanti proprio come me. Molti di loro non si mostrano nel proprio vero aspetto. Hanno una specie di armatura, come mia sorella Raven. "Lauren, sei tornata" dichiara una voce profonda e inquietante. Avanza verso di me con passo pesante, il cappotto nero lungo, simile ad un becchino, i canini appuntiti, le unghie lunghe. È difronte a me e mi osserva, socchiudendo gli occhi. 

"Allora, perché sei di nuovo qui?"

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"Allora, perché sei di nuovo qui?". "Di nuovo?" ripeto, perplessa. "Ti conosco?". "Sì, ma non lo rammenti. Ti abbiamo cancellato i ricordi riguardanti l'isola". "L'isola?". Mi sento mancare la terra sotto i piedi. Perdo l'equilibrio, sperando di svegliarmi. "Dato che sei qui, dovrai farmi un favore". "Io non devo farti alcun favore. Sei un viscido". Sorride in modo agghiacciante, posando le unghie sulle sbarre. "Devi trovare mio fratello e portarlo qui". "Non ho intenzione di...". Allunga le mani verso la serratura, aprendo la cella. Avanza lentamente verso di me. "Non ci penserò due volte a tagliarti la testa. Trova Logan e portalo qui". Non comprendo a pieno che cosa ha intenzione di dirmi, ma non me lo faccio ripetere, perché non accetterò. Questo è tutto un sogno e sto per svegliarmi. "Tu non sei un normale essere umano, dico bene? Stai nascondendo dei poteri qui dentro..." picchietta l'unghia del dito indice sulla mia tempia. 

"Non importa

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"Non importa. Saranno sicuramente dei poteri banali ed io ti lascerò in pace per questo, ma dovrai fare quello che ti dico...". "Basta!" gli urlo contro, ritrovandomi in camera mia. Sono sveglia, lucida ma non completamente conscia.

[...]

Passano i giorni ma la mente torna sempre a quel momento, in cui ho sognato l'uomo in nero con le unghie simili a delle sciabole. "Stasera te ne vieni con noi al nuovo night club in centro" mi sussurra Ben Crawford in mensa, durante la pausa pranzo. "Quale night club?". "Lo hanno aperto solo due settimane fa, ma è già decollato. Ti piacerà di certo. Ti insegnerò a giocare a poker". Alzo gli occhi al cielo, passando davanti ad una ciotola di fagioli. "No, grazie. Ho rinunciato al gioco d'azzardo". Raggiungo Cassandra, una delle mie colleghe, quella che considero come una sorella. Ovviamente non sa di me, non sa nulla della mia famiglia. Sa solo che sono di New York e che sono rimasta orfana a diciassette anni. "Ben mi ha parlato di una serata. Non ci vado se tu non puoi". "Certo che posso" si limita a dire, buttando giù un bicchiere di gazzosa. "Non dico mai di no ad una festa". 

La sera arriva troppo in fretta ed ho pochissima voglia di uscire

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La sera arriva troppo in fretta ed ho pochissima voglia di uscire. Sempre meglio che dormire e avere gli incubi. Mi vesto svogliatamente, indossando un vestito per la prima volta dopo due anni. Aaron passa a prenderci con la sua Cadillac Eldorado, un vero sogno color rubino. Lui e suo fratello sono entrambi eleganti, persino Cassandra. Comprendo di aver fatto bene a comprare un abito nuovo. Lasciamo l'auto in un parcheggio, proseguendo a piedi lungo la via principale. Ci facciamo spazio tra la folla, tenendoci per mano l'un l'altro per non perderci di vista. "Ci siamo!" urla Ben per farsi sentire oltre la musica alta. Non appena entriamo, percepiamo l'odore di tabacco e sigari. Un branco di ragazzi ubriachi ci impedisce il passaggio. I nostri amici ci fanno da guardie del corpo, evitando agli altri di avvicinarsi. Ci sediamo al bancone, ordinando un cocktail ciascuno. "Niente male, vero?" domanda Ben indicando il palco. Mi limito ad annuire, guardandomi intorno. 

Ci sono due tavoli da poker e una folla di persone incentrate su di entrambi, a godersi lo spettacolo

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Ci sono due tavoli da poker e una folla di persone incentrate su di entrambi, a godersi lo spettacolo. "Chi c'è lì?" chiedo ad Aaron. Lui fa spallucce. "Ho sentito dire di un ragazzo che sbanca sempre a poker. Forse si tratta proprio di lui". All'improvviso ho lo stomaco attorcigliato, un forte senso di nausea. Non vorrei più sentir parlare di ragazzi che giocano a poker. "Vieni con me, andiamo a vedere". Agito le mani, rifiutando il suo invito. "Resterò qui a godermi il mio drink". Lui va via lo stesso e lo vedo sporgersi sul tavolo da gioco. Chiacchiero con Cassandra, muovendo il capo a ritmo di musica. Dopo una buona mezzora, Aaron torna da noi. "Wow, è un grande quel Gambit!". Quasi mi soffoco al suono di quel nome. "Come lo hai chiamato?". "Gambit! Ha detto che lo hanno soprannominato così in prigione, perché sbancava sempre nel gioco d'azzardo". Senza rispondergli, balzo in piedi andando verso il tavolo da poker. Qualcuno si è permesso di rubare l'identità a quel farabutto del mio ex. Appena sono a pochi metri da lui, lo vedo giocare con le carte come se fosse una magia. 

"Remy?"

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"Remy?". Mi manca il respiro intanto che lo vedo voltarsi lentamente. Ha il cappello in testa, una camicia viola e le sue dita affusolate si rigirano le carte. I nostri occhi si incrociano. "Lauren?" si appoggia alla sedia, sconvolto. Le mani mi prudono e istintivamente gli tiro una sberla in piena faccia, poi corro via lasciandomi le grida dei miei amici alle spalle. 

𝐁𝐞𝐜𝐨𝐦𝐢𝐧𝐠 𝐚𝐧 𝐗-𝐌𝐞𝐧 | 𝐋𝐮𝐜𝐲 𝐁𝐨𝐲𝐧𝐭𝐨𝐧Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora