Capitolo 15

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Laura
5 Dicembre 1927
Laura si accasciò sul letto sconsolata.
Ora che ci pensava tra due giorni sarebbe dovuta partire per Parigi e non sapeva neanche da dove iniziare la sua ricerca.

"Gesù, perchè ho accettato?" Esclamò portandosi una mano al viso.
 Si stava abbandonando ad un urlo isterico quando si accorse che tra meno di mezz'ora avrebbe dovuto avere un pranzo con Lucy, Tom e la piccola Sybil.
Velocemente corse verso l'attaccapanni dove appesa c'era la sua giacca blu notte, quella che usava solo per le occasioni importanti, e dopo essersi truccata con un filo di rossetto uscì di casa.

Di una cosa era certa: odiava il tempo di Londra, sempre così piovoso e così umido da provocarle forti mal di testa.
Per fortuna la casa di sua sorella non era molto lontana, se la cavava con un quarto d'ora a piedi.

Certo, poteva sempre smaterializzarsi davanti alla dimora, ma non si era ancora abituata a tutto quel sottosopra e rischiava sempre di vomitare quando lo faceva.

Laura amava casa Lupin, era sempre piena di gioia e per lei era un piacere andarci, almeno quando Lucy non cercava di farle un un interrogatorio di quinto grado.
Quando arrivò davanti alla porta di legno, tirò un sospiro e suonò il campanello.
"Tom, porta Sybil qua sotto, è arrivata Laura."
Laura sentì la maniglia abbassarsi e delle braccia intorno al collo: "Che bello vederti! La tua nipotina non vedeva l'ora che tu arrivassi."
La donna sorrise alla sorella, togliendosi il cappotto.
"Lascia pure la giacca a Jane, Tom stava aiutando Sybil a vestirsi, tra un momento scenderanno."

Laura diede l'indumento alla cameriera e fu portata nel salotto della casa.
"Zia?" Una piccola bambina sui sette anni apparve sulla soglia della stanza.
"Ecco la mia bambina preferita!" Esclamò Laura allargando le braccia, "Vieni qui a darmi un bacio!" Senza dirlo nemmeno Sybil corse verso di lei e l'abbracciò.
"Come sei diventata grande!" La bambina sorrise, "Ho proprio un regalino per te." Disse Laura, tirando fuori dalla borsa un sacchetto di stoffa.
Sybil ringraziò e cominciò ad aprire  il regalo. Lucy guardò Laura mimando con le labbra un "La vizi troppo", a cui lei rispose con un "Sono sua zia, fammi fare il mio lavoro".
"È un orsacchiotto!" Esclamò la bambina, prendendo in mano il pupazzo.
"Esattamente, ma non è un orsacchiotto qualunque: era il mio di quando avevo la tua età, mi ha seguito anche quando sono andata a Hogwarts. Credo che ora sia il momento di darlo a te." 
"Grazie, zia." 
"È solo un pensierino." Rispose Laura accarezzando la nipotina sulla testa.

"La mia giornalista preferita è arrivata e nessuno mi ha detto niente?"
La donna sorrise vedendo la comparsa di Tom: "Mi dispiace veramente tanto signore!"
"Ti obbliga veramente a chiamarlo così?" Chiese Lucy ridendo.
"No, quando nessuno ci vede posso anche prendermi il lusso di dargli del tu."
Le due scoppiarono in una risata, mentre Tom alzò gli occhi al cielo: "Invece di prendermi in giro potreste recarvi a tavola, Jane ha preparato il pranzo."

La famiglia si riunì a tavola scherzando e parlando.
"Ah Laura, ti devo dire una cosa importante…" Disse Lucy distogliendo gli occhi dal suo piatto, "Tra qualche giorno dovrò partire per Parigi per un caso."
"P-Parigi?" Chiese Laura, sgranando gli occhi.
"Sì, gli indizi ci portano lì."
"Esattamente, quand'è che parti?"
"Tra due giorni." Rispose la sorella.

Fantastico, pensò Laura, ci mancava solo un incontro inaspettato tra sorelle.
"Avete saputo di Newt?"
"Cosa?" Le due sorelle diedero tutta la loro attenzione a Tom.
"A quanto pare una rivista ha detto che sarà lui il marito di Leta Lestrange."
Laura non riuscì a trattenersi e incominciò a ridere, la sorella maggiore non approvò e la guardò severamente: "Non c'è niente da ridere, prima o poi queste riviste rovineranno la vita a qualcuno."

Lucy fece per alzarsi dal tavolo per aiutare Jane ad sparecchiare, ma le sue azioni furono interrotte da un giramento di testa: la donna, per non cadere, si aggrappò al tavolo chiudendo gli occhi.
"Lu stai bene?" Chiese il marito, dirigendosi verso di lei e mettendole una mano intorno alla vita.
"Credo che sia solo un po' di pressione bassa." disse la donna sorridendo debolmente, "Vi dispiace se vado a stendermi?"
"Vai pure." Le diede conferma Laura.
"Mi preoccupa molto," Tom si sedette a tavola, "non è la prima volta che succede."
"Non è niente Tom, sarà lo stress." Cercò di rassicurarlo Laura.

"Parlando di altro…" Nel viso dell'uomo apparve un sorrisetto malizioso, "Hai chiesto le ferie natalizie esattamente nei giorni  della missione di Lucy, c'è qualcosa che dovrei sapere?"
"Ti chiedo solo un favore Tom, non ne parlare con Lucy, è una cosa personale."
Tom alzò le spalle: "Farò del mio meglio, ma qualsiasi cosa sia non ti cacciare nei guai."
Laura sorrise: "Chiedi troppo."

"Papà?"
La piccola Sybil si sedette al suo posto a tavola.
"Sì tesoro?"
"La mamma mi aveva promesso di portarmi al parco oggi, visto che non sta bene mi porti tu?"
Tom guardò l'orologio a pendolo della cucina: "Mi dispiace Sybil, ma devo preparare del lavoro, mi porterà via molto tempo."
"Posso portarti io." Disse Laura alzandosi da tavolo.

"Sei sicura?" Le chiese Tom.
"Questa povera bambina è stata tutta la mattinata a leggere delle poesie con Jane, credo che un po' di svago le possa fare solo che bene."
"Ma-"
"Non voglio sentire altro." Lo riprese Laura, "Sybil vai a prendere il cappotto."
"Addio alla mia reputazione da genitore." Esclamò Tom alzando le mani al cielo.
"A dopo papà." Disse la bambina salutando con la mano.

E così le due uscirono di casa.
Sibil saltellava, tenendo per mano la zia e con l'altra l'orsacchiotto; Laura la guardò per qualche istante: la piccola aveva un berretto di lana slargato, che le copriva i capelli ricci e che le dava un aspetto molto buffo.
"Vuoi andare nel parco in fondo alla strada? Ci sono un sacco di bambini con cui giocare."
"Preferisco quello dietro casa nostra," Rispose Sybil, "Non mi piacciono i posti con troppa gente."

"Come vuoi." La assecondò Laura guardandola stranita.
Questa caratteristica mi è piuttosto familiare, pensò la donna ricordando Lucy.
Quando arrivarono al parco Laura fu piuttosto sorpresa che a dei bambini potesse piacere un posto del genere: era abbastanza piccolo, coperto da così tanti alberi che la luce del sole non riusciva a passare.
Non c'era nessuno, a parte una bambina bionda sull'altalena.
"Posso andare?"
Laura, ancora un po' inquietata guardò la nipote: "Sì, ma non ti allontanare, io sono nella panchina dietro allo scivolo."

Sybil annuì e andò ad attaccare bottone con la bambina sull'altalena.
Laura si diresse verso la panchina: seduto in essa c'era un uomo che leggeva un libro.
"Posso sedermi?"
"Certamente!" Disse lui.
Laura scrutò per qualche secondo la figura che aveva davanti: "Henry? Henry Malfoy?"

"È il mio nome, ci conosciamo?"
La donna alzò le spalle: "Conosceva una mia amica, il nome Hilary Smith le dice qualcosa?"
Sentendo quel nome l'uomo deglutì rumorosamente: "Oh sì, tu allora dovresti essere Laura, voi due eravate inseparabili ai tempi."
Laura sorrise: "Siamo ancora molto amiche."
"E dimmi…" Incominciò Henry, "Quella bambina è tua figlia? Vedo che va molto d'accordo con Margaret."
I due si soffermarono a guardare le due bambine: sembravano conoscersi da una vita da come erano in sintonia.
"Non è mia figlia, è mia nipote."

"Vedo che sei rimasta in Inghilterra, da quel che mi diceva Hilary volevi ritornare in Italia."
Laura alzò le spalle: "Mi sento meno fuori luogo qui."
Malfoy cominciò a ridere: "Sai, è lo stesso ragionamento che ha fatto mia moglie."
"È straniera?"
"È Italiana, come te."
Laura fu sorpresa a sentire quelle parole: 
"Credevo che ti avessero dato in sposa un'inglese, almeno le voci dicevano così"
"Avrei dovuto sposare Sophia Jones," Disse lui, "ma per un fraintendimento non è stato possibile, è stato risolto dopo il mio matrimonio."
Laura si sentì leggermente disgustata da quelle parole, ma in fondo le famiglie purosangue facevano così. Se fosse rimasta in Italia anche lei sarebbe stata trattata come un oggetto, spostata tra varie famiglie per trovare il marito giusto.

"La scuola italiana era piuttosto piccola, se mi dice il nome di sua moglie forse potrei riconoscerla."
Henry guardò qualche metro più in là: "O forse potrei presentarla direttamente, sta proprio venendo verso di noi."
I due si alzarono per andare in contro alla bellissima donna e quando Laura la riconobbe non poté credere ai suoi occhi.
Capelli dorati, occhi color del mare e una eleganza unica.
No, pensò Laura presa dal panico, non può essere lei.
Henry le diede un bacio sulla guancia e la portò verso Laura: "Laura, ti vorrei presentare mia moglie…"
Laura non riusciva più ad avere il controllo delle sue emozioni,  riuscì a dire solo una parola: "Cloe."

Rose, papaveri e snasi ribelliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora