capitolo trentanove - i fuochi d'artificio

64 4 0
                                    

Il freddo della notte la fece rabbrividire: colpi incessanti di botte e fuochi d'artificio coloravano la camera da letto dove giaceva.
Sentiva il tocco leggero dei calici di champagne e stringeva la seta calda delle lenzuola.
Indossava ancora i sudici vestiti di quando si addormentò.
Cercò di alzare il capo: la testa le parve pesante e non riusciva a muovere completamente il petto.
"Jonn" sussurrò con tutte le forze.
Aprì gli occhi.
Quelle luci, lo scoppio dei bicchieri, le risate, i vestiti eleganti: era Capodanno.
"Jonn" ripetè a voce più alta.
Scorse sul proprio braccio sinistro un nuovo simbolo, ma non vi diede peso: era abituata ad avere delle cicatrici accanto al polso.
Sentì dei passi avvicinarsi e capì subito che si trattasse del suo Jonn.

Il suo sguardo si illuminò quando si fuse con quello stanco della ragazza.
"Hey, come stai?"
Le mise una mano sotto il collo e una sulla schiena per aiutarla ad alzarsi.
"Sto bene, adesso. Credo che essere un dannato abbia anche dei benefici"
Abbozzò un sorriso; Jonn non resistette a quell'incurvatura sul auo volto.
Si gettò delicatamente su lei e la strinse a sè.
Centinaia di fuochi d'artificio esplosero mentre lo stomaco ribaltò: capriole infinite come le palline di un giocoliere.
Poi gli venne in mente dell'orrenda scoperta fatta giorni prima da Lucifer: lei era un angelo mortale.
Era fragile, ma non impotente.
Gli angeli erano vulnerabili ma in grado di uccidere colui che si ama nonostante il sentimento.
Seppur i dannati potevano amare solo i loro simili, -o almeno così veniva narrato dalle anziane- Jonn sperava che Rose fosse diversa anche in questo; non voleva che fosse come suo fratello: egoista e invidioso.
"Eh si, però adesso stai bene. Questo è l'importante"
Ci furono minuti di silenzio, nel quale la ragazza si alzò e provò a camminare.
Istintivamente, portò il palmo sulla ferita e iniziò a massaggiarla.
"Aspetta, forse adesso riesco a guarirla" disse il ragazzo, che la soreggeva dolcemente.
Estrasse la bacchetta e la puntò sulla lacerazione.
"Espimedio"
La pelle vi si ricucì e il dolore scomparve lentamente; Jonn non era abile nelle magie curative ed evitò di sperimentare su ella quando il taglio era fresco.
"Grazie"
Pose le sue rosee labbra sulla guancia di Jonn e la baciò teneramente.

Lucifer la vide arrivare serena e in saluta; più l'osservava, più ricordava la bellezza di suo fratello: i lunghi capelli scuri, la pelle candida e luminosa, il corpo dalle dolci curve.
Ma il suo lato oscuro era ciò che gli era in comune.
Notò il sorriso di Rose spegnersi alla vista della lettera sul tavolino di vetro, dinnanzi al divano su cui era seduto.
La notte di Capodanno, con egli c'erano i suoi più fedeli amici: Maze, un demone venuto con lui sulla terra, Amenadiel, suo fratello, Chloe con la sua figlioletta Trixie e un paio di colleghi della detective.
"Che succede?" chiese Lucifer cercando di prendere il foglio di carta.
Rose lo fulminò con lo sguardo: ormai aveva riconosciuto il mittente dalle bruciature della carta, dal suo stile inconfondibile. Tuttavia, finse indifferenza.
"Buon anno a tutti" disse semplicemente, prima di sedersi accanto al demone.
Quella donna dalla pelle scura, vestita tutta in pelle, la squadrò e contrasse le labbra in una smorfia.
"E tu sei la ragazza che è riuscita a far mentire il Diavolo. Ridicolezza"
Maze, dopo la sua osservazione cattiva, bevve un sorso di champagne e si spostò.
-Non ho la peste!- pensò Rose infastidita.
Riformulò le aspre parole: quindi, Lucifer le aveva mentito su qualcosa.
Ma cosa?
Doveva essere qualcosa sulla congrega.
Tastò la tasta anteriore dei jeans e, fortunatamente, vi trovò il biglietto ricevuto a Natale.
La studiò con cura: all'angolo destro, scoprì un simbolo che mai vi fece caso.
Una stella con una lacrime all'interno.
Cercò Jonn con lo sguardo, per poi comunicargli della sua ipotesi sulla falsa sincerità del Diavolo.
I suoi occhi caddero sul polso scoperto del braccio sinistro: che cos'era quel segno che luccicava?
Si alzò di scatto dal divano, ricontrollò la lettera e corse dal ragazzo.
Lo strattonò e lo spinse dentro all'ascensore: dovevano stare completamente da soli.

Jonn non parve divertito.
Subito abbassò la manica sinistra, accidentalmente alzata.
"Tu fai parte della congrega!"
"Possi spiegarti tutto, fammi spiegare!"
Lo sospinse nella parete; quelle parole le distrussero tutte le certezze che aveva nel cuore.
Anche Jonn la stava tradendo. Anche lui la voleva morta.
Anche lui la voleva distruggere.
Lui, proprio la persona che amava con tutto il cuore, il motivo per cui aveva lasciato il suo James, le aveva mentito per tutto il tempo.
Sentì il cuore spaccarsi come migliaia di ossa rotte calpestate.
I suoi occhi si colorarono del sangue che ribolliva al ragazzo.
"Mi hai tradito!"
"Ti ho protetta!"
Lo colpì con pugni al torace, fino allo sfinimento.
"Smettila!" urlò Jonn, portando le sue spalle alla parete giallastra.
Il suo petto la bloccava; odiava il piacere di averlo accanto, il desiderio di restare sempre così.
"Se proprio devo ucciderti, voglio farlo odiandoti. Non così"
"Preferisco che il tuo amore sia una vendetta per avermi ucciso"
Infilò la mano gelida nella tasca del ragazzo, quella contenente l'arma che vi si portò al di sotto della mandibola.
"Puoi uccidermi"
Jonn non seppe se quel comportamento gli piaceva o lo odiava.
Prese il manico della bacchetta e spinse più a fondo, da arrossare la pelle.
Ella deglutì e lo guardò ferita e disgustata.
Non poteva farlo.
"Prima o poi capirai che ti ho voluto proteggere. Capirai che ti amo. Sarai mai in grado di perdonarmi?"
"Mai"
Quelle parole le uscirono aspre e senza amore.
Desiderò che quel sentimento potesse sparire velocemente, chiudendo gli occhi.
Ma non ci riuscì: scelse di lottare quell'amore e di trasformarlo in odio.
Capì che odiarlo era semplice.
Cercare dei motivi per ripudiare quel contatto era semplice.
Lo scacciò con un calcio e... scomparì.
"No!" lo sentì urlare prima di smaterializzarsi.

Uscì dall'ascensore e, dopo aver ascoltato le battute di Lucifer e ignorato le domande di Chloe, si chiuse in bagno e scoppiò in lacrime.

-

Rose voleva solo essere amata, niente di più.
Si trovò sulla scritta Hollywood, seduta al di sotto della W a sfogare tutta la sua rabbia.
Piangeva, distruggeva i cespugli, gridava.
Dal ballo del ceppo, capì che la sua vita era un completo fallimento.
Quella maledizione l'aveva condannata a un'esistenza di continue sofferenze.
Ma era davvero solo quello ad averle imposto un tale destino?
C'era qualcosa di oscuro in quel mondo fatto di magia e di sogni.
Tutti volevano dominare ciò che vi consisteva: tutti volevano ottenere e possedere l'arma più forte.
E se lei fosse l'arma più forte?
Questo spiegava la perseguitazione di quella dannata congrega.
Ma certo!
Rose estrasse dai jeans quella lettera e capì ciò che doveva fare; ciò che doveva accadere giorni prima.
Era ora di affrontare le streghe antiche e di riportare in vita il suo James.

𝐇𝐚𝐫𝐫𝐲 𝐏𝐨𝐭𝐭𝐞𝐫 𝐚𝐧𝐝 𝐭𝐡𝐞 𝐦𝐢𝐬𝐬𝐢𝐧𝐠 𝐡𝐞𝐢𝐫Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora