CAPITOLO 24

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Le mura di casa li avevano accolti con un freddo e buio tepore.

-flashback-

<<Ci scusiamo per l’accaduto, quest’uomo per ora verrà portato in centrale. Se volete potete->>

<<No, grazie.>>

Il poliziotto guardò Kageyama con uno sguardo compassionevole, per poi annuire e salire sulla volante, sparendo dopo una curva.
I coinquilini avevano avuto il permesso di portare Aiko a casa con loro per quella notte, così che la signora Tsukishima avesse avuto il tempo di riprendersi completamente dallo shock. Stando da sola, in silenzio, magari poteva avere finalmente del tempo per riordinare i pensieri. La bambina ne era stata subito entusiasta, era eccitata all’idea di poter passare la notte con delle persone che lei riconosceva ormai come famiglia.

In quel momento, però, la mamma era rifugiata nelle braccia di Tsukishima, piangendo con il proprio figlio l’accaduto, ripensando ai suoi rimpianti e ai suoi errori.

Si trovavano in strada, erano le 23:15, e la pioggia avvolgeva i loro corpi, mentre piccole goccioline dolci e veloci scorrevano sui loro vestiti, bagnando l’asfalto e tutto ciò che era sotto il cielo.
Tra le gocce di pioggia, sul viso di Tsukishima si nascondevano anche le sue calde e salate lacrime.

Kei piangeva perché dopo tanto tempo passato tra le fredde e crudeli braccia della solitudine, aveva finalmente avuto un caldo contatto con la madre. Le sue erano lacrime di gioia, perché alla fine la donna che l’aveva messo al mondo con tanto amore lo riconosceva come una persona a lei cara, parte della famiglia a tutti gli effetti.

Il biondo teneva la vita stretta della donna, in una presa forte ma gentile, come a pregarla di non lasciarlo mai più, mentre il suo mento era poggiato sui suoi lunghi capelli biondo platino che riflettevano la luce dei lampioni.

La donna, invece, nascondeva il viso sul corpo del figlio, poggiando la fronte sulla spalla del minore, perché dopotutto non arrivava nemmeno al collo data la differenza d’altezza molto evidente.

Restarono così per molto tempo, lasciandosi accarezzare dalla gentilezza e la felicità che accompagnavano l’abbraccio, mentre a pochi metri di distanza Hinata cercava di comunicare con Kageyama, ancora dopo diversi tentativi falliti.

<<Hey!>> gridò per la milionesima volta il mandarino sventolando la mano davanti ai suoi occhi, tenendo con la mano libera quella di Aiko, ancora leggermente impaurita. Le sue piccole dita tremavano a contatto con la stretta di Hinata.

<<Scusa…quel bastardo…>> rispose finalmente Tobio, guardando davanti a sé con sguardo perso. Stringeva i pugni, la gola gli faceva troppo male per urlare ancora, mentre il suo cuore poteva essere paragonato ad un mucchio di stracci.

Era arrabbiato. L’unica cosa che gli importava oltre al benessere di Shoyo, dei suoi compagni e della pallavolo, era che suo padre non incontrasse mai Hinata. Da sempre aveva questo pensiero in testa, “non devo fargli incontrare mio padre”. In un certo senso aveva previsto che in caso fosse successo, sarebbe andata così.

Era furioso. Aveva impressa nella testa l’immagine del minore che sobbalzava per il grido rabbioso del padre, e in più in quel momento era molto evidente il tremore della bambina stretta tra le braccia di Shoyo.

Era sconfitto. Pesantemente, sconfitto.
Le lacrime cominciavano ad annebbiargli la vista, fin quando un calore conosciuto al suo corpo lo riscosse dai suoi pensieri.

Guardò in basso, e per quanto la vista appannata dalle lacrime che non riusciva a reprimere glielo permise, vide la chioma arancione del piccoletto poggiata sul suo petto.
Ascoltava il suo battito cardiaco accelerato, mentre le sue piccole braccia gli avvolgevano la vita. Kageyama faceva di tutto per non far fuoriuscire le lacrime, eppure sembrava che con quel singolo e diverso abbraccio del più piccolo lo spronasse a farlo. Lui, però, non voleva. Non lì.

Ricambiò l’abbraccio comunque, ma promise a se stesso che non avrebbe versato nemmeno una lacrima.

<<Ti chiami Aiko, vero?>> Yamaguchi, che nel frattempo prese la bambina in braccio per lasciare i due del primo anno da soli, porse questa domanda alla piccola, che annuì con un timido sorrisino, portandosi i due pugnetti sulle labbra.

<<Che bel nome! Io mi chiamo Yamaguchi Tadashi!>> si presentò con il suo solito sorriso luminoso, e quando la bambina lo vide le si illuminarono gli occhi. Il sorriso di Yamaguchi ha sempre portato luce, in un modo o nell’altro.

<<Sei amico di Shoyo e Tobio?>> chiese, allacciando le sue piccole braccia al collo del verdino, che rimase molto intenerito dal gesto. Lui adorava i bambini, con tutto il suo cuore.

<<Si, sono amico anche di Tsukki!>> rispose con fierezza.

<<Tsukki?>> chiese la bambina inclinando la testa di lato, confusa.

<<È così che chiamo quel ragazzo biondo che hai visto lì dentro, si chiama Tsukishima Kei!>> spiegò, con occhi luminosi e sognanti.

-fine flashback-

<<Tsukki…non piangere…ti prego>> disse il verdino, con voce tremante.
Era poggiato con le ginocchia sul letto, mentre attirava il lato della testa di Tsukishima al suo petto, nella speranza di farlo sentire meglio. Avvolgeva delicatamente le dita tra i suoi riccioli, per poi lasciarli andare e riprendere ad accarezzarli.

Qualche minuto prima il biondino, appena entrò in stanza seguito da Yamaguchi, chiuse la porta a chiave e scoppiò a piangere. Yamaguchi capì da subito il perché, e lo fece sedere sul letto per coccolarlo, togliendogli gli occhiali e abbracciandolo.

<<Hey…non ti ho mai visto piangere…è davvero strano!>> allentò leggermente la presa sul suo capo facendo una risatina nervosa, nel tentativo di rallegrare il compagno frustrato.

La risatina contagiò fortunatamente Tsukishima, che allontanò il viso privo di occhiali per guardare il verdino negli occhi, per quanto la miopia glielo permettesse. Mai aveva visto degli occhi più puri dei suoi, luminosi e grandi. Li amava, tantissimo.

<<Tsukki, ti pulisco gli occhiali e andiamo a dormire, va bene?>> chiese il minore, fermando le dita che stavano accarezzando dolcemente il capo del centrale e allontanandosi di qualche centimetro.

Tsukishima fece una smorfia contrariata, aggrottò le sopracciglia e storse la bocca, e la cosa mandò in confusione Tadashi, che inclinò il capo.

<<Cosa?>> chiese, preoccupandosi di aver ferito i sentimenti dell’amico in qualche modo. Non aveva mai avuto a che fare con Tsukishima in questo stato, e l’unica cosa che poteva fare era imitare quello che faceva il biondo quando a piangere era lui.

Tsukishima non disse niente, e fece una cosa che nemmeno lui si aspettava di fare. Allacciò le braccia alla vita del minore, e con una spinta dei piedi poggiati a terra si stese arrivando con il capo poggiato sul cuscino, mentre Yama si ritrovò con l’orecchio poggiato sul suo petto, mentre il suo corpo combaciava perfettamente con quello del maggiore.

Arrossì di botto, le guance sembravano andargli a fuoco, tanto che le lentiggini scomparvero sovrastate dal rossore.

<<T-Tsukki che f-fa->>

<<Zitto, Yamaguchi>>

La sua voce era ancora impastata dal pianto, ma sempre accentuata dal suo tono scortese e gentile allo stesso modo.
Il verdino sorrise, strusciando la guancia contro il petto del maggiore e incastrando le gambe con le sue. Allungò una mano verso i capelli corti di Kei e riprese ad accarezzarli, mentre con l’altra asciugò il suo viso ancora umido per le lacrime salate.

<<Scusa, Tsukki!>>

🥀
~1193 parole~
Mi scuso in anticipo per lo scarabocchio schifoso che ho scritto, ma ho avuto davvero pochissimo tempo per dedicarmi alla storia con le tante interrogazioni e altro.
Gli orari saranno sempre regolari, pubblicherò mercoledì o giovedì e la domenica.
Comunque, spero che il capitolo vi sia piaciuto, scusate per eventuali errori di battitura e alla prossima! Un abbraccio!✨

𝑭𝒐𝒓𝒆𝒗𝒆𝒓 𝑻𝒐𝒈𝒆𝒕𝒉𝒆𝒓 [Hᴀɪᴋʏᴜᴜ]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora