Capitolo 1

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Il respiro affannato e il mio cappotto di lana caldo mi accompagnano sino alla macchina.
Guardo l'asfalto sotto i miei piedi, riflette il grigiume del cielo: sta per piovere, le goccioline si trattengono dentro i nuvoloni neri.
Tra poco cadranno una ad una ed io sarò più in ritardo di già quanto non lo sia.
Non ho neanche l'ombrello, come al solito.
L'odore dell'acqua che tra poco cadrà giù, è nell'aria, che si fa più fredda in questa banale mattinata di inizio Gennaio.

La banalità non sempre è qualcosa di negativo, anzi può tramutarsi in amabile quotidianità, ciclicità: però che noia.
Eppure a volte essere annoiati ha il suo perché, non ti sposti da dove sei perché già tu trovi dove vuoi o, il più delle volte, dove ti costringono a stare.
E io sto qui, ad affrontare una giornata banale con impegni banali e con altrettante questioni banali.

Giungo vicino la mia auto: una smart bianca.
È piccola, ma è la mia compagna d'avventure più cara.
Avventure, forse è un parolone, ma è la mia navicella che aiuta a districarmi nel traffico cittadino: il mio piccolo mondo mobile, dove posso assaporare momenti di libertà, magari con le mie canzoni preferite da cantare a squarciagola o per immaginare scene da film.
Chi non lo ha mai fatto?
Accelero se la canzone è una delle mie preferite, sono attimi di sana incoscienza, perché negarmeli?

Avvicinandomi sempre più, scopro che la ruota posteriore destra è completamente a terra: ho bucato.
La gomma del copertone è comodamente spalmata sull'asfalto e io altrettanto impotentemente la guardo.

Ora la giornata prenderà una piega spiacevolmente inaspettata: io non arriverò a fare niente di quello che mi ero riproposta di fare, anche se erano cose banali, e tutta la mattinata passerà nella sudicia sala d'aspetto di un'officina altrettanto sporca, tra gli sguardi un po' pesanti del solito tozzo gommista con ideali maschilisti sin troppo manifesti.

Guardo ancora il copertone pietosamente spaccato e non so bene cosa fare.
Non sono quel tipo di persona che ha bisogno di chiedere aiuto: sono cose tipicamente maschili, ma nei fatti, chiunque sa risolvere queste problematiche, uomo o donna che sia.
Eppure il costume, la "società" impone determinati schemi.

Una donna dal gommista? Da sola?
Si può succedere, ma è sempre bene che abbia un uomo accanto, insomma un "maschio", pure se alla fine, si limita soltanto a stare impalato a guardare cosa fa il gommista e fare qualche cenno e qualche battuta senza senso.
Questo è il pensiero comune, o per lo meno quello condiviso dalla maggior parte della gente.

La ruota grida vendetta e io nel frattempo rifletto se nei paraggi c'è un gommista.

«Mi scusi ha bisogno di aiuto?»

Un uomo in maglioncino blu, camicia celeste, e cappotto sportivo mi fa alzare lo sguardo.

Il solito uomo che vede la ragazza in difficoltà con una macchina.
Però che sorriso, ma faccio finta di non sentire.

«Mi ha sentito?»

Devo rispondere, a questo punto.

«Oh mi scusi...nono.. grazie ho bucato, ma è una cosa da niente...»

«Mica tanto...così non può neanche muoversi per portarla da un gommista, rischia di scoppiare tutto il copertone...»

Ecco:il classico uomo esperto di automobili.
I maschi quando parlano di moto, auto e cose del genere, iniziano ad avere quel senso intollerabile di onnipotenza.

Rimango in silenzio.

«Guardi... chiamo il mio gommista di fiducia, è qui nei dintorni...» mi dice, estraendo il telefono dalla tasca interna del cappotto.

Da manuale: l'uomo di iniziativa, che ha così a che fare con questo genere di cose, da avere il suo meccanico o gommista di fiducia.
Avrà sicuramente un'automobile di grossa cilindrata, non so perché, ma la penso così.

«Grazie...io non sapevo ce ne fosse uno qui vicino...»
Rispondo in modo sincero.

«Si fidi..è uno bravo, le risolverà il problema in pochissimo tempo»

«dovrei fidarmi anche di lei quindi...» gli rispondo.

«Si anche perché sta iniziando a piovere e non credo voglia inzupparsi d'acqua fino al collo...»

Che piove, è vero e che io ho bisogno di un copertone nuovo, è anche vero.

L'uomo chiama il suo gommista, con un tono di voce sicuro e cordiale.

«Venga con me...non vorrà mica aspettare sotto la pioggia o aspettare dentro una squallida saletta d'attesa dell'officina? Non crede? » propone.

Ah...conveniamo sullo squallore della saletta d'attesa, penso.

Gli sorrido, perché mi ha fatto sorridere: ero come imbalsamata davanti ad una ruota bucata.

Mi indica un piccolo bar all'angolo della strada.
Ci incamminiamo.

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