Occasioni e proposte

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Non aveva mai parlato del figlio, ancora non era successo.
Da quella notte stranissima, dove l'uno si è totalmente aperto all'altra, non abbiamo più affrontato il discorso.

Ecco quali erano i tuoi macigni, i tuoi pesi.

Arrivo di fretta in banca, la giornata è stracolma di appuntamenti.
Nell'elenco che mi ha passato Adele, leggo un  nome sospetto che subito attira la mia attenzione.

Nora Tedeschi.

Che sia lei? Ho un vago e tremendo sospetto.

È la prima della lista, la prima che riceverò stamattina in ufficio.

«Buongiorno»
Sento quella voce, la stessa che sentii quella volta al telefono.
La vedo ed è la stessa donna della serata di beneficienza.

Deglutisco, pesantemente.
All'inizio mi sento crollare, ma poi penso sia un'occasione da sfruttare.
Quindi, via, si parte.

«Buongiorno a lei, si accomodi, è qui per un mutuo vero? »

«Si...guardi facciamo in fretta, ho molte cose da sbrigare...cosa ne deve capire lei, che sta sempre dietro una scrivania immobile, sai che noia...» mi risponde non guardandomi neanche in faccia.

Che razza di modi sono?

«Ecco qui ci sono i moduli con i tassi agevolati e le rate in base alla somma che deve chiedere...» le dico, mantenendo quel garbo che la fa ancora di più indispettire.

«Sisi...ok dove devo firmare? Guardi qui ho i documenti per le garanzie tenga, mi dica solo dove devo firmare...le ripeto che non ho molto tempo da perdere...» incalza.

E non sa chi sono.
Che destino mancino.

«Prego firmi qui, grazie per i documenti» espongo il sorriso più falso che ho.
Mi muovo molto lentamente, lei si irrigidisce: credo stia impazzendo.

«Io adesso devo andare...buongiorno...» mi saluta in fretta e furia, si alza dalla sedia davanti a me.
Sbatte la porta.

Che classe.

———————-

Sono davanti il mio portone e abbassando lo sguardo trovo un biglietto, riconosco la sua calligrafia.

"Ti aspetto da me..."
Sorrido, davanti a quel semplice foglietto di carta.
Rimetto le chiavi di casa dentro la borsa e lo raggiungo.

Mi accoglie sulla porta, e lo abbraccio.

Non sono mai stata così istintiva con lui.

Assaporo l'odore del suo collo e ci affondo il naso: sa di stanchezza, e profumo della mattina ormai più che trascorsa.

Le sue mani fanno su e giù lungo la mia schiena, sono calde, mi rassicurano dopo una giornata pesante.

Mangiamo seduti al tavolino davanti il divano, nel suo salotto, così senza pretese di fare la cenetta perfetta.
Un po' ci distendiamo, un po' ci baciamo.

In quel po' , c'è tutto.

Non voglio dirgli dell'incontro con Nora.

«perché non lo chiami? E organizzate qualcosa insieme?» gli dico, così all'improvviso.

«Ma chi?...» mi guarda stranito, mentre porta alla bocca un pezzo di pane.

«Tuo figlio...non mi hai detto ancora come si chiama...» gli rispondo.

Si incupisce però poi mi accenna un sorriso, fa un piccolo sospiro.

«Si chiama Leo, ha 12 anni...» mi dice con tono bassissimo di voce.

«È un nome dolcissimo...» gli dico e lo bacio.

Ci stacchiamo e mi chiede «Cosa potrei proporgli? L'ultima volta ci ho provato un mese fa...ma niente da fare»

«Cosa hai proposto?» gli chiedo.

«C'era una mostra interessante al museo di scienze naturali proprio per ragazzi della sua età...»

«Ah proprio una cosa per divertirsi...e per passare del tempo insieme.
Una noia mortale.
Ci vuole qualcosa che voi possiate fare insieme in modo attivo, qualcosa da condividere....
Fammi pensare...dai si vi prenoto un campetto di calcetto e fate dei tiri insieme che dici?Gli piacerà sicuramente...dai chiama e proponi.»

«Dici che gli piacerà? »

«Siii chiama, ovviamente non dire che prenoto io il campetto...dai su» gli dico e aggiusto il ciuffo dei suoi capelli.

Noto che prende il telefono, ma gli tremano le mani.

«Dai è facile...fai il numero e chiama...»

Fa il numero con la velocità di uno che sta per disinnescare una bomba, e io poi velocemente gli attacco il telefono all'orecchio.

Gli sorrido e gli faccio l'occhiolino di incoraggiamento, lui mi guarda con la paura e l'incredulità negli occhi.

Finalmente risponde.

«Leo ciao sono papà...come stai?» si alza dal divano e continua la conversazione più in là.

Vedo la sua faccia tranquilla, fa cenni con la testa di assenso.

Sono in attesa.

Chiude la telefonata.

«Allora?» chiedo impaziente.

«Ha detto si...!» sferra un pugno nel vuoto, e mi sorride.

Si avvicina verso di me: sorridiamo viso a viso, inizia a sbottonarmi i pantaloni...

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