Biscotti

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Sento il divano inumidito dalle mie lacrime mute, che fanno appiccicare il mio volto ai cuscini.

Non riesco a muovermi, sono così immobile da non so quanto tempo esattamente: ho solo meccanicamente poggiato il telefono sul tavolo e mi sono sdraiata sul divano, affondando il volto sui cuscini, cercando di mozzare il mio pianto.
Pianto che non ho il coraggio di ascoltare, perché provo disagio nel sentirmi piangere, anche se libero tutto il peso che porto dentro.

È stato come cadere giù, come cadere nel vuoto e poi sentire lo schianto a terra.

Ho spento la luce e sono rimasta al buio, buio più ancora di quanto non ne porti dentro.

Mi hai trafitto.

E mi odio, perché sento ancora il tocco delle sue mani su di me e la morbidezza delle sue labbra sulle mie.

È successo di nuovo, però questa volta mi sono schiantata prima: dai Rita, cerca di vedere almeno il lato positivo di tutta la faccenda.

Si ma l'effetto è sempre quello: lacrime e amare constatazioni.

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Domenica mattina

Che domenica.
Una domenica trascorsa in pigiama, a letto, capelli arruffati e  fazzoletti pronti per asciugare il naso e occhi.

E anche questa volta stai incassando il colpo nel peggiore dei modi, no?

Nessun messaggio, nessuna chiamata.
Cosa c'è da spiegarmi? Cosa c'è da chiarire?
Proprio un bel niente.

Sei scomparso.

E quella voce femminile ancora mi sembra di sentirla, quella voce c'è ancora nella testa.

Sarai a guardarti la partita, comodo sul divano, magari sonnecchiando, magari tenendo stretta un'altra persona.
Chissà.

Peccato io non possa vederti, peccato io non possa dirti come sto.
Peccato, un vero peccato.

Mi manchi e non sopporto di sentire questa mancanza, quando invece se ti avessi qui davanti, saprei solo dirti quanto male mi hai fatto.
È bastato poco, pochissimo: quel tanto che basta a farmi stare così.

Lunedì

Cammino velocemente, passo svelto e mani in tasca, al caldo del mio cappotto nero.
Arrivo in banca: oggi inizia una nuova settimana.

Controllo stupidamente il telefono, cercando qualche messaggio o qualche chiamata persa, che non c'è.

Smettila di pensare a lui, è finita. È stato soltanto un momento di debolezza, per entrambi.
Smettila Rita.

Mi accomodo alla mia scrivania, saluto velocemente Adele che è in stanza con me.
Mi metto subito a lavorare e iniziano i miei appuntamenti.

La prima cliente di oggi è una signora molto dolce, ha settant'anni, ma ha una vitalità incredibile.
È  la signora Anna.
La conosciamo bene, perché è una cliente affezionata.

«Rituccia bella perché questo faccino? Ti conosco ormai da un anno e non ti ho mai vista così...»
Mi chiede la signora Anna, con occhi dolcissimi e grandi, da dietro le lenti rotonde e rosate.

«Signora Anna...nient niente ho solo dormito poco...» le rispondo continuando a preparare i documenti che dovrà firmare.

«Mmm ne sei sicura?...questo è il volto di chi soffre per amore...ascolta questa vecchina...» mi sorride.

Io ricambio il sorriso, e basta.

Nel frattempo la signora Anna, prende un pacchetto vicino la sua borsa, tutto colorato.

«Spero di addolcirti la giornata con questi biscotti, li ho appena sfornati...» mi porge il piccolo pacco.

L'odore della frolla dei biscotti mi inebria perché è il profumo delle cose buone, di casa.

Le sorrido.

«Grazie signora Anna ma non c'era bisogno...» rispondo.

«Oh si invece! Hai bisogno di dolcezza...tanta dolcezza...e non parlo solo di biscotti...»
Mi fa l'occhiolino.

Ci salutiamo.

Apro il pacchetto e mangio uno dei biscotti.
Sono davvero buoni e ripenso al viso dolce della signora.

Guardo il telefono ancora una volta e non c'è nulla.

Nulla,nulla.
Ti sei dimenticato di me.
Io dovrei dimenticarmi di te.
Non dovrei pensarti in questo modo.
Non dovrei.
E invece.

Mi stiracchio leggermente, la giornata è terminata.

Esco lentamente dall'ufficio.
Indosso lentamente il cappotto, faccio tutto con calma.

Esco fuori dalla banca, il vento soffia gelido, sento tagliarmi il viso.

Alzo leggermente la sciarpa sino a coprire il naso.
Mi incammino.

«Fermati, sono qui...mi sei mancata, mi manchi, mi manchi, devo spiegarti...devo spiegarti...mi manchi...»
Voce calda.

È la sua voce.
La sua mano sul mio braccio.
Non molla la presa.

«Non mi toccare»

Invece il suo tocco mi fa respirare.

«Non mi toccare...»

«Ti prego fermati...ti prego».

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