Capitolo 5

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«Mi sembra che questo cappuccino sia più caldo di quello dell'altra volta, non vorrei si scottasse...» me lo dice con la guancia appoggiata sul suo pugno, come se si fosse messo proprio nella posizione di chi vuole osservarmi mentre bevo.

Ti piace proprio provocare.

Al tavolo arrivano i due cappuccini fumanti, questa volta lo ha preso anche lui.
Siamo nel caffè proprio di fronte la banca.
Lui mescola ancora un po' il caffè con il latte e smonta un po' la schiuma compatta che chiude la tazza.

«Dovevo aprirmi un conto in banca per riuscire a capire cosa facesse o per incontrarla di nuovo» afferma mentre inizia a bere il cappuccino.

«Sarà stato solo un caso...» cerco di snobbare il suo discorso, ma mi costa moltissimo perché la sua espressione sorridente, mi costringe a sorridere a mia volta.

Non reggo questo sguardo.

«Non credo sia stato solo un caso...» sorseggia un altro po' di cappuccino.

«E cosa è stato secondo lei?» gli chiedo, nascondo il mio sguardo dietro la tazza davanti a me, iniziando anche io a bere il cappuccino.

Ora rispondimi.

«Credo si chiami destino, lei crede al destino?»

Poeticamente scorretto.

«Il destino...ah che grande bluff!» gli rispondo sbuffando.

«Quanta amarezza sento nelle sue parole...» mi dice e per un attimo le nostre dita si sfiorano sul tavolino.
Sono bene aperte e le punte delle dita sembrano toccarsi.
Io ritraggo subito la mia mano.

«Ha paura di me?» mi chiede con occhi imploranti una risposta e le labbra leggermente piegate verso il basso.

Non ho paura di te, ho paura di quello che posso provare per te, perfetto sconosciuto.

«Ma no...perché dovrei? Soltanto che io sono la sua consulente e lei è un cliente della banca...tutto qui»

Si, devo darti questa risposta, non posso fare altrimenti.

«Oh...» riesce soltanto a dire.

«Cappuccino ottimo...» si affretta a dire, e si tocca nervosamente le mani.

Ti ho messo in difficoltà.

«Comunque le consiglio di credere al destino, c'è esiste, si fidi di me....»

«Posso fidarmi di lei se devo cambiare un copertone, non so per altro...»

Si, ci sono andata giù pesante, ma meglio che io ti tenga lontano.

«Si fidi anche per altro...» questa volta riesce a bloccare la mia mano sul tavolo, mettendo sopra la sua.
La sua mano è grande, calda.

Sono paralizzata.

Come quella volta in caffetteria, si alza e paga i due cappuccini.

«ha tempo per fare giusto quattro passi?»

Non so cosa rispondere.

«Si ma, soltanto quattro perché tra poco arriveranno gli altri clienti...» trovo il coraggio di rispondergli così.

«Li contiamo insieme... va bene?» risponde.

Perché devi essere così irresistibile con queste battute stupide?

«Va bene...li conta lei?»

Lui scoppia a ridere.

«Allora questo è il primo...» mi dice andando avanti, io lo seguo.

Il ciuffo dei  capelli si muove e mi fai distrarre nuovamente: non è possibile.
Perché sei così?

Camminiamo per un po' sotto i portici nei pressi della banca.

Ad un certo punto si ferma e mi blocca le braccia all'altezza dei gomiti.

Che cosa vuoi fare?

«Non avere paura di me...» mi sussurra all'orecchio e io rimango immobile.

Così vicino all'orecchio da sentire le tue labbra e il tuo respiro caldo.

«Devo andare mi scusi...» mi tolgo dalla sua stretta e mi incammino verso l'ufficio, sentendo ancora il rimbombo delle parole calde all'orecchio.

Rientro in ufficio e mi intrattengo con i clienti, cerco di distrarmi ma ancora la sua voce è dentro la mia testa e tocco il dorso della mia mano che ha toccato lui.

«Rita tutto bene? Sei strana...» mi chiede Adele, mentre io giochicchio con una penna e guardo un punto fisso nella stanza, seduta alla scrivania.

«Sisi tutto bene grazie...» distolgo lo sguardo dal vuoto e mi concentro sul pc.
Fingo di non avere la testa tra le nuvole.
La mia sensibilità e il mio lato irrazionale mi fregano spesso, però sono riuscita a bilanciare bene sino ad adesso, almeno.

Sino ad ora.

Esco dall'ufficio.

Ma cosa fai? Cosa fa? Che ti passa per la mente?

«Sono qui...non respingermi ancora...non lo fare» mi dice con uno sguardo arreso.

È seduto sulla panchina che c'è sotto il portico di fronte la banca.

«Da quanto tempo è qui? » gli chiedo

«Quello necessario per aspettarti» risponde subito.

Chi ti ha dato il permesso di darmi del tu?

Abbasso lo sguardo imbarazzata.

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