Capitolo 23

1.6K 128 13
                                    


 SANEM

Finalmente ero stata dimessa ed ero tornata alla tenuta.

Mi sentivo ancora un po' debole e mi stancavo facilmente ma tutto sommato stavo bene.

Can, su mia insistenza aveva ripreso il lavoro in agenzia, mentre la ragazza che avevamo assunto durante la gravidanza aveva dato la sua disponibilità a rimanere con noi.

Io ne ero entusiasta. Avevamo legato molto e con i bambini ci sapeva fare.

Accudire tre bimbi piccoli era davvero impegnativo, soprattutto quando si mettevano d'accordo e facevano i capricci contemporaneamente.

In genere iniziava una delle gemelle, seguita a ruota dall'altra ed infine, per non essere da meno e non sentirsi escluso, al coro del pianto si univa anche Kerem. In quei frangenti dovevo mantenere tutta la calma di cui ero capace, ma ne uscivo sempre sfinita.

Fortunatamente c'era Can che riusciva a riportare il sereno prendendo con sé Kerem ed eclissandosi con lui non so bene dove. Talvolta se ne andavano con il pick-up per tornare un paio d'ore dopo, sorridenti e sporchi all'inverosimile, ma vedendo le loro espressioni felici non riuscivo proprio ad arrabbiarmi. "Abbiamo fatto cose da uomini" era la giustificazione ed io preferivo non approfondire.

Con Gunes e Melek, invece, Can faceva davvero fatica a creare un contatto. Raramente le prendeva in braccio o le cambiava. Sembrava, quasi, ne avesse timore, ma se glielo facevo notare negava risentito.

Tra di noi le cose andavano...ma non riuscivo a capire come e in che direzione andassero.

Can non mi aveva più toccata ed intuivo che non fosse solo per rispetto delle mie condizioni fisiche. C'era dell'altro nel suo comportamento "scostante". Questa volta era lui a fuggire da me e non sapevo perché.

CAN

Il ritorno di Sanem con le gemelle aveva riempito la casa di nuovi rumori, soprattutto grida e pianti.

Quando rientravo dal lavoro la trovavo spesso indaffarata a consolare uno dei tre bambini e se il bambino in questione era Kerem ero ben felice di intervenire ed offrire il mio aiuto.

Lo prendevo con me e lo portavo al parco dove si divertiva a giocare con la terra che gli finiva ovunque. Ma i bambini imparano così: toccando, annusando, assaggiando e per me guardarlo era un vero spasso. Quando poi tornavamo a casa, per evitare rimproveri da parte di Sanem, mi stampavo sulla faccia un sorriso a 32 denti, al quale sapevo non poteva resistere, e mi defilavo in bagno con il mio piccolo complice per darci una bella ripulita.

Con Gunes e Melek, invece, mi sentivo bloccato. Quando le guardavo mi tornavano alla mente i terribili momenti vissuti dopo la loro nascita ed il rischio corso da Sanem e, per quanto ci provassi, non riuscivo a lasciarmi andare e a prenderle in braccio.

Per lo stesso motivo evitavo l'intimità con Sanem. Il medico era stato chiaro: cautela e soprattutto basta gravidanze.

All'inizio era stato facile perché entrambi eravamo presi da altre cose, specialmente lei. Organizzare la giornata con tre bambini piccoli non era uno scherzo, ma piano piano eravamo riusciti a trovare un nostro ritmo e anche a ritagliarci dei momenti di libertà. Sanem, allora, cercava un mio abbraccio e/o un bacio ma io glissavo sempre, adducendo le scuse più assurde, consapevole di ferirla, ma convinto di fare la cosa giusta per lei.

Non sapevo, però, quanto quella farsa avrebbe potuto andare avanti.

VENT' ANNI DI NOIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora