Capitolo 9

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 SANEM

Ero eccitata e felicissima per quel viaggio.

Eccitata perché avrei incontrato altri scrittori e visitato una nuova città e felicissima perché avrei fatto entrambe le cose con Can.

Non mi era mai stato accanto nel mio percorso di scrittrice anche se io lo avrei voluto tanto. Avere il suo appoggio per me era essenziale ma non glielo avrei mai chiesto. Forse, il mio, era orgoglio, non lo so, ma ero convinta che in una coppia, il sostegno reciproco e la condivisione fossero normali, scontati, com'è scontato il sorgere del sole che da inizio ad una nuova giornata o il suo tramontare che ne decreta la fine.

Quando avevo conosciuto Can ero la classica ragazza di periferia che sognava il grande amore ed il successo, ma ero impacciata, per certi versi timida e soprattutto inesperta della vita.

Can mi aveva aiutato a credere in me, ad avere fiducia nelle mie capacità e potenzialità, ma poi, quando avrei avuto più bisogno del suo appoggio, lui mi aveva lasciato ed io mi ero aggrappata ad Yigit illudendomi di poter dimenticare. Certo Yigit aveva realizzato il mio sogno. Aveva pubblicato il mio libro ma lo aveva fatto guadagnandoci economicamente e sperando di tramutare il nostro rapporto, che per me era solo lavorativo e di amicizia, in qualcosa di più.

Il ritorno di Can aveva portato Yigit a commettere degli errori che lo avevano smascherato e costretto ad andarsene e avevano indotto me a camminare da sola. E ce la avevo fatta!!!!

Ma ora poter condividere il mio mondo con la persona che amavo mi faceva sentire davvero completa.

CAN

Avevamo deciso di andare ad Ankara con l'aereo. Non era molto distante da Istanbul ma così avremmo guadagnato tempo da dedicare a noi e alla visita della città.

Ad Ankara avremmo soggiornato nell'hotel convenzionato con la casa editrice di Sanem, che non fece nessuna obiezione sul fatto che io l'accompagnassi. Al contrario ne fu felice e mi chiese di scattare delle fotografie, che poi avrebbe potuto utilizzare a scopo propagandistico.

Accettai con piacere.

La partenza era prevista di venerdì mattina per poi rientrare domenica sera.

L'entusiasmo di Sanem mi contagiò. Era il primo vero viaggio che facevamo insieme e non vedevo l'ora!

Venerdì non aveva impegni così avevamo deciso di dedicarlo a girovagare per Ankara, mentre sabato avrebbe dovuto rilasciare un' intervista e, poi, avrebbe dovuto presenziare ad uno stand di libri per bambini. Domenica sarebbe stata nuovamente libera e avremmo potuto concludere la nostra visita alla capitale.

Quando arrivammo in hotel sbrigammo velocemente le pratiche di check in e poi uscimmo tenendoci per mano, come due ragazzini pronti a goderci quella giornata tutta per noi.

Ankara è una città piena di vita, cosmopolita, ricca di storia ed il tempo volò.

Rientrammo in hotel che era già buio. Decidemmo di farci portare la cena in camera per poter stare più tranquilli e rilassarci. Soprattutto Sanem, che l'indomani avrebbe avuto un'altra giornata altrettanto impegnativa.

Vederla così felice mi inebriava.

Quella notte ci amammo senza riserve donandoci completamente l'uno all'altra e quando, alla fine, Sanem si addormentò tra le mie braccia capii che io esistevo e vivevo solo grazie a lei. Perché lei era la mia anima e mai avrei potuto farne a meno

SANEM

Sabato ci svegliammo di buon'ora e ci preparammo.

Eravamo d'accordo che una macchina sarebbe venuta a prenderci e ci avrebbe condotto all'ente fieristico di Ankara dove mi aspettavano per un'intervista.

Cercai di sembrare "professionale", ma senza esagerare, così indossai un semplice tailleur rosso con una camicetta bianca e raccolsi i capelli in una morbida coda.

Quando arrivammo fummo accolti dal mio editore, il signor Demir, un uomo di mezza età con barba e baffi brizzolati, che mi ricordava tanto mio padre e che mi salutò calorosamente :"Sanem cara, è davvero un piacere rivederti...devo dire che il matrimonio e la maternità ti donano. Sei uno splendore"

A quelle parole lanciai uno sguardo preoccupato a Can. Conoscevo mio marito e sapevo quanto fosse geloso e quanto mal sopportasse simili complimenti rivolti a me, ma, stranamente, nei suoi occhi, questa volta, non lessi fastidio ma un moto di orgoglio. Ne rimasi compiaciuta e mi rilassai.

L'intervista iniziò subito dopo, in una specie di sala per le conferenze. Io presi posto ad un lungo tavolo insieme ad altri scrittori, mentre Can preferì mettersi in fondo per poter scattare tranquillamente le fotografie.

Le prime domande riguardarono i libri che avevamo pubblicato, come avevamo iniziato a scrivere e perché, quali erano i nostri progetti futuri e così via.

Poi la curiosità si spostò sulla nostra vita personale, come era inevitabile che accadesse, ed una giornalista mi chiese:

"Signora Divit, in una sua precedente intervista ha dichiarata che ha lasciato il suo Albatros libero di scegliere, ma cosa intendeva dire esattamente?"

Prima di parlare cercai con lo sguardo Can, che aveva abbassato la macchina fotografica e sembrava stesse aspettando, al pari di tutti i presenti, la mia risposta.

Così non indugiai oltre "Il mio Albatros, proprio come nel libro, doveva viaggiare per ritrovare se stesso. Io non potevo impedirglielo in alcun modo perché solo attraverso quel viaggio ha potuto tornare da me..."dissi alla fine

Nella sala dopo un attimo di silenzio si sollevò un mormorio di sorpresa.

"Ma allora vuol dire che...." intervenne ancora la medesima giornalista

"Vuol dire che l'Albatros di cui tutti vogliono sapere l'identità, sono io" la interruppe Can avvicinandosi sorridente a me.

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