SANEM
Mi trovavo davanti alla casa di Can. Era una graziosa e villetta sulla spiaggia, un posto molto tranquillo. Sorrisi pensando che in alcune cose non era cambiato affatto.
Il cancelletto che conduceva all'ingresso era socchiuso, lo spinsi ed entrai. Suonai il campanello ma nessuno venne ad aprirmi.
Decisi di dare un'occhiata in giro e mi diressi verso il retro della casa dove c'era un piccolo giardino, che dava direttamente sulla spiaggia e, lì, lo vidi.
Era seduto di spalle. Mi avvicinai piano. Era immobile, probabilmente addormentato. Lasciai la mia valigia e mi misi davanti a lui inginocchiandomi.
Un singhiozzo mi salì alle labbra ma lo bloccai ponendo una mano davanti alla bocca.
Quella seduta lì era solamente l'ombra di Can, un pallido ricordo. Sembrava che la malattia si fosse accanita sul suo fisico possente, quasi volesse ottenere una sorta di rivincita su tanta bellezza e perfezione.
Timidamente allungai una mano e gli accarezzai il volto. Sorrise ma non si svegliò.
"Sanem" sussurrò.
"Sono qui, amore...sono qui" risposi.
CAN
Ero in una sorta di dormiveglia. Sentii una lieve carezza solleticarmi il volto e pensai che si fosse alzato il vento.
Avrei fatto meglio a rientrare.
Sorrisi.
Quel tocco mi ricordò la mia Sanem, la sua dolcezza, la sua delicatezza. Sussurrai il suo nome e piano riaprii gli occhi.
SANEM
Ci guardammo.
Nessun dei due parlò.
Alzò una mano per raggiungere il mio viso, rigato di lacrime e scoppiò a piangere.
Era il pianto di un uomo disperato, sconfitto. Un grido di aiuto che io non ebbi né la forza, né la volontà di ignorare. Raggiunsi le sue labbra e lo baciai piano, quasi con timore.
"Perdonami Sanem, perdonami ti prego..." mi supplicò.
"Shhh....non parlare adesso...abbiamo tutto il tempo per farlo" dissi "ora è meglio rientrare, sta rinfrescando" aggiunsi aiutandolo ad alzarsi.
"D'accordo " rispose, afferrando il bastone che aveva accanto a sé e appoggiandosi a me.
Non avrei voluto essere così arrendevole, ma che senso aveva mostrarmi arrabbiata con lui, discutere con lui quando nel mio cuore, io, già lo avevo perdonato?
E' vero, mi aveva escluso dalla sua vita, ma conoscevo Can e sapevo che non lo aveva fatto per ferirmi o perché non mi amava. Lo aveva fatto perché aveva paura. Aveva paura di come sarebbe diventato in seguito alla malattia, aveva paura di perdere la sua dignità, di mostrare tutta la sua fragilità. E se non si accettava lui per primo, non poteva neppure comprendere che altri lo avrebbero amato ugualmente.
CAN
Eravamo seduti in soggiorno, uno di fronte all'altra ed io attendevo che lei parlasse.
"Non dirai niente?" le chiesi.
Scosse il capo. Allah quanto era bella!! Sembrava che il tempo per lei non fosse mai passato.
"No" mi rispose "sei tu quello che deve dare delle spiegazioni".
Aveva ragione, lo sapevo, così mi feci forza ed incominciai a raccontare.
Le dissi come avevo scoperto la malattia e come avevo organizzato ogni cosa. Le raccontai del mio trasferimento a Cuba, delle cure a cui ero stato sottoposto e che ancora dovevo seguire e le dissi che purtroppo la guarigione era da escludere.
" I medici dicono che sono stato fortunato, che ho superato ogni loro aspettativa" conclusi con un debole sorriso. Avrei voluto alzarmi ed abbracciarla ma non osavo muovermi. Lei mi guardava ma non riuscivo a capire cosa le stesse passando per la testa, se fosse arrabbiata, dispiaciuta o cosa.
Alla fine fu lei ad avvicinarsi a me: "Ti ricordi quando mi rapisti e mi portasti in montagna?" mi chiese.
"Si...mi ricordo" risposi esitante
" Quella volta chiedesti se, secondo me, se ci fossimo congelati e poi ci fossimo risvegliati anni dopo ci saremmo ricordati l'uno dell'altra. Io ti risposi che l'amore non si gela, che avere memoria dell'altro ed amarlo finché siamo in vita è il miracolo più grande. Ebbene Can io non ti ho dimenticato e non ho mai smesso di amarti....per questo sono qui...e se anche tu credi in questo miracolo fammi rimanere, altrimenti lasciami andare..." fu tutto ciò che disse.
In quel momento mi resi conto che era stata quella inconscia speranza a tenermi in vita e non ebbi dubbi sulla mia risposta: "Rimani " sussurrai abbracciandola.
EPILOGO
SANEM
Io e Can ci siamo stabiliti definitivamente a Cuba dove lui può seguire senza difficoltà la cura farmacologica ed essere tenuto continuamente monitorato.
I ragazzi, come anche Emre e Leyla, ci vengono a trovare ogni volta che i loro impegni glielo permettono.
Ferit non ci serba rancore e saltuariamente ci sentiamo ancora. Gli anni che abbiamo passato insieme hanno lasciato in entrambi un bellissimo ricordo che non rinneghiamo affatto.
Gli ho voluto bene e ancora gliene voglio. Oggi mi chiedo se lo abbia mai amato, ma non so darmi una risposta, o, forse, non voglio darmela.
Io e Can non parliamo mai del passato o del futuro, semplicemente viviamo il presente consapevoli che ogni giornata passata insieme è un regalo che la vita ci fa.
Abbiamo imparato a gioire delle piccole cose: una carezza, uno sguardo, una breve passeggiata in riva al mare, un tramonto...
Chiedermi di restare è stata una dichiarazione d'amore, perché ci vuole amore non solo nell'assistere una persona malata ma anche nel permettere che questo accada. La malattia ti spoglia della tua dignità, fa emergere tutte le tue paure, ti mette completamente a nudo e nessuno vorrebbe ma farsi vedere così vulnerabile.
Tuttavia ancora oggi quando guardo Can io non vedo un uomo malato, ma il mio Albatros che mi porta in volo sulle sue ali e mi fa sognare e di lui potrei innamorami mille volte ancora!
FINE
STAI LEGGENDO
VENT' ANNI DI NOI
RomanceQuesto racconto è il seguito di "Un amore Dimenticato". Com'è stato l'amore tra Can e Sanem? I vent'anni trascorsi insieme, la nascita dei figli, la loro quotidianità, fino al quel tragico incidente, come li hanno vissuti? E quello di Can è stato d...