Capitolo 33

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 KEREM

Ero d'accordo che sarei passato dallo studio di Metin, ad Istanbul, per ritirare il visto per entrare in Pakistan e poi da lì sarei andato direttamente in aeroporto.

Quando arrivai, la sua segretaria mi fece subito accomodare e lo trovai che contemplava assorto il panorama della città dalla gigantesca finestra del suo ufficio.

"Non è necessario che tu faccia questo viaggio Kerem" esordì, sempre voltandomi le spalle.

"Cosa intendi Metin? Non capisco" chiesi confuso.

"Voglio dire che in Pakistan non troverai nulla, semplicemente perché tuo padre là non ci è mai andato..." mi rispose voltandosi verso di me.

Lo guardai senza capire " Come non ci è mai andato?" sussurrai.

"Forse è meglio che tu ti sieda, perché quello che sto per dirti credo non ti piacerà...."proseguì calmo Metin.

Feci come mi aveva detto e lo ascoltai mentre, finalmente, mi raccontava tutta la verità. Quando finì ero incredulo. Non sentivo nulla: né rabbia, né gioia, né delusione niente di niente. Era come se il mio cuore si fosse svuotato di tutti i sentimenti.

"Voglio vederlo!" fu l'unica cosa che riuscii a dire.

Metin assentì col capo "ti ho già prenotato un volo per Cuba e qui hai il suo indirizzo" disse.

"Grazie" risposi prendendo il foglietto che mi porgeva ed alzandomi per andarmene.

Ma lui mi bloccò "Ancora una cosa Kerem... preparati perché quello che troverai a Cuba è solo un lontano ricordo di tuo padre" mi avvertì prima di rivolgersi nuovamente verso la vetrata.

METIN

Mi ero liberato la coscienza.

Dopo 10 lunghi anni avevo posto fine a quella orribile bugia, che mi aveva visto complice e mi aveva perseguitato ogni notte da allora. Finalmente mi sentivo in pace con me stesso.

Avevo temuto che Kerem reagisse in modo violento, insultandomi per quello che avevo fatto, invece aveva mantenuto un controllo ed una calma invidiabili. Come avevo immaginato voleva vedere Can ed io speravo che riuscissero a parlarsi e a chiarirsi.

Invece non sapevo proprio come avrebbe potuto accogliere la notizia Sanem. Era una donna forte, è vero, ma quanto dolore e quanti torti può sopportare l'animo umano prima di impazzire? Era questa la mia paura e anche quella di Can. Per questo aveva rinunciato a tornare da lei pur amandola profondamente.

Dicono che l'amore può superare ogni ostacolo, ma è proprio così? "Beh presto lo avrei scoperto " pensai prima di rimettermi al lavoro.

KEREM

Arrivai a Cuba il giorno seguente. Atterrai all'Avana e da lì presi un taxi che mi portò da mio padre.

Viveva in una piccola villetta sulla spiaggia. Mi avvicinai all'ingresso senza sapere bene cosa fare.

Durante il volo avevo immaginato quell'incontro in mille modi diversi, ma quando la porta si aprì capii che niente e nessuno avrebbe potuto preparami a quello che vidi.

Nell'uomo che mi stava di fronte facevo fatica a riconoscere mio padre. Era dimagrito parecchio, i suoi capelli neri si erano diradati e tinti di grigio sulle tempie, come pure la barba. Sembrava facesse fatica a reggersi in piedi e si aiutava con un bastone. Il suo volto portava i segni di tutto il dolore che doveva aver provato. Rughe profonde gli contornavano gli occhi e gli angoli della bocca. Anche il suo sguardo era cambiato, testimone, anch'esso, di profonda sofferenza, non solo fisica.

"Papà..." fu tutto ciò che riuscii a dire prima che le mie braccia si spalancassero per accoglierlo in un abbraccio che non aveva bisogno di parole.

Lo strinsi forte a me.

Se mai avevo provato rabbia o rancore nei suoi confronti per ciò che aveva fatto, in quell'istante scomparvero come neve al sole per lasciar posto a tutto l'amore che provavo per lui.

Stretti l'uno all'altro rimanemmo fermi su quella soglia per in tempo infinito facendo parlare per noi i nostri cuori che muti non erano stati mai.

VENT' ANNI DI NOIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora