Capitolo 2

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 CAN

Erano passati ormai alcuni mesi dalla nascita di nostro figlio e noi cominciavamo a scoprire non solo le gioie di essere genitori, ma anche i dolori. Primo fra tutti la mancanza di sonno. Dopo le prime settimane, durante le quali Kerem mangiava e dormiva, illudendoci che così sarebbe stato per sempre, il piccolo incominciò a svegliarsi durante la notte. Piangeva disperato facendoci andare nel panico perché ancora non eravamo in grado di interpretare quel pianto: fame? Coliche? I primi dentini? O semplicemente desiderio di sentire le braccia di mamma e papà che lo cullavano? In ogni caso quello significava la fine del nostro dormire.

I primi tempi io e Sanem facevamo a turno, ma poi lei preferì prendersi carico completamente di questi "risvegli" per permettere a me di riposare e di andare a lavorare tranquillamente la mattina successiva.

 In pratica passava tutte le notti nella camera di Kerem e... lontano dal nostro letto. Poco a poco questa situazione cominciò a pesarmi. Sentivo anch'io il bisogno di averla vicino, di addormentarmi abbracciato a lei e di svegliarmi con lei accanto. Invece trovavo solo un cuscino vuoto a farmi compagnia.

SANEM

Il mio ruolo di madre mi aveva assorbito completamente facendomi dimenticare di essere anche una moglie ed una compagna.

Sembrava persino impossibile come un essere così piccolo ed indifeso potesse assorbire tante energie, eppure, dopo averlo lavato, vestito, allattato e cullato, io mi sentivo sfinita.

Nelle poche ore libere che mi rimanevano cercavo di dormire un po', visto che di notte questo difficilmente accadeva, oppure annotavo i miei pensieri su un quaderno come era sempre stata mia abitudine.

Mi rendevo conto di trascurare Can, anche se lui non me lo faceva pesare, ma era più forte di me.

In un certo senso ce l'avevo con lui. La nascita di Kerem era stata una grande gioia per entrambi, ma chi aveva dovuto adattarsi maggiormente ai cambiamenti, che la sua venuta aveva portato, ero stata io.

Io avevo dovuto rinunciare, anche se temporaneamente, al mio lavoro. Io avevo dovuto adeguarmi ai suoi ritmi sonno/veglia (soprattutto veglia) e ancora io avevo dovuto accettare quei piccoli cambiamenti sul mio corpo che la gravidanza porta con sé.

Mi sembrava di vivere in una bolla, in una realtà parallela, isolata dal resto del mondo di cui non mi sentivo più parte attiva.

Senza rendermene conto stavo alzando un muro tra me e Can, dietro al quale mi nascondevo con le mie paure e le mie fragilità e, irrazionalmente, accusavo lui di questo.

VENT' ANNI DI NOIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora