Capitolo 47

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ANNABETH'S POV

Martedì 19 gennaio, Half – Blood High School (Manhattan), ore 12:37.

Avevo appena avuto la bella notizia che il mio ex ragazzo aveva chiesto ad un'altra ragazza di "vedersi" ed avendo iniziato a singhiozzare, per non farmi sentire, ero scappata fuori scuola ed ero andata a sedermi sugli spalchi del campo da football.

Mi misi in una posizione degna da qualsiasi ragazza di un film romantico che piange disperata, con il mento appoggiato sulle ginocchia vicine al petto e le braccia intorno alle gambe, perché sono l'unica cosa da poter abbracciare in quel momento.

Io? Annabeth Chase? Annabeth Chase che scappa piangendo dopo aver sentito che un ragazzo non voleva più uscire con lei?

Sembrava surreale.

Io non scappavo. Io ero il tipo di persona che prende i problemi in pieno petto. Cosa mi stava succedendo?

Era il tanto famoso amore a farmi sentire così diversa da com'ero di solito?

Mentre piangevo, riflettei meglio su quello che stava succedendo e capii che piangere non sarebbe servito a nulla, soprattutto perché Percy non meritava quelle lacrime.

Questo pensiero fece smettere di far uscire della stupida acqua salata dai miei occhi e iniziai finalmente ad avere una vista più chiara di quello che era un semplice campo da football immensamente vuoto.

Ero arrabbiata, ma in realtà non ne avevo il diritto: ci eravamo lasciati (dopo sole cinque settimane) e gli avevo chiaramente detto di lasciarmi in pace.

Mi maledissi non so quante volte per aver detto quella frase. Il mio era un modo per dirgli di farsi coraggio e di mostrare di quanto veramente gli importasse di me.

Uno stupido, stupidissimo modo.

Non avendo capito, ai suoi occhi, aveva fatto come gli avevo detto e se avessi avuto qualcosa da ridire sarebbe stato strano, perché, appunto, aveva "seguito i miei ordini".

Perché non glielo avevo detto direttamente?

Perché ero stata stupida, ecco perché.

Perché non aveva capito cosa intendevo?

Perché ero stata stupida, ecco perché.

Ma un'altra domanda che mi assillava era: perché Percy non aveva continuato a provarci?

La risposta mi fu fornita molto gentilmente da Percy stesso, senza che neanche lo sapesse: era andato avanti. Con Reyna.

Perché Reyna Ramirez-Arellano doveva mettersi in mezzo in quel casino che eravamo già io e lui? Non bastavamo solo io e lui a comportarci come stupidi per rovinare tutto?

Mi resi conto che per diversi motivi ci stavamo allontanando sempre di più: quando gli avevo detto che mi aveva persa (in una delle pause per il tè del mio cervello), quando dopo aver dormito a casa mia Percy era scappato senza avere neanche il coraggio di salutarmi, quando non lo avevo perdonato per quello che aveva fatto e non gli avevo detto che non era colpa sua, lasciando che si incolpasse di tutto... Ma la cosa peggiore era stato vederlo -o meglio, sentirlo- con Reyna.

Fu la goccia che fece traboccare il vaso nel nostro allontanamento. Nei giorni precedenti mi sembrava che stessimo facendo un passo avanti e due indietro in una specie di gioco dell'oca in cui dovevamo incontrarci a metà. Ma assistendo a quella scena, capii che ormai non c'era più il gioco dell'oca: Percy aveva abbandonato la nostra partita al nostro gioco e aveva deciso di giocare a Monopoly con Reyna.

I still need you ~ PercabethDove le storie prendono vita. Scoprilo ora