14. Domenica

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VERONICA'S POV

Mi svegliai ormai stanca per il troppo dormire. Sollevai leggermente la testa da quello che pensavo fosse i cuscino ma una tremenda fitta alla testa mi fece cambiare idea. Riappoggiai il capo sul cuscino stordita.

Un momento, quello non era un cuscino. Era sodo e sudaticcio.

Iniziai a tastare la superficie e sentii ridere. Oh Dio santo, era Luke! Diamine, che imbarazzo! Perché ero sul suo petto? Perché lui era senza maglietta? E perché era così fottutamente comodo?

Non curante del mal di testa mi distanziai da lui con dispiacere - era così confortevole - e mi stesi sull'altra parte del letto. Un intenso dolore iniziò a propagarsi per la mia testa, sempre più forte. Poggiai le mani sulla fronte e mi rannicchiai su me stessa per il male. Sentivo come se mille martelli mi stessero percuotendo la testa.

«Stai bene?» sentii sussurrare e una mano mi afferrò per un fianco.

«No, per niente. Mi sta scoppiando la testa!» mi lamentai.

«Ci credo, con tutto quello che hai bevuto ieri sera!» rise.

Lo mandai mentalmente a fanculo poiché dirlo a voce risultava troppo impegnativo.

«E tu che ci fai di nuovo qui?» chiesi una volta che il mal di testa si era placato.

«Come? Non ti ricordi?» chiese serio.

Mormorai un «No» terrorizzata dal sapere la risposta. Se avevo veramente allargato troppo la manica avrei anche potuto fare qualcosa che non volevo. Bhe, non è che non volessi così tanto andare a letto con Luke, ma una cosa del genere me la sarei ricordata, vero?

Non mi rispose ma si mise sopra di me con sorriso sornione, approfittando del mio stato di intontimento «Qualunque cosa abbia fatto ero ubriaca e non rispondevo delle mie azioni, sia chiaro» mi scagionai deglutendo.

«Oh, ma così mi offendi» si finse dispiaciuto «Ma non sono certo della tua affermazione pensando che stanotte continuavi ad urlare il mio nome a scuarcia gola e gemevi ogni volta che ti toccavo. Mi supplicavi vogliosa di scoparti come se non ci fosse stato un domani» rise.

Spalancai gli occhi e sentii le mie guance andare a fuoco.

La sua faccia assunse un ghigno divertito mentre tentava a tutti i costi di trattenere le risate.

Il sangue iniziò a bollirmi nelle vene «Stupido maniaco morto di figa, levati o non ne vedrai una per il resto della tua vita dato che ti strapperò gli occhi con le tue stesse dita» minaciai a denti stretti.

Rise «Oh, piccola, tu dici di non volermi, ma i tuoi occhi dicono tutt'altro» assunse un'espressione da saputello.

«Fammi indovinare: questa cagata l'hai presa dai cioccolatini scontati che vendono al supermercato dei deficienti nel reparto "coglioni"?» chiesi con finto sorriso.

«Fammi indovinare: ciclo?» domandò pensando di essere divertente, ma non lo era.

«No, mio caro, l'ho avuto due settimane fa» chiarii mantenendo il mio dolce sorriso.

Sorrise malizioso «Buono a sapersi, allora».

Alzai gli occhi al cielo «Luke, devo andare a urinare, per piacere, potresti levare le tue sudice mani dai miei polsi? Grazie!».

«No» rise agitando la testa lentamente.

«Seriamente, Luke, se non mi lasci andare la faccio qui» avvisai.

«Prego» invitò sorridendo beffardo.

Sbuffai «Mi dici perché devi tenermi così? È così difficile parlare come due persone normali?» sclerai.

Due settimane con Hemmings Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora