Capitolo 23

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Paesello 27 luglio.

Simona così come gli altri ragazzi era distrutta da quanto accaduto a Megan. Poche ore dopo aveva saputo anche che Mario aveva fatto un murales per Jennifer. 

Era a pezzi.

Tutte le volte che era in questo stato la soluzione migliore è sempre stata quella di fare jogging e sfogarsi un pò. Prende il telefono e manda un messaggio al suo capo.

//Oggi non vengo a lavoro. //

Va in camera sua. Si cambia. Prende le chiavi dell'auto e va verso la spiaggia. Una zona che pensava desolata ma dove diverse settimane prima si era accorta che non era così, vedendo lì diversi turisti napoletani e soprattutto Mario. Parcheggia l'auto sotto un vecchio pioppo. Mette le sue cuffie nell'orecchio e accende un pó di musica. Ligabue. Ci sei sempre stata. Inizia a correre e sudare sull'asfalto alle spalle della spiaggia. Il sudore lasciava il posto alle lacrime. 

Dopo diverse centinaia di metri in cui la testa era insieme a Megan in quel letto di ospedale, vede la Fiat Punto di Gabriella parcheggiata. L'aveva sentita il giorno prima per chiedergli come stesse suo fratello, e tra una cosa e l'altra Gabriella le raccontò che aveva dato la sua auto a Mario per muoversi.

Il suo sguardo che prima era perso nell'asfalto, adesso scrutava in giro per cercare il ragazzo. In quelle settimane era stata molto dura con Mario. Rifiutando i suoi saluti. Sfuriandosi con lui per un cocktail offerto. Guardandolo male quelle poche volte che gli ricambiava lo sguardo. Mario le aveva strappato il cuore, e lei tutte le volte che lo vedeva tiravi fuori un coraggio che in realtà non aveva. Ogni volta finiva con un pianto in camera sua. La serata del bloody mary pianse fino alla mattina successiva abbracciata ad un cuscino. Il giorno della pineta non andò a lavorare e rimase a casa a piangere. Ogni volta che lo vedeva era uno strazio. Di fronte a lui una roccia. Quando andava via ed era sola, si toglieva quel trucco e quella corazza e ritornava ad essere quella che era sempre stata.

Continua a scrutare dappertutto finché non vede una sagoma da lontano con una t-shirt nera, seduta sul bagnasciuga con la testa tra le ginocchia e le mani sopra di essa. Si intravedeva una macchia sulla nuca. Non aveva dubbi era Mario. Simona ferma un attimo la sua corsa e decide di fare ciò che credeva fosse giusto. La loro sofferenza in quel momento era comune. In quel momento non esisteva Mario. Non esisteva Simona. Non esisteva quel murales. Non esisteva il passato. Esisteva solo una loro amica in fin di vita in un letto d'ospedale. Con calma ma decisa si incammina sulla spiaggia andando verso di lui. Mentre si avvicinava il pianto di Mario era sempre più chiaro e si sentiva sempre più forte. Lui non si accorge della sua presenza fin quando lei non gli siede accanto. Lui la guarda piangendo. Lei lo abbraccia forte facendo scendere la testa di lui sul suo seno. I ragazzi stanno in quella posizione per diversi minuti senza dire una parola, fin quando anche Simona non inizia a piangere. Stavolta è lui ad abbracciarla. Si asciuga qualche lacrima e fissano entrambi il tramonto. Non si dicono una parola e non si guardano mai in faccia.

Simona si stacca da quell' abbraccio e inizia a scrutarsi intorno per capire bene in che zona della spiaggia si trovasse. Come se stesse cercando qualcosa.

"Stai qui. Non ti muovere."

Mario guarda la ragazza che gli dà le spalle senza dire una parola. Lui ritorna a fissare il vuoto e a pensare a Megan. Agli ultimi attimi passati insieme.

Dopo quindici minuti circa Simona ritorna da lui con due cocktails in mano.

"Scusami ma in questo posto abbandonato da Dio il lido più vicino è a un chilometro."

Gli dice passandogli un bloody mary.

Lui la guarda meravigliato e resta in silenzio.

"Non voglio che mi dici grazie. Voglio solo che mi dici se ti piace, dato che l'ho preparato io. Quel tizio al bar non era capace." dice lei sorseggiando il suo.

Il ragazzo assaggia il cocktail fissando l'orizzonte. Si asciuga l'ultima lacrima e sorride.

" Brava. È molto buono." dice lui.

I ragazzi si guardano pochi istanti. Poi come al solito lui distoglie lo sguardo.

"Non ce la fai proprio a guardarmi in faccia eh?" dice lei.
Lui piega la testa. "No. Non ci riesco."
"Tu che non riesci a guardare qualcuno in faccia?! Come mai sentiamo?"
"Perché ogni volta che ti vedo. Ogni volta che sento il tuo nome. Ogni volta che ti penso mi sento una merda."
Simona si sente morire dentro. Ma fuori è fredda e riesce a mantenere la razionalità. Così cambia discorso.

"Come ti senti?" 

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