Capitolo 21

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Catherine si sentiva soffocare. Un forte calore le bruciava la pelle rendendola quasi incandescente. La testa le martellava in maniera talmente pesante da non riuscire quasi a pensare.
I suoi incubi erano abitati da Daniel che tentava di abusare di lei. Le metteva le mani addosso ovunque, le strappava i vestiti e la bloccava col suo peso. Lei, per quanta forza mettesse, non riusciva a sottrarsi a quelle terribili attenzioni. Nei suoi sogni compariva anche il suo patrigno che le imponeva di essere accondiscendente col suo fidanzato e le diceva di fargli fare tutto quello che voleva perché lei non contava niente.
Cat urlava e tentava di sottrarsi a quelle carezze non desiderate, cercava di allontanarsi da quelle sudice mani, urlava contro mr. Harris che le diceva di fare la brava fidanzata, il tutto con scarsi risultati.
Non sapeva quanto tempo fosse passato. Sapeva solamente che viveva costantemente quegli incubi. Ogni tanto, in lontananza, sentiva qualcuno che le parlava. Non capiva cosa dicesse quella voce ma, stranamente, quel tono e quella voce erano le uniche cose che riuscivano a tranquillizzarla.
Ad un certo punto le immagini si tramutarono e davanti a lei apparve sua madre.
"Mamma..." iniziò a chiamarla.
Lei apriva le braccia per invitarla a raggiungerla e farsi stringere tra le sue braccia. Purtroppo quando Cat cercava di camminare ma non ci riusciva. Aveva le gambe bloccate, come se qualcuno la tenesse da sotto i piedi.
Dopo vani tentativi per liberarsi da quella morsa, la figura di sua madre, ad un certo punto, si dissolveva in una fitta nebbia, e, per quanto la chiamasse, non riusciva a fermarla.
Lacrime di angoscia iniziarono a scendere dal viso di Catherine.
"Nooo! Ti prego! Non andare via!"
Sentiva qualcuno che le asciugava le lacrime e che le passava qualcosa di fresco sulla pelle bollente, dandole una piacevole sensazione di sollievo.

Non seppe per quanto tempo fosse rimasta immersa in quegli incubi.
Quando finalmente riuscì ad aprire gli occhi si sentiva estremamente debole e delle fitte di dolore le riempivano il corpo. Aprendo lentamente gli occhi riuscì a distinguere una sagoma di fronte a sé, illuminata dalla fioca luce che filtrava dalla lampada del comodino.
"Principessa..."
Catherine cercò di muoversi ma non ne aveva la forza.
"Tranquilla piccola, non ti sforzare"
"Jack..." mormorò debolmente.
"Shhh... sono qui" disse Jack.
Sentì un panno fresco posarsi sul suo viso, dando sollievo alla sua pelle bollente.
"Mmmm... continua"
Vide Jack sorridere nella penombra "Ai vostri ordini, milady" scherzò continuando a passarle la pezza sul viso.
"Cosa mi è successo?" chiese Cat dopo un po'.
Jack continuò a passare il panno sul suo collo "Un serpente ti ha morso quando hai attraversato la foresta per tornare alla nave. Hai avuto la febbre alta per giorni, ma finalmente sei cosciente"
"Un serpente?" Catherine era confusa "Da quanto tempo ho la febbre?"
"Due settimane"
Catherine rimase a bocca aperta "Davvero?"
"Sì... ma io ero sicuro che ti saresti ripresa..." disse Jack accarezzandole il viso.
Catherine lo guardò in silenzio.
Chiuse gli occhi godendosi la meravigliosa sensazione di quel panno bagnato sulla sua pelle rovente.
Poco dopo entrò Peter con un piatto in mano.
"Ohhh! Finalmente sveglia! Pensavo che avremmo dovuto di nuovo imboccarti mentre eri incosciente"
Catherine guardò dubbiosa prima l'uno e poi l'altro "Di nuovo? Siete stati qui tutto il tempo?"
"Certo! Dove avremmo dovuto essere?" affermò Peter passando il piatto a Jack.
Lui prese un cucchiaio di quella che doveva essere una zuppa e fece per imboccarla.
Catherine si scansò "Non ho fame!"
"Devi sforzarti!" le disse Peter.
"Ho dei dolori fortissimi e non riesco memmeno a muovere un muscolo. La fame è l'ultima cosa a cui penso"
Jack abbassò il piatto.
"Lo so, tesoro. È l'effetto del veleno che hai ancora in corpo. Ma devi mangiare per farti forza e combatterlo. Fallo per me, ok?"
Catherine lo fissò stupita.
Da quando si preoccupava così per lei?
"E anche per me, ovviamente!" Affermò Peter battendosi una mano sul petto.
Catherine rise debolmente.
"Ecco il bel sorriso che mi era mancato..." disse Jack dandole un cucchiaio di zuppa.
Catherine iniziò lentamente a mangiare.
"Adesso siete amici voi due?" chiese ai due uomini.
I due si guardarono.
"Beh... stare fianco a fianco per due settimane in tutte le ore del giorno e della notte ha decisamente contribuito" affermò Peter con un gran sorriso.
"Fianco a fianco? Cioè non avete mai lasciato la mia cabina in queste due settimane?"
Jack restò in silenzio ad imboccarla.
Peter si grattò dietro al collo.
"Dovevamo controllarti. E nessuno dei due aveva intenzione di lasciare la stanza, per cui..."
Catherine si stupí per come l'avevano accudita. Per quanto fosse amico non si aspettava tanta fedeltà da parte di Peter. Era ancora più stupita di Jack. Il giorno prima che si sentisse male l'aveva abbandonata sulla spiaggia dicendole a chiare lettere di dimenticarlo. Poi, però, aveva passato le due settimane successive al suo capezzale assistendola ventiquattr'ore su ventiquattro.
Lacrime di gratitudine le salirono agli occhi.
L'ultima volta che era stata sveglia si sentiva estremamente sola e adesso entrambi erano lì per lei.
"Grazie" mormorò piano.
Jack le fece un leggero sorriso.
Peter, per scherzare, le fece il saluto da soldato.
Catherine sentì nuovamente le palpebre pesanti.
"Come è possibile che abbia ancora sonno?"
Jack mise da parte il piatto e le accarezzò le dita della mano.
"È normale, piccola. Colpa del veleno che hai ancora in corpo. Bevi il tuo infuso e dopo riposa un altro po'"
"Non riesco ad alzarmi..."
Jack ne era ben cosciente, per cui, come ormai era solito fare, la prese dalle spalle e la fece appoggiare a sé. Le avvicinò la tazza alle labbra e le fece bere una buona dose di medicina.
Poi, piano piano, la posò nuovamente sul cuscino.
"Brava tesoro, adesso dormi ancora. Io sarò qui, accanto a te"
Catherine chiuse gli occhi. Era così dolce.
Se questo era un sogno sperava di non svegliarsi più.

Nei giorni successivi Catherine continuò ad avere una febbre altalenante che si alzava molto soprattutto la notte e spesso Jack rimaneva accanto a lei per farle impacchi di acqua fredda e aceto.
In ogni caso sembrava che l'infuso, piano piano, stesse facendo effetto.
Sempre più spesso Catherine era cosciente, sebbene non riuscisse ancora a muovere molto i muscoli, atrofizzati ancora dal veleno in circolo nel suo corpo.
Janet, la mattina, dopo averla lavata, le faceva fare degli esercizi alle braccia e alle gambe per non farli atrofizzare.
Catherine dopo si sentiva ancora più esausta, ma capiva che lo faceva per il suo bene. Sì arrabbiava con sé stessa per la debolezza del suo corpo. Lei che aveva passato gli ultimi anni a fare acrobazie strabilianti adesso si stancava solamente ad alzare un braccio.
A tutto ciò si aggiungevano gli atteggiamenti di Jack che la rendevano molto confusa.
Non aveva dimenticato che le aveva detto, solo pochi giorni prima, che non sarebbero mai stati insieme. Allora perché passava ogni ora del giorno accanto a lei? Si sentiva in colpa per quello che era successo?
Molto probabilmente sì, era solo quello.
Non voleva più illudersi con lui. E nemmeno  aveva la forza di chiedere spiegazioni direttamente a lui. Immaginava che la risposta non le sarebbe piaciuta e le avrebbe portato altro dolore. Un dolore che in quel momento non aveva la forza di gestire.
Intanto doveva pensare a sé stessa e a rimettersi da quella situazione.
Tutto il resto sarebbe stato rimandato a dopo.

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