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Una sera, dopo il club, mi ero dovuta spostare di nuovo a Shibuya per raggiungere il Tokyu Department Store: uno dei centri commerciali più grandi e meglio forniti in città. Quest'improvvisa incursione era dovuta ad una richiesta del professore di chimica che, in mattinata, aveva avvisato la classe che l'indomani avremmo iniziato le attività laboratoriali e che dunque sarebbe stato necessario disporre di un camice professionale. Lì per lì non avevo idea di dove poterlo acquistare, ma delle mie compagne di classe mi avevano suggerito proprio quest'edificio. Uscita dalla stazione di Shibuya, non ho dovuto faticare molto per trovarlo visto che c'erano varie indicazioni ed era ad appena cinque minuti di camminata dalla zona.

Me l'ero presa comoda per potermi godere meglio l'ambiente.

Erano passate da poco le 20, iniziava ad essere buio, ma mi sentivo al sicuro. Sapevo che anche se ero una ragazzina, straniera e sola avrei potuto passeggiare tutta la notte in tranquillità. Questa era una delle cose che più amavo del vivere in Giappone: il rispetto per chiunque e per qualsiasi cosa. Penso sia meraviglioso. Ad ogni modo, le strade erano come sempre affollatissime di persone con un buon passo spedito, c'era chi indossava ancora giacca e cravatta dall'ufficio, studenti che, come me, portavano ancora la divisa chiacchierando con gli amici, i locali erano pieni per la cena e nell'aria c'era la tipica e costante frenesia di Tokyo. Un'altra cosa che mi affascinava un sacco erano le insegne dei negozi e dei ristoranti che racchiudevano ogni via. Erano illuminate da colori brillanti e vivaci per far risaltare al meglio le scritte che riportavano. Di notte i maxischermi sui palazzi erano ancora più in contrasto con l'asfalto nero su cui si riflettevano e l'atmosfera, tra pareti di luminarie, musica delle sale giochi ed il suono delle auto in continuo movimento, era davvero unica. Essendo italiana mi sembrava quasi un altro mondo o semplicemente di essere entrata in un film, ma questa adesso era la mia vita reale e non potevo essere più fiera di dove fossi.

Appena sono entrata al Tokyu D.S. ero davvero spaesata così, molto educatamente ho chiesto aiuto ad una signora che mi era appena passata affianco. Dopo averle chiesto dove fosse il negozio che mi serviva, fu così gentile da proporsi di accompagnarmi lei stessa visto che, ad ogni modo, le serviva recarsi in uno di quelli adiacenti. Dopo averla ulteriormente ringraziata e salutata con un lieve inchino, ho iniziato il mio shopping scolastico. Ogni volta che entravo in una struttura commerciale ero accolta dal personale che si preoccupava nell'immediato di darmi il benvenuto ed aiutarmi. Una cosa davvero carina era come si impegnassero a parlarmi in inglese vedendo i miei lineamenti stranieri. Di mio, mi affrettavo a ringraziare per la gentile disponibilità, ma spiegavo loro che riuscivo a capire ed esprimere un giapponese di base. Spesso i commessi si stupivano e mi facevano complimenti per il mio impegno, ma credo che anche se avessi parlato con una grammatica pessima non me l'avrebbero di certo fatto notare per gentilezza e per non mettermi in imbarazzo. In appena venti minuti avevo compiuto la mia missione e la mia testa era già proiettata su quando sarei arrivata a casa e mi sarei fatta un bel bagno concedendomi un minimo di tranquillità. Dalle sette di mattina non mi ero mai fermata e con delle giornate così piene di impegni mi impegnavo per godere al meglio di ogni istante. In questo periodo si stava davvero bene per strada o semplicemente all'aperto. Essendo inizio ottobre le giornate avevano già iniziato ad accorciarsi lievemente, ma, cosa più importante, l'asfissiante umidità e calura estiva stavano calando settimana dopo settimana progressivamente.

Rientrata alla stazione di Shibuya, ho ricontrollato la linea che dovessi prendere su una cartina appesa sulla parete e, dopo aver recuperato dallo zaino il mio abbonamento, mi sono incamminata verso il binario che mi avrebbe riaccompagnata a casa. Mentre studiavo il tabellone delle vie ferroviarie un gruppetto di cinque, forse sei, ragazzi mi avevano squadrata dalla testa ai piedi per poi commentare qualcosa tra loro. Non diedi alcun peso alla cosa visto che accadeva spesso in quanto, come non Giapponese, attiravo l'attenzione essendo così diversa da loro. Una volta al binario, nell'attesa del mio treno, presi in mano il cellulare per passare quei cinque minuti scarsi scrollando il feed di Instagram e TikTok. Dopo poco mi resi conto che il gruppo di ragazzi di prima veniva nella mia direzione. Li riconobbi per la felpa bianca e verde che portavano tutti: probabilmente era la divisa di un club sportivo di cui erano parte insieme. Mantenni lo sguardo sul mio schermo fino a quando uno tra i più alti mi si avvicinò ulteriormente ed iniziò a parlarmi a caso:

-Piacere, Daishou Suguru. Sei del liceo Nekoma, vero?

"Conosceva la mia scuola?" mi chiesi di quel ragazzo coi capelli castani dai riflessi color verde. "Sicuramente l'avrà intuito dalla mia divisa".

-Sì... La tua scuola è...?

Orgogliosissimo e sollevando il mento, mi disse: -Il Nohebi.

-Non lo conosco...- gli risposi con un lieve imbarazzo per la mia ignoranza. Se me l'aveva annunciato in quel modo doveva essere davvero una scuola molto importante. In un attimo lo avevo distrutto, ma questo non lo scoraggiò troppo dal continuare a parlarmi:

-Sai, sono il capitano della squadra di pallavolo. A novembre ci classificheremo sicuramente per i nazionali. Vieni a vederci giocare, per favore.-

Anche noi avremmo avuto le qualifiche nelle stesse date quindi, quasi sicuramente, mi ritrovavo davanti ad una delle squadre avversarie. Ero tentata dal sbattergli in faccia che io fossi la manager del club di pallavolo del Nekoma e che avremmo dato il massimo per stracciarli, ma proprio in quell'istante arrivò il mio treno che mi tolse da ogni imbarazzo. Mi scusai, li salutai di fretta e salii nel primo vagone davanti a me. Mentre mi sistemavo su un sedile ripensai a quello che era appena successo. Il giorno dopo avrei di certo chiesto ai senpai qualcosa su quella scuola. Si chiamava No-hebi... Hebi significa serpente... Beh, quel tipo mi dava davvero la sensazione di una serpe, col suo modo di fare malizioso e viscido...

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To be continued... 🤍

Eccomi, scusatemi tantissimo per l'assenza, ma la scuola sta cercando di annegarmi definitivamente. Spero a voi vada meglio, ma ad ogni modo buon primo maggio e, mi raccomando, oggi approfittatene per riposare bene!🤍

Kuroo Tetsurou x reader (HAIKYUU!)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora