Capitolo 20

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Guardavo in su e il sole mi feriva leggermente gli occhi, che chiusi prontamente, avendo dimenticato sbadatamente gli occhiali da sole all'interno della casa.
L'erbetta sintetica del giardino, ancora leggermente umida dopo la notte, mi solleticava la schiena nuda, ma non era una sensazione spiacevole, anzi tutto il contrario.
Riaprii piano gli occhi. Una piccola nuvola bianca come il latte aveva coperto il sole, dunque il fascio di luce non mi accecava più. Il cielo non era limpido e a quella che aveva oscurato la palla infuocata, si aggiungevano incessantemente tante altre nuvolette, simili a zucchero filato. Mi sentivo sereno e il respiro che fuoriusciva dalla mia bocca semiaperta era regolare. Il cuore batteva al ritmo giusto: tum tum tum. Ero così rilassato che quasi sentivo di stare per addormentarmi.
Il sole tornò, illuminandomi il viso.
Subito dopo un'ombra mi coprì il volto. Era Fra.
'Hey'-dissi, sorridendo leggermente.
'Hey'-mi rispose lui di rimando-'cosa stai facendo?'
'Mi stavo riposando, ti vuoi stendere qui anche tu?'-chiesi.
'Se vuoi stare da solo, ti lascio nei tuoi pensieri, lo sai che non c'è nessun problema per me'.
Francesco era sempre così premuroso nei miei confronti. Così, gli sorrisi con tenerezza, aggiungendo:
'Se avessi voluto stare da solo, non ti avrei proposto di rimanere. Mi fa piacere quando mi stai accanto'.
Fra non rispose, ma si sdraiò con lentezza accanto a me.
Con la coda dell'occhio, riuscivo a osservare l'uomo steso così vicino a me che quasi le nostre dita si sfioravano: lo sguardo rivolto verso l'alto, il naso prominente che a me piaceva tanto, sebbene lui non lo amasse particolarmente, la mano sinistra all'altezza dello stomaco e il petto che faceva su e giù regolarmente. A tratti riuscivo a sentire anche il suo respiro, quando lui lo faceva uscire dal naso, la bocca carnosa era chiusa e le sue labbra sembravano ridenti colline.
'Guarda, Fra'-esclamai, indicando una nuvola particolarmente interessante-'quella sembra la mia Gildina'.
'Quella, invece, un paio di scarpini da calcio'-mi fece eco Francesco.
'Non so, a me sembra più un berretto da baseball'-ribattei.
'Mh, forse hai ragione'.
'Ripetilo'-dissi, voltando la testa di scatto verso di lui.
Francesco Maria Oppini che mi dava ragione? Avevo un disperato desiderio del mio telefono in quel momento, così da poter registrare la sua affermazione.
'Cosa?'-mi domandò lui, fingendo di non aver capito a quale sua frase alludessi.
'Quello che hai appena detto'-ribadii.
'Ho appena detto che quella nuvola mi sembra un paio di scarpini da calcio, cosa c'è di strano?'
'No, lo stai facendo apposta. Quello che hai detto dopo'-continui imperterrito.
'Va bene'-dichiarò Fra, allungando leggermente la lettera 'e' alla fine della parola e alzando gli occhi al cielo-'hai ragione, Tommy, sei contento?'
'Da morire!'-esclamai, fingendo di asciugarmi una lacrima, dunque passando un dito sotto l'occhio destro.
'Me lo dici di nuovo?'-lo pregai, mettendo su un faccino adorabile, con tanto di labbruccio.
'Certo che sei egocentrico tu eh!'-mi disse ridacchiando Franci, mentre io annuivo, la mia arma letale ancora in atto.
Francesco tirò leggermente verso di sé il mio labbro inferiore, il quale, con quell'espressione che ostinavo a tenere, sporgeva visibilmente.
'Hai ragione, Tommy'-concluse, interrompendo il contatto tra il suo dito e il mio labbro, che risuonò con un lieve 'pop', tornando alla sua posizione originale.
'Ora sono soddisfatto'-sorrisi, alzando leggermente il capo con un'espressione compiaciuta.
'Sei un pirla'-ridacchiò lui.
Mi sentivo pervadere dalla leggerezza, una leggera brezza mi scompigliava i capelli ricci, mai in ordine.
Quella sensazione era destinata, però, a sfumare, a rimanere solo un vago ricordo di quella giornata, che avvertivo, invece, come assolutamente spensierata.
Come ogni giorno, delle persone venivano a gridare al di là delle mura, che ci separavano dalla realtà circostante. Le voci erano spesso positive, ma capitava altrettante volte che fossero negative. Quella volta era una di esse e i destinatari eravamo niente meno che io e Fra.
Un'offesa omofoba giunse alle nostre orecchie, non una, bensì tre volte.
Rimasi di sasso. Fermo. La bocca aperta e gli occhi vitrei.
'Tommy?'-Francesco, accanto a me, aveva un'espressione dispiaciuta e un po' avvilita, era preoccupato per me.
'Sto bene'-la mia voce uscì come un sussurro.
Mi alzai, lentamente, senza fretta. I miei movimenti sembravano del tutto scollegati dal mio cervello, sebbene sapessi perfettamente che fosse quest'ultimo ad avere il controllo.
Entrai, lasciando Francesco seduto sull'erba sintetica.
'Amore'- mi venne incontro una Stefania sorridente.
Non dissi nulla e la superai, rifugiandomi in lavatrice, lontano da occhi indiscreti.
La realtà mi aveva schiaffeggiato e io non me lo aspettavo minimamente. Dentro quella casa, dentro quella bolla, io mi ero quasi dimenticato della cattiveria della gente bigotta. E quella stessa malvagità mi era entrata dentro, mi aveva ferito, provocandomi uno squarcio enorme sul cuore e riaprendo ferite che sembravano rimarginate.
Ero a Milano. Avevo vent'anni. Passeggiavo per le vie del corso con il mio fidanzato di allora.
'Mamma, mamma, perché quei due ragazzi si tengono la mano?'-sentii la voce di una bambina domandare alla madre.
'No, amore, non guardare! Quei due ragazzi sono cattivi, promettimi che non frequenterai mai nessuno come loro'-la signora aveva coperto gli occhi di sua figlia per non mostrarle due semplici mani intrecciate, appartenenti a due uomini e non al loro ideale di rapporto tradizionale uomo-donna, come se la filosofia di Hegel si fosse radicata dentro la sua mente.
Mi sentivo sbagliato, fuori posto. Mi voltai, focalizzandomi sulla piccola bambina: aveva delle trecce di color nero pece ai lati della testa, le guance paffutelle leggermente rosse a causa del freddo di quell'inverno e indossava un cappottino bianco come la neve, a ripararla. Avrà avuto all'incirca otto anni. Lei si sottrasse alle braccia della madre e salutandomi con la mano, mi disse
'Ciao! Sei bello!'
Agitai piano la mano anche io.
'Ciao piccolina, sei molto bella anche tu'-le sorrisi teneramente.
'Scusa ragazzo, smetti di importunare mia figlia e pensa a nasconderti, piuttosto! Queste cose in pubblico non sono tollerabili, fatele a casa vostra, diamine!'-la madre della bambina aveva preso la parola e aveva riversato su di me tutto il suo disprezzo.
Io non avevo risposto nulla, ero rimasto in silenzio. Mi sentivo impotente.
Quel ricordo era arrivato alla mia mente prepotentemente. Era stata una delle prime discriminazioni di cui ero stato vittima. Se ne potevano contare a non finire dalla prima a questa parte. Le dita di entrambe le mani non sarebbero mai riuscite a contenerle tutte.
Quel pomeriggio, per la prima volta dopo tanto tempo, non ero riuscito a reagire, a rispondere con la mia solita ironia, non avevo avuto la capacità di controbattere, ma ero rimasto in silenzio, isolandomi nel mio dolore e lasciando fuori chiunque, anche Francesco, che non era colpevole di nulla, se non di provare un sentimento nei miei confronti. Poteva quella essere considerata realmente una colpa? No. Eppure, troppo spesso avevo sentito quella sensazione addosso.
I mostri del mio passato, che tenevo chiusi in un armadio, erano tornati a tormentarmi e le battaglie che avevo affrontato fino a quel momento sembravano essersi annullate tutto a un tratto.
Sospirai, sconsolato.
Mi racchiusi a riccio, seduto da solo al centro del letto.
Mi presi il volto tra le mani e piansi.
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Buongiorno!
È stato veramente doloroso per me scrivere questo capitolo, in quanto delle persone a me care hanno subito lo stesso tipo di discriminazione.
Volevo specificare che la filosofia di Hegel sostiene la famiglia tradizionale, formata da uomo e donna. Ovviamente, bisogna anche inquadrarla nel tempo il cui Hegel è vissuto.
Come potete notare, alla fine del capitolo non è presente il solito pensiero di Tommy, in questo non avrebbe avuto senso, dunque ho pensato che questa conclusione potesse trasmettere tutto il dolore personale e interiore di Tommy, questa volta senza tirare in ballo Fra.
Un abbraccio❤️

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