Capitolo 49

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Un lieve rumore al di là della porta mi fece voltare lentamente verso quest'ultima.
'Avanti'-mormorai, sbattendo le palpebre per aumentare la mia concentrazione.
La porta si aprì, emettendo un lieve cigolio.
'Ciao, Tommaso. Finalmente sei sveglio'-disse quello che individuai come un medico. Gli occhiali sul naso pronunciato, una cartellina in mano, uno stetofonendoscopio attorno al collo e un camice color bianco neve svolazzante: era decisamente un dottore.
'Ora controlliamo se è tutto okay, va bene?'-mi domandò.
Io annuii in risposta.
'Che tu riesca a capirmi è già un segno positivo. Come ti senti?'-continuò a chiedermi, puntandomi una lucetta negli occhi.
'Mi sento un po' stordito, a dirla tutta'-dissi a voce bassa.
Per quanto mi sforzassi, il mio tono restava uguale.
'È normale che la tua voce sia bassa, Tommaso. Sei stato una settimana in coma. Mi hanno detto che sei un gran chiacchierone, le tue corde vocali devono solo riabituarsi'-mi rassicurò.
'Mia madre?'-chiesi.
'Appena avrò finito di controllare che sia tutto apposto, la faccio entrare'-mi rispose cordialmente.
Solo qualche minuto seguente, dopo aver auscultato il mio cuore e i miei polmoni, mia madre fece capolino dalla porta.
'Amore'-esclamò contenta, una lacrima solcò il suo volto.
'Mamma, dai'-sibilai io, sorridendo appena-'sono vivo'.
'Che bello sentire di nuovo la tua voce, Tommy'-mi confessò, sedendosi sul letto accanto a me, dopo averle lasciato un po' di spazio.
'Ho sognato la nonna, mentre ero nel limbo'-sparai, di punto in bianco.
'Nel limbo?'-domandò lei, ridacchiando.
'Coma è brutto, non credi?'-dissi di rimando.
'Beh, effettivamente hai ragione'-iniziò-'E ti ricordi cosa hai sognato?'
'Eravamo nella sua casa in Emilia-Romagna, riuscivo anche a percepirla, perché io ero in bilico. Non fare quella faccia, mamma'-la ammonii, vedendo la sua espressione farsi subito seria-'lo sai anche tu che avrei potuto non svegliarmi'.
'Ma invece sei qui, grazie al cielo'-mormorò, facendomi una carezza sulla guancia, contatto di cui mi beai e in cui mi crogiolai per qualche istante.
'Ascolta, Tommy, c'è Francesco che non vede l'ora di vederti. Lo faccio entrare?'-mi chiese.
Cercai di sforzarmi per capire di chi si trattasse, ma tutti i tentativi risultarono vani.
'Mamma, scusa, mi ricordi un attimo chi sia?'
Lei, a questa mia domanda, scoppiò a ridere.
'Tommy, amore, non hai perso il tuo senso dell'umorismo, vedo'-dichiarò.
Il riso si spense sul suo viso, nel momento in cui notò che io fossi veramente serio.
'Tommaso'-iniziò, deglutendo-'tu non ti ricordi di Francesco?'
'Io so solo che c'è un nome che mi rimbomba in testa, ma non riesco a focalizzare la sua figura. Ma lo conosco bene?'-chiesi.
'Nessuno lo conosce meglio di te, amore'-mi rispose lei, con un sorriso triste.
'Fra, vero? Lo chiamo così'-dissi con un sussurro.
Lei, semplicemente, annuì.
'Vado a chiamare il dottore. Dobbiamo informarlo di questo piccolo inconveniente'-tentò di rassicurarmi con un sorriso, che le uscì un po' tirato, per poi uscire dalla stanza e richiudersi la porta dietro di sé. Conoscevo mia madre come le tasche dei miei jeans preferiti. Quando qualcosa non andava, cercava sempre di non farlo notare, fallendo, però, miseramente.
Il dottore che mi aveva visitato tornò ad accettarsi delle mie condizioni.
'Allora, Tommaso, tua madre mi ha riferito che non ricordi qualcosa. Riusciresti a rievocare gli istanti prima dell'incidente? E, se ce la fai, anche tutto il resto'-affermò, con tono professionale, ma rassicurante allo stesso tempo.
'Io mi ricordo tutto. Ero andato in banca, ero in fila, dei rapinatori hanno fatto incursione all'interno, ho avuto un attacco di panico, ma sono riuscito a proteggere qualcuno dal colpo di una pistola ed è per questo motivo che sono qui. Lo rifarei, l'istinto me lo suggerisce. A quanto pare, sono sopravvissuto, sono stato in coma e ho sognato mia nonna. Ma c'è questo nome, 'Fra', che mi vortica nella testa da quando ho aperto gli occhi. Credo di averlo avvertito anche nel limbo, ma non riesco a ricordare la sua figura'-mi morsi un labbro, alla fine del mio discorso.
'Bene, Tommaso. Si tratta di una amnesia dovuta allo shock. Dunque, avrei in mente una cosa, ma devi dirmi, sinceramente, se tu sia stanco o meno. Non voglio provarti ancora più di quel che già sei'-mi informò.
Ero stanco? Provai ad interrogare il mio corpo, avvertendo una leggera fatica.
'Poco'-risposi-'ma voglio farlo. Ho riposato per una settimana intera, dopotutto. Voglio farlo, sono sicuro'.
Lui fece un segno di assenso, per poi uscire. Guardai mi madre interrogativo, ma notai nel suo sguardo la stessa sensazione. Non sapeva nulla neanche lei.
Il dottore rientrò, seguito da un uomo. Era alto, magro, i capelli lunghi fino all'altezza del mento, un po' scompigliati, dato il fatto che se li stesse torturando, passandoci le mani dentro in modo convulso. Aveva gli occhi color nocciola, un po' spenti e un po' luccicanti, allo stesso tempo. Il suo naso era ben pronunciato, ma non lo trovavo brutto, anzi, tutto il contrario. Aveva anche un leggero spazio tra i denti, che in quel momento stavano affondando nel labbro inferiore, pieno.
'Ciao, sono Tommaso'-lo salutai con la mano, presentandomi.
Lui, dal canto suo, alzò la sua mano e la scosse leggermente di rimando, in segno di saluto.
Era uno di poche parole, probabilmente.
'Tommaso, lui è Francesco, la persona di cui non ti ricordi'-mi riferì il dottore.
Più lo guardavo, più la mia mente non riusciva a ripescarlo dai cassetti della mia memoria. Si era nascosto bene, forse.
'Vi lasciamo soli, magari riesci a farti venire in mente qualche dettaglio. Non esitate a chiamarci, in caso di bisogno'-affermò il medico, per poi uscire dalla stanza, portandosi dietro anche mia madre, la quale lanciò un bacio volante a me e accarezzò la schiena all'uomo che era in piedi, immobile come una statua, accanto alla porta. Magari, si conoscevano bene.
Quando rimanemmo solo io e lui, si schiarì la gola, per poi incamminarsi a passi lenti e indecisi verso la sedia posta accanto al mio letto.
'Tranquillo, non mordo'-ridacchiai, prendendomi un po' gioco di lui.
Lui sorrise, inaspettatamente.
'Ti diverte ancora prendermi in giro, vedo'-dichiarò, scuotendo appena la testa.
'Lo facevo?'-gli domandai.
'Ogni volta che ne avessi l'occasione, piciu'-mi rispose.
Piciu.
Qualcosa dentro di me si smosse. L'avevo già sentito da qualche parte.
'Quella parola, piciu, la usa qualcun altro di mia conoscenza?'-continuai con le mie domande.
'Solo io, perché? Ricordi qualcosa?'-chiese a raffica, senza prendere fiato.
'Mi sembra familiare'-rivelai, al che lui sorrise di nuovo.
Era bello, anche se la stanchezza sembrava mangiarselo vivo.
'Abbiamo un legame stretto io e te?'
Lui, annuì, non scendendo nei dettagli.
'Aspetta, se sei qualcuno con cui sono andato a letto, non ti offendere, ma capita che poi io non richiami più'-lo misi in guardia.
Francesco scoppiò a ridere, tenendosi la pancia e asciugando qualche lacrima che fuoriusciva dai suoi occhi, a causa dell'ilarità della mia affermazione.
'Tommy, noi andiamo a letto insieme, ma non c'è bisogno di richiamare il giorno dopo'-disse, facendosi improvvisamente serio.
'Ah, siamo scopamici? Strano, solitamente non accetto queste proposte. Ho letto troppi libri e so che, alla fine, uno dei due si innamora'-constatai.
'Tommaso'-continuò lui, ridendo-'io e te non siamo scopamici. Viviamo insieme. Stiamo insieme. Io ti amo e mi ami anche tu, spero ancora adesso'.
Sussurrò le ultime frasi e la potenza delle sue parole mi colpì dritta al petto.
Schiusi leggermente le labbra, per dire qualcosa, ma non uscì neanche un suono, così, le richiusi.
Francesco allungò lentamente la sua mano verso la mia, distesa sul letto, lungo il mio fianco.
La strinse delicatamente, con accortezza.
E, in quel momento, davanti ai miei occhi, tutto andò al posto giusto, tutto si incastrò di nuovo perfettamente.
Riconoscevo quella mano che stava stringendo la mia, l'aveva fatto anche quando ero nel limbo. Ricordavo quel momento, avevo mosso un dito per rincorrere quella sensazione.
In quel momento, ricordai ogni singolo dettaglio e l'immagine di Francesco era tornata a casa. Lui era, di nuovo, parte di me.
I miei occhi si riempirono di lacrime.
'Fra'-sussurrai, guardandolo intensamente negli occhi.
Il potere dei nostri silenzi tornò ad essere forte come prima.
Fra aveva capito e aveva stretto la mia mano ancora più saldamente.
'Quanto ti amo, Fra, tu non puoi immaginarlo'-mormorai ancora.
'Lo immagino, Tommy, perché è la stessa misura dell'amore che provo io per te'-mi rispose.
Le lacrime avevano iniziato a straripare dai suoi occhi.
Lo attirai a me in un bacio capace di colmare le mancanze, i vuoti di memoria, il tempo vissuto distanti. Lontani, ma vicini.
Era stato il suo tocco, così familiare, a farmi ricordare qualsiasi momento passato insieme. Marcel Proust affermava che fosse impossibile scavare nel profondo dei ricordi, sepolti nel nostro io più inabissato, solo attraverso la nostra intelligenza. Secondo lui, ogni nostro briciolo di memoria era legato ad un oggetto e, solo attraverso quello, avremmo potuto rivivere un frammento del nostro passato. Nel suo caso era stato un morso di madeleine, nel mio la stretta inconfondibile di Francesco.
Rimanemmo abbracciati per un tempo che sembrava infinito. Mi sussurrò che mi amasse decine di volte, come se non fossero mai abbastanza. Non erano mai abbastanza. Il nostro amore non era mai abbastanza. Salpava per oceani immensi e ogni volta tendeva sempre di più verso l'infinito.
Ti prego, Fra, sii per sempre il mio petit morceau de madeleine.
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Buongiorno!
Grazie al cielo sono riuscita ad aggiornare. La mole di studio mi sovrasta e mi dispiace non poter portare avanti con regolarità questa storia.
Comunque, finalmente questi due si sono ritrovati. Lo fanno sempre, giusto?
Vi mando un bacio e a presto❤️

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