Capitolo 2. Orrore

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"Ah... La mia testa. "

Sbattei le palpebre verso le fronde degli alberi che mi circondavano in alto. Con mia grande sorpresa notai che il cielo si era colorato di violetto e la luce dorata del sole filtrava obliquamente tra i rami, disegnando brevi fasci luminosi tutt'intorno. Da questi dettagli capii che doveva essere quasi il tramonto.

Mi guardai intorno e notai Khorine e Nieve, anch'esse mezze distese a terra che si massaggiavano le tempie; qualche metro più avanti, dove avevo intravisto la figura scura, vidi Iri che cercava faticosamente di mettersi seduta. E accanto a lei...

<<Ah... Cosa è successo...?>>

<<Abohr!>> gridò Khorine <<Ma... Ma tu...?>>

<<Ma cosa ci fai qui?>> chiesi io <<Tu dovresti essere già al Tempio. E dov'è il sacerdote che era con te?>>

<<Cosa sta succedendo? Perché siamo tutti svenuti?>> chiese Khorine, visibilmente agitata.

<<Non lo so>> rispose Abohr. <<Ricordo solo che ero in compagnia del sacerdote e stavamo procedendo nella Foresta. A un certo punto ho iniziato a sentire come un forte giramento di testa e credo di essere svenuto... Ma voi non dovreste essere qui!>>

<<Anche a noi è successa la stessa cosa. Stavamo...>>

La mia voce venne interrotta da un improvviso fruscio di foglie. Ci girammo tutti nella stessa direzione e istintivamente mi venne da pensare alla presenza di un animale. Mio dio, mica ci sono lupi in questa foresta del cazzo?

<<Cosa è stato?>> disse Nieve, allarmata.

Nessuna rispose, ma in compenso dalla vegetazione si levò un grugnito profondo, uno strano rantolo graffiato e sommesso.

Una voce rauca sembrò borbottare qualcosa, una sommessa litania che si levava da un punto indefinito di fronte a noi. Come il suono che avevamo sentito poco prima, essa era profonda, gutturale e stranamente innaturale.

Ma che diavolo stava succedendo?

Le ragazze scattarono in piedi, insieme a me e Abohr. Nessuno osò proferire parola, eravamo tutti immobili, in ascolto. I miei occhi roteavano da una direzione all'altra, nella speranza di identificare la fonte di quella voce - se voce la si poteva chiamare.

Il fruscio delle foglie iniziò a crescere di intensità.

Dopo qualche secondo di concitata attesa, dai cespugli di fronte a noi emerse improvvisamente una strana figura, raggomitolata a quattro zampe. I capelli mi si rizzarono dietro la nuca.

Inizialmente ebbi molta difficoltà a distinguere la forma, quasi come se l'emozione e la confusione insieme mi impedissero di visualizzare bene ciò che avevo di fronte. Poi la grande massa lanosa nera e scompigliata che precedeva il sottile dorso gibboso non lasciò più dubbio alcuno. Si trattava di capelli e quella figura acquattata come un animale selvaggio era una donna.

Una donna orribile.

Da alcuni spazi tra la cascata di capelli neri si potevano distinguere i lineamenti di un volto deformato in una espressione famelica e bestiale, un volto la cui pelle era di un inconcepibile colore bianco-violastro, con venature bluastre che trasparivano da sotto la cute rugosa, e due occhi arrossati e incredibilmente dilatati incastonati come due gemme in quella maschera tetra. La donna era nuda, rivelando un corpo interamente glabro, dello stesso colore del viso e decisamente scheletrico, con le coste chiaramente visibile per tutto il torace sottile. Si muoveva carponi, mantenendo il bacino sollevato e sospingendosi con i piedi e con le mani in quell'andatura storta e innaturale.

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