Capitolo 32. Lealtà

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Passò mezz'ora. 

La mezz'ora divenne un'ora.

 E poi ancora, i minuti si susseguivano uno dopo l'altro, scanditi dallo snervante ticchettio dell'orologio. Probabilmente, se non fossi stato così nervoso, mi sarei addormentato sul pavimento pur di riposare. 

Inutile dire che, durante quel periodo, più volte mi chiesi se in realtà non avessi fatto un errore. Spesso un asso nella manica è tale finché non si decide di giocarlo. Quello che succederà dopo può implicare una serie di varianti che spesso nemmeno si è grado di calcolare.

Intorno alle tre e mezza, un indistinto vociare mi ridestò dai miei pensieri. Mi ci volle qualche minuto per capire che esso proveniva dall'esterno, perciò mi avvicinai alla finestra, nel tentativo di distinguere qualche parola.

Richiami, forse. Poi voci che gridavano qualcosa in risposta.

Sentii alcune donne chiamare in lontananza, poi brusche esclamazioni di uomini, ma non fui in grado di capire cosa dicessero. Ciò che mi sembrava abbastanza evidente era che qualcosa avesse disturbato il sonno di una parte del villaggio. Una tensione strana sembrava aleggiare là fuori, un'agitazione alla quale non sapevo attribuire una causa con assoluta certezza.

Quando mancava poco più di un quarto d'ora alle quattro di notte, la porta della stanza si aprì per la terza volta. 

Sulla soglia, ritto nella sua tunica bianca, vi era Tersites. Ci guardammo per qualche istante, senza che nessuno dicesse niente. La sua espressione, come al solito, era indecifrabile.

<<Il consiglio dei trenta si riunirà domani...>> disse, pronunciando piano ogni parola.

<<E...?>>

In quella breve transizione fui in grado di percepire quanto anche il vecchio sacerdote fosse estremamente provato. La tenue luce che rischiarava la stanza fece apparire il suo volto molto più segnato di quanto fosse realmente.

<<E con molta probabilità voterà per l'estradizione di ben venti cittadini, più dodici attuali membri del nostro consorzio sacerdotale.>> Una pausa <<Compreso Laride.>>

Mi dovetti sedere per l'emozione.

Mi portai le mani al volto, lasciando che il sollievo e la felicità mi sgorgassero dal cuore, sciogliendo tutta la tensione che mi aveva divorato fino a quel momento.

Tersites, dopo aver richiuso la porta, avanzò al centro della stanza e si sedette di fronte a me. Aspettò paziente per qualche minuto, lasciando che metabolizzassi la notizia a piccoli sorsi. Quando finalmente sollevai di nuovo la testa, avrei potuto giurare di scorgere l'ombra di un sorriso increspare il suo volto rugoso.

<<Quindi... Hanno creduto a quello che ho detto?>>

<<Se pure alcuni nutrivano dei dubbi...>> rispose Tersites <<non c'è stato bisogno di persuaderli ulteriormente. I fatti hanno parlato per te. E hanno fatto riaffiorare nella memoria di tutti i retaggi di antiche paure.>>

Passai di nuovo le mani sul volto, incapace di sedare la mia infantile eccitazione. Sarete molto confusi arrivati a questo punto, ma dovete perdonarmi. La colpa è soprattutto mia. Quello che non vi ho detto, infatti, è che la conversazione tra me e Tersites - prima che io parlassi con Laride - è andata molto diversamente da come vi ho fatto intendere.

<<Dimmi una cosa...>> fece Tersites <<Quando hai iniziato a collegare tutti gli eventi?>>

Mi presi qualche secondo prima di rispondere.

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