Capitolo 30. Ritorno

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Un soffio di vento freddo mi accarezzò delicatamente il viso. L'odore di muschio e terra si insinuò nelle mie narici ed ebbi come la sensazione che quel sentore mi stesse dilatando i polmoni. Provai a muovere l'indice, poi tutte le dita della mano e sotto i polpastrelli tastai la fragile superficie di foglie secche e fili d'erba. Sentivo che il torpore stava lentamente abbandonando il mio corpo, ma anche risintonizzare i pensieri richiese uno sforzo enorme. 

Non ero sicuro di cosa fosse successo. Avevo la sensazione come se mi fossi improvvisamente spento, anche se non riuscivo a ricordare quando o in che modo, e la cosa contribuiva a rendermi a malapena cosciente di cosa stava accadendo intorno. Aprii gli occhi, sbattendo un paio di volte le palpebre per rischiarare la vista. Sopra di me, uno scorcio di cielo si intravedeva tra le chiome degli alberi.

Uno strano formicolio di eccitazione, misto a meraviglia, irrorò ogni fibra del mio corpo.

Non riesco a descrivere quello che provai quando mi accorsi che era notte. Mi ero abituato alla costante presenza del bagliore del tramonto, quindi fu quasi strano ritrovarsi a fissare le stelle, tanti piccoli puntini bianchi che si riunivano a grappoli sparsi nell'immensità di un cielo scuro come l'inchiostro.

Sul mio volto si aprì un ampio sorriso, non mi importava delle pietre e della polvere intorno, volevo restare ancora qualche secondo con la schiena per terra ad osservare quello che avevo sopra di me. Persino l'aria che respiravo sembrava essere diversa. Un senso di pace si adagiò sul mio ventre, come una colomba.

Poco alla volta cerca di raddrizzarmi ma il senso di vertigine che ancora provavo mi permise giusto di mettermi seduto. Ruotai piano la testa, senza staccare la mano dalla tempia che mi pulsava, e feci vagare lo sguardo intorno. I profili dei tronchi intorno erano quasi indistinguibili nel buio. Infine, non molto distante da me, vidi Khorine e Nieve, anche loro un po' intontite, e il cuore mi si riempì di felicità.

<<State bene?>>

<<Un po' ammaccata, ma ancora intera.>> rispose Nieve. Scosse una mano nei capelli e spazzò via qualche foglia che vi era rimasta impigliata.

<<Ragazzi, non ci posso credere che siamo vivi.>> aggiunse Khorine. 

<<Già.>> risposi assente, distratto dalle case del villaggio in lontananza. Potevo distinguere nettamente un bagliore di luci artificiali da dietro le finestre, da sotto i porticati e perfino dai pochi lampioncini disposti agli incroci delle stradine . Mi concentrai sul mio udito, tendendo idealmente le orecchie verso le case, e mi parve di distinguere qualche rumore lontano, una voce nel buio, forse anche il latrato di un cane... Eravamo davvero tornati alla normalità. 

<<Pensate che dovremmo raccontare cosa è successo?>> domandò Nieve, rompendo il silenzio.

<<Credo sia inevitabile.>> risposi io, sempre guardando le case in lontananza. Non avevo riflettuto pienamente sul fatto che avremmo potuto trovarci nelle condizioni di spiegare il motivo della nostra assenza. Non escludo che forse, fino a quel momento, avevo anche cercato di ignorare questa incombenza... Dentro di me già mi chiedevo con che forza saremo stati capaci di raccontare di Aborh e Iri.

<<Cosa diremo alla gente quando ci verrà chiesto dove siamo stati?>> chiese Khorine <<Immagino che dovremo raccontare la verità, no?>>

<<Non so... Ci crederanno?>> fece Nieve.

Incrociò il mio sguardo, ma non fui in grado di fornirle subito una risposta. Il suo viso mostrava chiaramente una punta di preoccupazione.

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