Capitolo 5. Assassina?

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<<Siamo punto e daccapo mi sa...>> disse Nieve, fissando pensierosa la porta tramite la quale la sacerdotessa aveva lasciato la stanza.

Mentre parlavano tra di loro, io ero ancora intento a rielaborare quanto Tersicore ci aveva appena rivelato. La situazione era disperata, ma se non altro ora eravamo leggermente meno incerti di quando erano iniziate le nostre peripezie. 

Mosso da curiosità, decisi di seguire la direzione presa da Tersicore; avevo intenzione di capire qualcosa in più su quella strana donna, capire se realmente potevamo fidarci. Abohr, che stava parlando con Khorine, notò i miei movimenti e con un cenno del capo e un sorriso silenzioso mi fece capire di approvare la mia idea.

Non dovetti cercare chissà quanto per trovare la nostra benefattrice. Come sospettavo, la porticina si apriva su un breve corridoio, collegamento con l'ala secondaria del tempio. Dopo pochi passi, come mi aspettavo, giunsi davanti a quella che doveva essere l'alloggio di Tersicore; non vi era una vera e propria porta ma piuttosto una tenda sottile e colorata di tenui sfumature di arancio e lilla. La scostai delicatamente ed entrai. 

La stanza era piccola ma molto più allegra rispetto all'aspetto spartano e rigoroso dell'ala principale. In fondo, un piccolo materasso e qualche coperta aggrovigliata componevano quello che doveva essere un modesto ma comodo giaciglio, posto al di sotto di una finestra che dava sul campo erboso alle spalle del Tempio. Di fianco al letto, addossato al muro, vi era uno scrittoio, recante sulla sua superficie alcuni volumi elegantemente rilegati e un calamaio, mentre vicino all'ingresso si trovava un armadio a muro dalle ante scorrevoli. Da un angolo del soffitto pendevano alcuni fasci intrecciati e degli oggetti molto simili ad acchiappasogni, il che conferiva all'ambiente una nota molto intima e serena.

Tersicore era seduta a terra, quasi al centro della stanza. Mi dava le spalle e volgeva le sue attenzioni a un gatto grigio disteso di fianco a lei. Quando entrai, levò lo sguardo verso di me.

<<Sì? C'è qualche problema?>> mi chiese.

<<No, affatto. Volevo solo vedere dove fossi andata. È il tuo gatto quello?>>

<<Sì, esatto. È l'unico essere vivente qui, oltre a me. E a voi.>>

<<Come si chiama?>>

<<Non ha un nome vero, in effetti. A volte la chiamo semplicemente Gatta, altre volte Micia.>>

<<Mhh...>>

<<Non ti piace?>>

<<È un po' strano, forse. Come se io mi chiamassi Ragazzo o Umano.>>

Incredibile come un attimo prima fossimo disperati sulle prospettive del nostro futuro e adesso mi ritrovavo a conversare con una sconosciuta riguardo il nome del suo animale da compagnia. Accorgermi di questa contraddizione però non fece altro che aumentare il mio divertimento. Forse c'era qualcosa di sbagliato in quella mia rilassatezza, eppure, mi stavo godendo ogni secondo di quegli attimi di serenità, forse i primi che ero riuscito a concedermi da quando ci eravamo risvegliati nella Foresta.

<<Non ci ho mai dato molto peso, a dire il vero.>> rispose Tersicore, accarezzando lentamente il felino <<È una gatta, quindi la chiamo Gatta.>>

Annuì con un cenno del capo e continuai a guardarle entrambe, poggiandomi alla cornice della porta, attento a non rovinare la tenda.

<<Tu come la chiameresti, se fosse la tua gatta?>>

La domanda mi colse abbastanza alla sprovvista.

<<Io? Beh... Non lo so. Una mia amica aveva una gatta di nome Milù.>>

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