Ryan

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"Fury, Maria. – cominciò lei, osservando attentamente l'uomo in piedi sulla soglia di casa sua e la donna che gli stava accanto, accennando ad un mezzo sorriso di cortesia. – Che cosa ci fate qui?" domandò rimanendo immobile con una spalla appoggiata allo stipite ligneo, cercando di mostrarsi calma e rilassata.
"Abbiamo bisogno di te." borbottò l'uomo, stringendo tra le dita una cartelletta nera e porgendogliela.
La ragazza guardò in silenzio l'oggetto, con il cuore che le stava per uscire dal petto e le mani sudate strette in due pugni. Non voleva prenderla. Sapeva che cosa c'era scritto in quello stupido fascicolo. Per alcuni istanti fu in grado di vedere al loro posto Steve e l'agente Carter in piedi, sulla porta della sua casa nel New Hampton, con un fascicolo uguale a quello tra le mani ed uno sguardo preoccupato.
Tornò a guardare attentamente i volti dei due agenti, prendendo la porta con una mano e cominciando a chiuderla.
"Mi dispiace, ma no grazie. Ve la dovrete cavare da soli, come le altre volte." sorrise appena ironica, nascondendo il viso dietro alla porta e chiudendola. Ma qualcosa la bloccò prima che potesse chiudersi del tutto. Abbassò lo sguardo osservando la scarpa nera incastrata tra la porta e lo stipite. Gli diede un calcetto con il piede nudo, come a volerlo mandare via, ma prima che potesse farlo di nuovo una mano grande e forte la fece riaprire.
"Credevo che a 95 anni fossi diventata più matura." disse la donna alzando un sopracciglio e squadrandola per alcuni istanti, osservando il suo outfit oltre che al suo modo di rispondere. Aveva ragione, non era maturata affatto. In fondo sembrava ancora una giovane ragazza fisicamente e quello era il modo migliore per passare inosservata.
"E io credevo aveste rinunciato, finalmente. Ma a quanto pare ci sbagliavamo entrambi." ribatté lei, arricciando il naso in una smorfia e cercando di chiudere di nuovo la porta.
"Quando è stata l'ultima volta che hai parlato con Steve?" domandò l'uomo con voce ferma.
"Non me lo ricordo." sbottò, incrociando le braccia al petto.
"13 Maggio 1988." intervenne Maria, guardandola con aria di sfida.
Si era ripromessa che avrebbe cancellato quella stupida data dalla sua vita. Era stato uno stupido errore che non avrebbe rifatto.
"Voglio semplicemente vivere una vita normale. Potete andarvene, ora." bisbigliò Olivia, scuotendo il capo.
"Sei una donna di quasi cento anni rinchiusa nel corpo di una vent'enne. Non potrai mai avere una vita normale, mettitelo in testa. Dovrai collaborare con la squadra solo per una missione, poi sarai libera di tornare in questo paesino inquietante." le rispose l'uomo. Sembrava avere davvero bisogno di lei. In tutti gli anni che conosceva Fury, non si era mai dimostrato così insistente nei confronti di qualcuno.

Alzò gli occhi al cielo e afferrò veloce la cartelletta, sfilandogliela dalle mani ed abbassando lo sguardo su di essa mentre faceva scorrere distrattamente i fogli. Poteva percepire i sorrisetti e gli sguardi compiaciuti sui volti dei due agenti.
Sui fogli ingialliti erano impressi nomi a lei sconosciuti, organizzazioni segrete e in alto al centro, in rosso, il nome di un idiota che a quanto pare voleva far fuori un certo Mr. Ryan, capo di un'organizzazione mafiosa irlandese con sede a New York.
"E perché dovrei esservi utile? Mi sembra un caso estremamente semplice." chiese richiudendo il fascicolo e restituendolo a Maria, osservandoli per qualche istante.
"Non possiamo dirti nulla se tu non ci assicuri che entrerai a far parte della squadra." rispose secco Fury. Sapeva che la ragazza era estremamente curiosa e sapeva come farla cedere.
Lei lo guardò in silenzio per alcuni istanti, valutando bene la sua scelta. In fondo sarebbe stata solamente una missione, questione di qualche giorno e poi sarebbe tornata alla sua vita normale. La normale vita di una vecchia decrepita che sembrava una vent'enne. La normale vita di una mutante che invecchiava ad una velocità assurdamente lenta e non sapeva per quanto avrebbe potuto ancora nascondere i propri poteri. E poi avrebbe rivisto Steve.
"D'accordo." borbottò, mordicchiandosi nervosa l'interno della guancia.

I due agenti si guardarono intorno assicurandosi che nessuno avesse visto nulla, entrando poi in casa della ragazza e andando verso la cucina. Maria osservò il coltello affilato appoggiato ancora sul tavolo e lo prese tra le mani, voltandosi verso Olivia, che li stava seguendo.
"Avevi intenzione di ucciderci?" rise, mettendo il coltello nel cassetto aperto, andando poi a sedersi al tavolo.
Liv rise nervosa. Effettivamente era quello il piano iniziale e ancora si stava pentendo di non averlo portato a termine.
Si sedette davanti a loro.
"Lo S.H.I.E.L.D. è collegato direttamente con il signor Ryan. – cominciò Fury, aprendo il fascicolo e mostrandole i fogli che lei aveva saltato. – Lui è a capo di tutti quegli agenti che si occupano di voi mutanti o di coloro che fanno parte della fascia dei cosiddetti supereroi, tra cui gli Avengers. Se Edgard Ryan dovesse morire, anche voi mutanti potreste essere nei guai." Fury la stava guardando serio, con gli occhi fissi su di lei e le dita che indicavano meccanicamente sopra al foglio tutto quello che stava dicendo, come se lo avesse imparato a memoria. Forse era così.
"Guai?" domandò alzando lo sguardo su Maria. Lei annuì.
"È stato il signor Ryan che ha attivato le truppe per liberare i mutanti dall'HYDRA. È stato lui che ha lib..." venne interrotta da una manata secca sul tavolo e dal rumore stridulo di una sedia che strisciava per terra.
"Sono dei vostri, ma non voglio più saperne nulla di voi e della vostra stupida organizzazione dopo questa missione." rispose veloce Olivia, alzandosi e andando verso il bancone della cucina, appoggiandosi ad esso e chiudendo gli occhi per alcuni istanti prima di voltarsi di nuovo verso di loro.
Fury stava annuendo mentre chiudeva il fascicolo, lasciando che Maria lo prendesse.
"Vai a preparare le tue cose. Torneremo tra un'ora per prenderti ed accompagnarti al quartier generale." disse Maria, incamminandosi verso la porta, chiudendosela poi alle spalle senza più aggiungere nulla.

Si era incastrata in una situazione spiacevole e lo sapeva più che bene.
Andò al piano di sopra, verso la propria camera da letto, facendo mente locale di quello che poteva servirle. Quanti giorni sarebbe stata via? Dove sarebbe rimasta a dormire? Dove avrebbe mangiato? Scosse il viso e tirò fuori da sotto al letto un piccolo trolley impolverato. Era lì sotto da quasi tre anni e secondo i suoi piani non avrebbe dovuto tirarlo fuori prima di altri due. Cercò di togliere il più grosso della polvere con la mano e lo mise sul letto, aprendolo.
Ci mise dentro alcuni vestiti, una giacca di jeans, l'indispensabile per il bagno, qualche trucco.

Suonarono al campanello. In perfetto orario, come sempre. La puntualità di Fury la spaventava a volte.
Si mise un paio di jeans al posto dei leggings che indossava, insieme al crop top e al cardigan, infilandosi un paio di stivaletti e scendendo veloce le scale. Aprì la porta e le si parò davanti la signora Moore con un piccolo vassoio di muffin ancora caldi. Il suo sguardo divenne subito confuso nel notare la valigia dietro di lei.
"Parti? Credevo dovessi sistemare il giardino!" le chiese accennando ad una risata.
La ragazza si sentì avvampare e diede un leggero calcio al trolley, facendolo scivolare dietro alla porta.
"Mi ha chiamata un'amica per passare insieme un paio di giorni al lago." rispose veloce cercando di non impastare le parole che le uscivano veloci dalle labbra. La donna le sorrise annuendo e le porse il cabaret.
"Che fortunata! Non sai quanto pagherei per una vacanza lontano dai miei uomini! – rise appena lasciando i muffin tra le mani della ragazza e facendo un passo indietro – Divertiti, allora! E fai molte foto, me le farai vedere quando tornerai!"
La ragazza annuì e strinse il vassoio tra le dita, nervosa. Rimase immobile fino a che la donna non entrò in casa, lasciandosi sfuggire un sospiro di sollievo. Aveva una scusa per sparire per alcuni giorni.

La Jeep scura arrivò veloce sul vialetto e la ragazza corse verso di essa, salendo sui sedili posteriori e porgendo ai due agenti il cabaret.
"Muffin? – domandò chiudendo la portiera e poggiando la schiena contro i sedili. Entrambi ne presero uno e lo addentarono. – Ora capirete perché sto bene qui."
La macchina partì veloce. Liv vide la sua casa allontanarsi, distogliendo lo sguardo solo quando il suv girò in una perpendicolare, dirigendosi verso la strada principale e quindi l'autostrada.
Sarebbe stato un viaggio molto lungo e la sua mente stava già cominciando a riempirsi di pensieri.

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