Grande abbastanza

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Febbraio 1942

Il suo primo giorno nei Giovani Alleati era finalmente giunto. Non poteva essere più emozionata. Suo padre le aveva ricontrollato incessantemente i parametri vitali negli ultimi 5 giorni, da quando era arrivata la lettera di ammissione all'organizzazione, mentre la madre le aveva preparato un completo che la potesse tenere al sicuro e al caldo. In fondo, era una mamma, sapeva di che cosa avesse bisogno sua figlia.
I Giovani Alleati erano un gruppo di giovani con innate abilità fisiche, capitanato da un certo Steve Rogers e l'amico James Barnes, i quali avrebbero affiancato l'esercito per combattere contro i Nazisti del Teschio Rosso. Erano tutti poco più grandi di lei, dai 18 ai 25 anni, ma avevano deciso di arruolarla comunque nonostante i suoi 16 anni, dato che era l'unica ad aver fatto domanda e che possedeva il potere della manipolazione degli elementi.
La mattina, intorno alle 5, ricontrollò per l'ennesima volta lo zaino di stoffa nero contenente una borraccia, garze, alcol, corde, alcuni coltellini. Poi indossò la divisa e si guardò allo specchio. Indossava un paio di pantaloni cargo lunghi, neri, con diverse tasche ed una maglia a maniche lunghe, con il colletto alto. Sopra ad esso aveva stretto un corsetto rinforzato anti proiettile grigio come i polsini, gli anfibi e la maschera che le copriva il naso e la bocca. Non avrebbe dovuto farsi riconoscere da nessuno. Si tolse il tutto e lo buttò nello zaino con altri cambi, mettendosi un vestito verde scuro, un paio di calzini bianchi che le coprivano il polpaccio, degli stivaletti neri e la giacca pesante.
"Tesoro, andiamo..." disse la madre entrando nella stanza. Era terrorizzata. Le parole le uscivano a fatica dalle labbra e gli occhi erano rossi di pianto.
Prese lo zaino e se lo caricò sulle spalle, dirigendosi con i due genitori alla base segreta che era stata loro indicata nella lettera.

"Buongiorno, mi spiace avervi fatto svegliare all'alba. - disse un giovane uomo avvicinandosi a loro. - Sono James Barnes, co-fondatore dell'organizzazione. Prego, da questa parte."
Olivia rimase pietrificata alla vista del giovane, notando una cicatrice fresca che gli spezzava un sopracciglio. Anche lui la osservò per qualche istante, prima di incamminarsi in un corridoio nella penombra.
Raggiunsero un ufficio ed entrarono, la porta si chiuse alle loro spalle. Appoggiato in piedi davanti alla scrivania in legno scuro un ragazzo alto, capelli chiari, lineamenti fini e decisi. Alzò lo sguardo quando la famiglia entrò e posò gli occhi sulla ragazzina, alzando un angolo delle labbra, poi tornò a guardare i genitori e strinse loro le mani, facendoli accomodare.
Liv dovette subirsi tutto un lunghissimo discorso su quello che sarebbe successo, che non volevano metterli in pericolo ma che il pericolo c'era, che sarebbero stati addestrati e non forzati a fare nulla che non volessero fare. I genitori esitarono, poi firmarono. Steve era bravo con le parole. James stava in piedi accanto alla ragazzina e poggiò una mano sulla sua spalla quando lei si lasciò scappare un piccolo sospiro vedendo i genitori firmare. Ormai era fatta.
Si congedarono e si promisero di scriversi presto. Poi, prima che la madre potesse scoppiare ancora in lacrime, uscirono dall'edificio.
La ragazzina rimase sola nel corridoio con i due ufficiali, guardando i genitori chiudere la porta pesante dell'ingresso alle loro spalle. Si voltò.
"Benvenuta, Liv." disse Steve con un sorriso.

I giorni passarono veloci e ben presto Bucky e Cap si resero conto di quello che la ragazzina era in grado di fare, decidendo di allenarla al di fuori dell'orario normale per potersi dedicare completamente a lei. Era l'unica, infatti, che possedeva poteri mutanti e per questo volevano assicurarsi che venisse addestrata al meglio. Era la loro migliore risorsa.
Dopo qualche settimana, Steve decise di intensificare l'allenamento della squadra, lasciando Liv nelle mani di Bucky che le stava insegnando a combattere con i coltelli.
"Non mi servirà mai a nulla." sbottò la ragazzina mentre faceva rigirare tra le dita un coltello.
"Io credo di sì." rispose a tono Bucky, prendendo due coltelli e lanciandoli contemporaneamente verso di lei, conficcandoli nel muro a cui stava appoggiata, a pochi millimetri dal suo viso. Lei spalancò gli occhi.
"Tu sei pazzo." rise per poi fare volteggiare a mezz'aria il coltello che teneva in mano, puntandolo verso di lui e scagliandolo a terra tra i suoi piedi. Lui sorrise compiaciuto.
"Niente magia, piccola." disse prendendo un coltello e passandoglielo, per poi mettersi accanto a lei e mostrandole qualche mossa.

Fu così che parteciparono alle prime missioni insieme. I due ufficiali avevano senza dubbio una preferenza nei confronti della ragazzina, la quale stava imparando molto in fretta.
"Liv, affiancherai Bucky nel bosco. Niente coltelli, ma dovrai combattere con la magia se necessario. Stai indietro, Buck sa quello che sta facendo, tu dovrai coprirgli le spalle." le disse Steve mentre si trovavano sull'aereo che li avrebbe portati nel punto della missione. Lei annuì e fece cadere tre coltelli che teneva nella cintura, guardando poi Bucky con aria di sfida, ridendo.
"Non mi servono i tuoi stupidi coltelli stavolta."
Lui le diede una spallata e si unì alla risata, per poi riportare lo sguardo davanti a sé, serio e concentrato.
Arrivarono alla postazione e si accovacciarono tra la boscaglia, pronti a colpire il nemico. Nessuna traccia del nemico, però. Aspettarono quasi un'ora in totale silenzio, ma nulla.
"Mi annoio." disse Liv sedendosi e scrocchiandosi le spalle.
Bucky fece lo stesso, poggiando accanto a sé il fucile da cecchino che teneva fermo da troppo tempo. Faticava a sentirsi le braccia.
La ragazzina si stese, poggiando la testa sulle gambe di lui e guardandolo dal basso. Lui rise, portando una mano tra i suoi capelli.
"Sai cosa? - domandò lei abbassandosi la maschera e arricciando appena la punta del naso, inspirando. Scosse il viso. - Io credo abbiate sbagliato posto o orario."
"Impossibile, queste informazioni ci sono state date da persone affidabili." rispose lui, poggiandosi con la schiena contro ad un albero.
La ragazzina fece spallucce osservando le due targhette metalliche che pendevano al collo del ragazzo. Ne prese una e se la rigirò tra le mani.
Lui la guardò attentamente. Per la prima volta erano soli e nel suo stomaco sentiva una strana sensazione. I lineamenti fini e delicati della ragazzina cozzavano con la situazione in cui si trovavano, non era un viso fatto per la guerra. Le accarezzò distrattamente una guancia, lei gli sorrise e lasciò ricadere la medaglietta, portandosi le mani sul ventre.
"Se solo fossi più grande..." sussurrò lui, mentre le sue dita le sfioravano le labbra, passando poi distrattamente al suo mento. Lei sorrise.
"Sono grande abbastanza." rispose, altrettanto a bassa voce. Era una conversazione che non avrebbero voluto fare, ma che entrambi sapevano che avrebbero dovuto affrontare prima o poi.
Erano giorni che i loro sguardi si incrociavano, accompagnati da piccoli sorrisi d'intesa. Entrambi forzavano anche il più piccolo contatto con l'altro: si sfioravano le mani quando sistemavano l'attrezzatura, rimanevano indietro quando uscivano con il resto del gruppo, lei andava spesso nel suo ufficio con le richieste più strane solo per vederlo...
La ragazzina si alzò dalle sue gambe, piegando le proprie e voltandosi verso di lui. I loro occhi erano fissi gli uni negli altri. I loro visi così vicini. Le mani di lui esitarono un attimo, poi scovolarono dietro la schiena di lei, che lo lasciò fare. Sorrise di nuovo, questa volta leggermente imbarazzata. Lui la attirò a sé e lei schiuse le labbra, chiudendo gli occhi. Poteva sentire la bocca morbida del ragazzo premere contro la propria. Un istante, non di più. Urla.

I due si staccarono veloci e si rimisero la maschera, entrambi imbarazzati ma carichi di adrenalina.
"Attacca." le disse il ragazzo con la voce appena rotta, dando un colpo di tosse per tornare in sé. Lei annuì, battendo un pugno a terra per creare una sorta di terremoto e far bloccare e confondere i soldati che facevano da guardia al capo del plotone.
Bucky colpì. Servì un solo proiettile. L'uomo in divisa grigia cadde a terra con gli occhi aperti e un foro da cui fuoriusciva un fiotto di sangue scuro proprio sopra l'occhio destro. I soldati cominciarono a sparare, ma un forte vento si levò su di loro, alzando la terra e le foglie, dando il tempo ai due alleati di scappare nella boscaglia.
Missione compiuta.
Arrivarono al punto sicuro prestabilito in cui avrebbero dovuto attendere gli altri. Liv si buttò tra le sue braccia, ridendo. Era la sua prima missione ed era andata decisamente meglio del previsto. Lui la strinse e poggiò la fronte contro la sua, guardandola negli occhi.
"Sei grande." disse ridendo e stringendo le braccia intorno ai suoi fianchi.
"Grande abbastanza?" domandò lei.

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