Reagisci

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Si sedette sul divano con un bicchiere di vino tra le mani. Di nuovo, si guardò riflessa nello schermo spento del televisore davanti a sé. Ora poteva vedere un'assassina, una terrorista, una vecchia pazza con problemi di schizofrenia. Improvvisamente le sembrò di vedere il proprio viso e le proprie mani ricoperte di sangue. Sangue di innocenti che lei aveva appena ucciso. Scosse il viso e bevve velocemente il vino rosso che si era appena versata, finendolo.
Chiuse gli occhi per un istante, ma fu costretta a riaprirli non appena le rimbombarono nella testa le urla dei civili che precipitavano nella voragine. Uomini, donne, bambini, anziani. Nessuna distinzione. Buoni o cattivi non importava.
Si lasciò scappare un piccolo sospiro e sentì gli occhi riempirsi di lacrime. Prese veloce il cellulare che aveva buttato sul divano accanto a sé e fece scorrere veloce la rubrica.
Dottoressa Thompson
Esitò un istante, poi sfiorò con il polpastrello il simbolo della cornetta. Lo schermo si fece nero, poi la chiamata partì. Si mise il cellulare all'orecchio e si alzò per versarsi altro vino. Uno, due, tre, quattro squilli. Nessuna risposta. Sarà impegnata.
Riattaccò e tornò a sedersi davanti al televisore, accendendolo per non vedere più la sua stupida immagine riflessa. Evitò tutti i notiziari, scegliendo solo canali che trasmettessero qualche film o serie tv leggeri. Finì due bicchieri di vino solo durante la ricerca del film perfetto. Più vino le scendeva in gola e meno riusciva a sentire i sensi di colpa salirle in testa. Annoiata, optò per una commedia che sapeva a memoria, recitando alcune battute a memoria e bevendo altro vino.
La sua mente cominciò ad allontanarsi dal film. Cosa le stava succedendo. Non era il tipo che affondava i suoi problemi nel vino. Forse nelle pastiglie sì, ma non nel vino.
Si alzò dal divano e rimise la bottiglia nel frigorifero, notando, ma decidendo spontaneamente di ignorare, che vi erano rimaste solo due dita di liquido. Poi sciacquò il bicchiere e lo rimise nella credenza. Poggiò la schiena contro al bancone della cucina, cercando di decidere che cosa potesse fare per distrarsi e tornare alla sua vita. La sua vita normale.
Lanciò un'occhiata al proprio cellulare, sperando forse in un messaggio di Steve. Ma questo era del tutto silenzioso. Il gattino bianco sullo sfondo la stava guardando severo, mentre le ricordava che non aveva notifiche. Lo bloccò di nuovo e se lo mise nella tasca posteriore dei jeans.
Avrebbe voluto solo piangere a letto in quel momento, ma aveva imparato con la sua esperienza che non era sicuramente la scelta più adatta. L'avrebbe solo fatta sentire peggio.
- Reagisci. - si ripeteva.

Prese un po' di frutta e del latte di mandorla, buttando tutto in un frullatore e versando poi il contenuto denso e rosato in un bicchiere. Il vino le aveva fatto venire fame.
Uscì in veranda e si sedette sul dondolo di legno, prendendo un libro che aveva dimenticato lì forse più di un mese fa. Le pagine si stavano raggrinzendo a causa dell'umidità. Sfogliò le pagine lentamente, saltando alcune frasi e interrompendosi di tanto in tanto per bere il suo frullato. Odiava quel libro. Odiava quei due personaggi di cui nemmeno ricordava i nomi che si erano innamorati e sposati. Anche lei lo aveva sognato, un matrimonio.
Chiuse il libro e lo rimise sul legno freddo che le stava accanto. Aveva sognato il matrimonio perfetto così tante volte. Il vestito bianco, i fiori tra i capelli, la navata con le persone a cui voleva bene... ora non avrebbe più potuto farlo. Non aveva persona a cui voleva bene. Erano morte.
Si portò le ginocchia al petto e nascose il viso tra di esse.

Bucky le aveva promesso che l'avrebbe sposata, finita la guerra. Era una strana sera di agosto, il caldo torrido non aiutava a prendere sonno. I due ragazzi erano abbracciati sotto ad un salice guardando il cielo che romanticamente stava imbrunendo.
"Sai Liv? - cominciò lui, la sua mano le accarezzava la spalla - Quando finirà tutto questo, quando saremo finalmente liberi dalla guerra e da tutto questo combattere, andrò da tuo padre e gli chiederò la tua mano."
Era ubriaco. Avevano bevuto quasi una bottiglia intera di un vino di pessima qualità che ora giaceva semivuota accanto a loro. Lei rise.
"Sarebbe bellissimo, James. E dopo il matrimonio, vorrei due bambini. Anzi, tre." ridacchiò mentre la sua testa era appoggiata alla spalla di lui, pesante. Risero entrambi.
In fondo, anche se erano ubriachi, entrambi stavano dicendo la verità. Avrebbero veramente voluto passare il resto della loro vita insieme.
Purtroppo, una missione 'troppo pericolosa per lei' vide scomparire James. Glielo aveva detto Steve, tornato a casa. Lei pianse per giorni interi chiusa nella sua stanza, fino a che non decise di allontanarsi dal gruppo. Non poteva sopportare che l'amore della sua vita fosse morto. Aveva il cuore a pezzi.

Sbadigliò, portandosi una mano davanti alle labbra. Il sole stava iniziando ad abbassarsi e questo voleva dire che, finalmente, poteva andare a dormire e smettere di pensare a quello che era successo.
"Buonasera, Olivia!" disse la signora Moore dall'altro lato della staccionata. Da quanto tempo la stava osservando? La ragazza si alzò e le si avvicinò, rimanendo abbastanza distante perche questa non sentisse l'odore di vino.
"Buonasera signora Moore, come sta?" le domandò. In fondo non le sarebbe dispiaciuto invitare i Moore al suo matrimonio.
La donna le sorrise e le porse una piccola teglia ancora calda.
"Sono lasagne, le ho appena fatte. Spero ti piacciano, ho visto che sei tornata oggi e ho immaginato tu non abbia avuto molto tempo per cucinare." le disse.
Si limitò a ringraziarla, cercando di distogliere l'attenzione da quel viaggio al lago che in realtà non aveva mai fatto. Strinse la teglia tra le mani, riuscendo a percepire un profumo alzarsi da essa.
"Dovresti mangiarle ancora calde, ormai è ora di cena." le consigliò la donna, allontanandosi dalla staccionata a congedandosi.
Olivia tornò in casa. Strano che non avesse fatto domande. Scosse il viso e si sedette al tavolo, mettendo una piccola porzione dentro al piatto e cominciando a mangiarle piano. Il suo sguardo era fisso sulla sedia vuota davanti a sé, assente. Sarebbe stato carino se lì ci fosse stato seduto qualcuno, con lei. Basta. Tutto questo pensare le avrebbe causato solo altre stupide visioni ed un gran mal di testa.

Appena finito di mangiare, sparecchiò di fretta e salì in camera. Si spogliò e si mise a letto. Era strano quel letto, non era morbido come se lo ricordava. Non era morbido come quello di Steve.
Ma era a casa. Finalmente.
Chiuse gli occhi e ancora le urla della gente le rimbombavano nella testa. Basta. Provò a coprirsi le orecchie con il cuscino, ma questo non servì a farle sparire.
Scese in sala, diretta verso la propria borsa. Frugò dentro.
"Dove sono..." si domandò mentre la svuotò sul divano. Non c'era. Il suo flacone arancio non c'era. Prese allora lo zaino, svuotando anche quello. Nulla.
"Fanculo." sbottò, per poi dirigersi veloce verso la camera e sbattere la porta con forza. Era arrabbiata, ora. Voleva dormire ma le stupide urla di quelle stupide persone la tenevano sveglia.
Scosse il viso e se lo coprì con le mani.
Quelle persone stavano morendo. Non erano stupide. Lei lo era. Ma cavolo, quanto le davano noia quelle stupide urla.
Si rimise a letto, la schiena affondata nel materasso e gli occhi fissi sul soffitto, spalancati. Aveva bisogno di dormire.
Ripensò al giorno prima, a quanto fosse stato severo Tony, a quanto il viso di Steve le sembrava deluso. Era sicuramente deluso da lei. Non l'avrebbe mai perdonata.
Sospirò.
E Bucky... non lo aveva salutato. Non lo aveva nemmeno guardato quando se ne andò. Eppure lui era lì davanti a lei. Un po' James, un po' Bucky, un po' l'assassino che aveva cercato di ucciderla.
Adesso anche lei era un'assassina, una terrorista. Chissà che cosa stavano dicendo di lei, al telegiornale.
"Assassina crea panico a New York" oppure "Terrorista sconosciuta vicino a Central Park fa strage innocenti". I giornalisti erano bravi a travisare le situazioni aggiungendo parole non necessarie. Ma facevano audience.
Poteva quasi sentire Steve prenderla in giro e dirle "Hai imparato bene da Bucky", come quella volta in cui aveva scagliato un coltello contro ad una ragazza che le lanciava pezzetti di pane dalla parte opposta del tavolo. Rise al pensiero. Si erano allontanati e si aspettava una ramanzina infinita, invece le confidò che stava solo aspettando che lei lo facesse.
In fondo stava bene, nei Giovani Alleati.
Riprovò a chiudere gli occhi. Nero. Finalmente. Espirò lentamente per provare a rilassarsi. I muscoli sembravano sciogliersi.
Finalmente riuscì ad addormentarsi, anche se un po' le mancava il letto degli ospiti di Steve.

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