Innocente

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1943

Bucky le aveva dato appuntamento dietro alle cucine, quella sera. Avevano promesso l'un l'altra che avrebbero mantenuto il segreto con chiunque, nemmeno Steve avrebbe dovuto saperlo.
Si infilò gli stivaletti e una giacca pesante con un grosso cappuccio, uscendo in silenzio dal dormitorio.
"Dove vai, novellina?" domandò una voce alle sue spalle. Si immobilizzò e si voltò.
"Io... Io ho bisogno di prendere un po' di aria." rispose veloce, stringendosi nella giacca.
Le tre ragazze fecero qualche passo verso di lei, facendola indietreggiare.
"Qualcuno ci sta raccontando delle bugie." continuò un'altra, facendosi scrocchiare le nocche.
Non avevano preso molto bene il suo arrivo e soprattutto non riuscivano ad accettare il fatto che Steve e Bucky la preferissero a loro tre. Erano delle belle ragazze sui 23 anni, alte, magre, forme nei punti giusti. Se la cavavano bene quando si trattava di pistole e stavano migliorando nella lotta a corpo libero. Lei era solo una mocciosa, in confronto.
Fecero altri passi verso di lei, che indietreggiò ancora fino a poggiare la schiena contro al muro. Grande.
"O forse stai scappando? Hai paura di rimanere qui?" ridacchiò la terza. Scosse il viso. In realtà un po' di paura l'aveva.
"Abbiamo saputo di quello che è successo nell'ultima missione."
Trattenne un istante il respiro. Bucky sarebbe finito nei guai per colpa sua. Come lo avevano saputo, poi?
Strinse le mani in due pugni stretti, mentre loro fecero altri passi verso di lei.
"Che cosa..?" domandò la ragazzina.
"Che ti sei messa a frignare quando sono arrivati i nemici e James ha dovuto fare tutto da solo."
Alzò un sopracciglio.
"Non è vero. E non chiamarlo James." sbottò. Avrebbero dovuto chiamarlo Sergente Barnes, loro.
"E come dovrei chiamarlo, mh? Bucky?" ridacchiò con fare di sfida. Solo Steve lo chiamava Bucky. E lei, quando erano soli.
Erano ormai a meno di un metro. Una di loro stava stringendo tra le mani un'asta di ferro arrugginita che avevano scartato dagli attrezzi di allenamento quella stessa mattina.
Questa alzò le braccia brandendo l'asta sopra la propria testa. Olivia chiuse gli occhi e si coprì la testa come meglio poteva.

"Hey!" gridò una voce. Il colpo venne trattenuto.
Riaprì gli occhi solo quando sentì il rumore metallico della barra tintinnare sul pavimento. Si voltò verso la porta. Bucky era fermo appoggiato allo stipite, la camicia della divisa aperta sull'ultimo bottone e le mani affondate nelle tasche. Le tre ragazze erano ferme davanti a lei, con finta aria innocente.
"Bucky!" sussurrò la ragazzina lasciandosi scappare un piccolo sorriso. Lui la guardò distrattamente, nascondendo un sorriso di sollievo. Era intervenuto in tempo.
"Credo sia ora di andare a dormire. E questa volta non vi farò rapporto sul fascicolo, ma se dovesse succedere di nuovo, sarete nei guai, signorine." disse lui con aria seria. Era sexy quando lo faceva, pensò Olivia. E a quanto pare lo pensavano anche le altre ragazze che si misero a ridacchiare ammiccando, tornando nella propria stanza.
"Patetiche." disse la ragazzina a mezza voce guardandole allontanarsi. Una figura le si parò davanti coprendo la luce che proveniva da una lampada accesa nel corridoio.
"Stai bene? – domandò Bucky mettendosi davanti a lei, portando l'indice sotto al mento della ragazza ed alzandole il viso. Lei sorrise e annuì piano. – La volta prossima usali i poteri, non ci sarò sempre io a salvarti."
"Non ho bisogno di essere salvata da te." rispose con tono di sfida, alzando un sopracciglio. Lui la osservò e si abbassò appena, lasciandole un bacio sulle labbra.
"Meglio non rimanere qui." disse infine lui, prendendole la mano e uscendo veloci dall'edificio, assicurandosi che nessuno li vedesse.

Entrarono nella sala attrezzi, dove erano soliti passare le loro serate da quasi sei mesi. Nonostante stessero bene insieme, Bucky aveva costantemente paura di essere scoperto o di farla soffrire. Avevano quasi dieci anni di differenza e, spesso, potevano notarlo entrambi.
Si sedettero su alcuni sacchi da boxe e lui le circondò le spalle con un braccio.
"Com'è possibile che ti cacci sempre nei guai?" domandò lui ridendo, lasciandole un piccolo bacio tra i capelli mentre le accarezzava la spalla con le dita.
"Non ho fatto nulla, questa volta. Ma la volta prossima le faccio finire fuori dalla finestra. – rispose lei unendosi alla risata. Rimase in silenzio per alcuni istanti prima di riprendere a parlare – Ho sentito che hanno finito di allestire la Stark Expo, pensavo di andarci..."
Il ragazzo assottigliò le labbra e abbassò lo sguardo. Sapeva cosa gli stava chiedendo.
"Ho promesso a Steve che sarei andato con lui..." cercò di spiegare. Le sue parole uscivano incerte.
"Posso unirmi a voi? In fondo è Steve, ci conosciamo bene!" ridacchiò lei, prendendogli una mano e giocando distrattamente con le sue dita. Bucky rimase in silenzio alcuni istanti, poi sospirò appena.
"Non saremo solo noi due. – disse veloce, prendendole la mano ed accarezzandone il dorso – Ha invitato due ragazze..."
La ragazzina si alzò appena guardandolo confusa in viso. Stava davvero andando ad un appuntamento con un'altra ragazza? Era convinta ormai fosse diventata una cosa seria, tra di loro.
"E tu hai accettato?" domandò ironica, togliendo le mani dalle sue che la tenevano stretta.
Bucky abbassò lo sguardo e si morse il labbro inferiore nervoso. Sapeva che stava sbagliando, ma non avrebbe in alcun modo toccato quella ragazza, era solo uno stupido appuntamento con due delle infermiere, una serata libera. Olivia non sembrava pensarla allo stesso modo. Si alzò senza aspettare una sua risposta e si passò le mani sulle gambe ricoperte di polvere.
"Aspetta. – sussurrò piano Bucky, che si era alzato a sua volta, prendendole la mano e strattonandola verso di sé.
Lei poggiò le mani sul suo petto e lo guardò dal basso, ancora arrabbiata. – Troverò una soluzione. Ti porterò a quella stupida mostra, ma se Steve dovesse venire a sapere di noi, sono sicuro che ci dirà di allontanarci e dovremo farlo. Voglio che tu sappia che non è una situazione semplice, la nostra. Che dovremo tenere segreto tutto almeno finché non avrai compiuto diciotto anni." disse lui serio. Non poteva in alcun modo compromettere la sua carriera o il nome della ragazza. Lei annuì veloce e si appoggiò con il mento sullo sterno di lui, accennando un piccolo sorriso.
Lo stomaco della ragazza era completamente sottosopra alle sue parole. Mancava meno di un anno al suo diciottesimo compleanno.
Il ragazzo si abbassò appena, portando una mano dietro alla sua nuca, baciandola lentamente. Lei fece lo stesso, appoggiando piano una mano sulla sua guancia.

Dopo qualche ora i due uscirono dal ripostiglio, assicurandosi che nessuno li avesse visti e tornarono nelle proprie stanze. Steve era ancora sveglio e guardò Bucky con un mezzo sorriso quando entrò nella stanza con la cravatta allentata e i capelli in disordine.
"Appuntamento segreto?" domandò. Bucky rise ed annuì appena, andando verso il bagno per cambiarsi.
Steve si alzò dal letto poggiando il libro sul comodino, andando verso la porta del bagno ed appoggiandosi allo stipite con le braccia conserte.
"Mi vuoi dire con chi?" disse guardando il ragazzo dallo specchio posto sopra al lavandino. Questo si infilò una maglia bianca e uscì dal bagno, superando l'amico.
"No." disse in fretta, buttandosi sul letto con un ampio sorriso stampato sulle labbra, le mani incrociate sopra al ventre.
"Sembra una ragazza speciale." continuò Steve, il quale odiava non sapere le cose.
"Lo è, credimi." rispose distrattamente lui. La luce si spense.
Chiuse gli occhi e proprio davanti a lui comparve di nuovo la ragazzina. La sua pelle era bianca e calda, le sue gote arrossate e le sue labbra umide e morbide. Lo guardava dal basso con i suoi grandi occhi grigi, i quali nascondevano dietro ad uno sguardo innocente una scintilla un po' troppo matura.
Gli sembrava di sentire ancora la sua voce che poco prima aveva ripetuto il suo nome più volte, dapprima delicatamente, poi quasi a fatica tra i gemiti. Sentiva le sue mani piccole e fredde scivolare sulla sua pelle e poteva sentire sotto ai propri polpastrelli i suoi fianchi che aveva stretto con forza, mentre lei si muoveva piano. Si chiedeva dove avesse imparato a farlo e ogni volta la risposta era sempre la stessa. Era sveglia. Aveva imparato le cose che gli piacevano. Aveva questo strano potere per cui sapeva sembrare così innocente ma allo stesso tempo così provocante che lui non se lo sapeva spiegare. Eppure ci stava così bene.

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